Partiti (disperatamente) a caccia di prof no-euro
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Economia

Partiti (disperatamente) a caccia di prof no-euro

In vista delle elezioni di maggio, i politici cercano di intercettare l'aria anti Ue e puntano a candidare economisti contrari alla moneta unica. Ecco chi sono

È caccia aperta all’economista no-euro. Dopo anni di politiche europeiste, i partiti si sono accorti che nel Paese l’aria è cambiata, che lo scetticismo nei confronti della moneta unica sta diventando mainstream e, soprattutto, che non hanno candidati che possano interpretare lo Zeitgeist.

Così si sono messi a caccia di personalità spendibili alle prossime elezioni europee di maggio e che devono aver un paio di caratteristiche: sinceramente contro la moneta unica, professionalmente dotati e con uno standing internazionale. Uno studioso che risponde perfettamente a questo identikit è Claudio Borghi (@Borghi_Claudio), professore di mercati finanziari all’Università Cattolica. Negli anni scorsi Borghi ha rifiutato una poltrona sicura per il Consiglio regionale della Lombardia che gli aveva offerto il Carroccio e ha preferito continuare a collaborare con Matteo Salvini.

Alberto Bagnai (@albertoBagnai), invece, ha un curriculum diverso: scriveva su Il Manifesto prima che un furioso scontro con Rossana Rossanda mettesse fine alla collaborazione. E’ professore associato di politica economica all'Università Gabriele d'Annunzio di Chieti-Pescara e il suo ultimo libro è «Il tramonto dell’euro». Il suo blog goofynomics.blogspot.it  è il punto d’incontro obbligato per tutti gli euroscettici d’Italia e il fatto che sia anche uno dei blog più seguiti tra quelli di carattere economico, la dice lunga sul sentimento che serpeggia nel Paese e sulla frenesia con la quale i partiti stanno cercando di intercettare l’aria (nuova) che tira.

Poi c’è Emiliano Brancaccio, docente di Fondamenti di Economia politica e di Economia del lavoro all’Università del Sannio a Benevento, il cui nome venne fatto dagli onorevoli del M5S quando Bersani cercò di creare con loro un governo. Sposa tesi anti-austerity, critica le politiche economiche «liberiste» dell’Europa e pensa che «l’adesione a oltranza della sinistra all’euro costituisce oggi un mero riflesso narcisistico». Paradossalmente, ora, proprio da quella parte potrebbe arrivare l'offerta per un seggio al Parlamento europeo.

Euroscettico della prima ora è anche Antonio Maria Rinaldi (@Rinaldi_euro), corteggiato soprattutto dai partiti di centrodestra. Rinaldi è docente di corporate finance all’Università Gabriele d'Annunzio di Pescara ed è stato responsabile del servizio borsa della sede milanese della Consob. I titoli dei suoi ultimi due libri non lasciano spazio a interpretazioni: «Il fallimento dell’euro?» e «Europa kaputt».

Il centrosinistra potrebbe puntare anche su un altro nome, quello di Sergio Cesaratto. È professore ordinario a Siena dove insegna Politica economica ed Economia dello sviluppo e collabora al sito di informazione economica Sbilanciamoci.info sul quale ha scritto che «in assenza di un’azione forte la rottura dell’unione monetaria può essere questione di settimane».

Partiti di centrodestra si sono, invece, fatti avanti con Giuseppe Di Taranto, professore di storia economica alla Luiss di Roma: forse il più feroce critico delle politiche economiche che la Germania impone al resto dell'Unione.

Ma quelli italiani non sono gli unici partiti a darsi da fare; in tutta Europa gli economisti euroscettici sono corteggiati. Il bacino nel quale pescare si chiama European Solidarity Manifesto, una dichiarazione firmata da molti economisti europei, tutti d’accordo sul fatto che «l’Eurozona, nella forma attuale, è oggi  una seria minaccia al progetto di integrazione europea». Tra i sostenitori dell'appello ci sono nomi insospettabili come quello di Frits Bolkestein, commissario europeo per il mercato interno tra il 1999 e il 2004 e quello di Alfred Steinherr, docente a Bolzano e capo economista della Banca Europea degli Investimenti. Oltre, naturalmente, a Hans-Olaf Henkel, ex leader della Confindustria tedesca e fondatore del partito più euroscettico della Germania, «Alternative fuer Deutschland». 

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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