Facebook, i cinque motivi per cui il mercato non ci crede
Economia

Facebook, i cinque motivi per cui il mercato non ci crede

Un modello di business poco chiaro, l’incapacità di monetizzare la pubblicità, i finti profili, una concorrenza sempre più spietata e un prezzo di partenza irrealistico. Così la società di Zuckerberg in Borsa vale la metà dalla quotazione

È inutile, su Facebook cade una tegola dietro l’altra. L’ultima coincide con la fine del lockup, ovvero l’obbligo che vincolava alcuni tra i soci più importanti a tenere le azioni per un certo periodo di tempo. E a leggere i dati arrivati da Wall Street, è chiaro che, caduto il vincolo, in molti hanno approfittato della scadenza per liberarsi di quella che a conti fatti è stata una delusione. Già, perché i 38 dollari del prezzo iniziale sono ormai un ricordo sbiadito e il valore del titolo si è praticamente dimezzato. La causa sta nei problemi strutturali ed endemici che il social network continua ad avere. Problemi che creano sfiducia nel mercato e stanno trasformando quello che doveva essere un cammino trionfale in una brutale disfatta. Ecco in cinque punti cosa non sta funzionando.  

1. Un modello di business poco chiaro
Un conto è avere quasi un miliardo di utenti (955 milioni, per la precisione), un conto è dimostrare senza ombra di dubbio come si riesce a monetizzare da essi. Da anni ripetiamo che Facebook sa tutto di noi, ma forse non è riuscito a canalizzare in maniera coerente questo mare magnum di informazioni. Almeno non in maniera tale da zittire le critiche degli analisti. E anche tutti i servizi collaterali, con i giochi social in testa, non stanno dando i frutti sperati. Per non parlare dei ritardi nel completamento dell’acquisizione di Instagram, gli annunci fatti a mezza bocca e le marce indietro come quelle del Facebook Phone o i tentativi di recuperare denaro con altri giochi ancora, stavolta con soldi veri e altre attività che di social sembrano avere solo la facciata.

2. Le promesse mancate della pubblicità su dispositivi mobili
Circa 543 milioni di persone, oltre la metà degli utenti di Facebook, ogni giorno accedono al social network da un telefonino o da una tavoletta. Per lungo tempo a loro non è stato mostrato nemmeno un millimetro di pubblicità, nemmeno un bannerino piccolo piccolo. Una Caporetto per un servizio gratuito che deve monetizzare per forza per altre vie. E un campanello d’allarme bello grosso che lo stesso Zuckerberg ha cercato di schivare mentre presentava in pompa magna la quotazione. Ha promesso che se ne sarebbe occupato e ha mantenuto, visto che a giugno hanno fatto il loro debutto le storie sponsorizzate (i nostri amici vedono se clicchiamo o interagiamo con pagine degli inserzionisti), ma è davvero poca cosa rispetto al potenziale che una mole tale di utenti tale potrebbe esprimere. Facebook in verità dichiara numeri incoraggianti, parla di incassi da 500 mila dollari al giorno, ma a molti sembrano ancora briciole.

3. I finti profili
In un primo momento Zuckerberg aveva detto che erano circa il 5 o al massimo il 6 per cento del totale. Poi. pochi mesi più tardi, ha alzato il tiro all’8,7 per cento, quasi a far vedere che quel numero con la virgola fosse una garanzia di maggiore accuratezza e precisione. Fatto sta che il social network è invaso da bot, dai «fake», insomma da profili che non hanno dietro una persona reale. Alcuni analisti hanno parlato di quantità a doppia cifra, un inserzionista si è spinto a dire che l’80 per cento dei clic che aveva ricevuto erano spazzatura, comunque resta il fatto che il problema è enorme perché Facebook vende pubblicità in target. E dunque, in percentuale, il rischio di beccare dei falsi e di vanificare una parte grande o più piccola del proprio investimento c’è eccome. Una beffa per chi commercia certezze, per chi combatte l’indifferenziato e la maggiore casualità di inserzioni su mezzi tradizionali come giornali e tv o su internet stessa. E si sa che il mercato all’incertezza è allergico.

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4. La concorrenza degli altri social network
È vero, Facebook è un gigante, è il numero uno, non fa che crescere e, anche se scremato dai falsi, nessuno lo batte per numero di utenti. E però in molti cominciano a soffrire l’eccessivo caos del social network, imposizioni come la timeline, improvvise modifiche alla politiche della privacy e così via. E cercano alternative per rimpiazzare la creatura di Zuckerberg, magari rivolgendosi a siti a numero chiuso, privati, dedicati alla famiglia o meno invasivi. È solo questione di tempo perché Facebook si trovi tra i piedi un degno rivale, in grado di far vacillare il suo primato. Internet, in fondo, è abbastanza volubile e ciò che incredibilmente di moda un giorno (prendi Myspace) può diventare obsoleto. Certo, Facebook è ancora in fase ascendente, ma bisogna capire con le botte che sta prendendo in borsa quanto potrà resistere. Soprattutto non potrà sempre fagocitare performanti rivali come ha fatto con Instagram.

5. Una quotazione esagerata
La quotazione a Wall Street di Facebook non è affatto nata sotto una buona stella. Problemi tecnici hanno creato più di un mal di pancia ai grandi investitori, che in alcuni casi si sono trovati nel portafogli più azioni di quante ne avrebbero effettivamente volute. Ma sono bazzecole in confronto al problema strutturale che accompagna il social network fin dal suo esordio al Nasdaq: i 38 dolliari di debutto erano pari a 107 volte il valore degli utili. Troppo, per evitare che a ogni minimo scricchiolio nel castello si aprisse una grossa crepa.

Twitter: @marmorello

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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