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Chris McGrath/Getty Images
Economia

Quanti soldi l'Europa continua a dare alla Turchia

Tra sussidi, aiuti e incentivi a bloccare la migrazione è da 20 anni che la Turchia incassa i miliardi dell'UE

Troppo pochi. Sei miliardi non bastano. La Turchia di Erdogan non ha mai fatto mistero di ritenere insufficiente l'ultima tranche di soldi pubblici versati dall'Unione europea a Ankara per tenere chiusi i propri confini ed evitare la riapertura della cosiddetta" rotta balcanica" ovvero il passaggio di decine di migliaia di migranti per lo più siriani, ma anche curdi, iracheni o libici che cercano di attraversare il confine tra Turchia e Grecia in quella sottile striscia di terra che unisce l'Europa al Medio Oriente. I sei miliardi versati dall'Unione sono solo gli ultimi di un'emorragia di denaro europeo pagato ai turchi sotto forma di aiuti umanitari e industriali più o meno mascherati.

Cos'è il programma Ipa

Si tratta del denaro previsto dal programma Ipa, acronimo di Instrumentum per Pre-Accession, ovvero il pacchetto di misure finanziate dalla Ue per favorire l'avvicinamento della Turchia ai requisiti economici richiesti per l'accesso turco all'UE. Tutto era cominciato nel 2002 con il Turkey Pre-Accession Instrument che tra il 2002 e il 2006 ha garantito alla Turchia fondi per 1,3 miliardi presto triplicati per raggiungere quota 4,8 tra il 2007 e il 2013 e 4,5 tra il 2014 e il 2020.I 3 miliardi del 2016. Nel 2016, in particolare, era stato stanziato un pacchetto da 3 miliardi di euro finalizzato al blocco dei flussi di profughi. A questo stanziamento ne era stato aggiunto in seguito un altro per aumentare l'efficacia del sistema governativo turco affinché rispondesse agli standard europei. Si tratta di contributi che l'Europa è tenuta a dare ai vari paesi del mondo con lo scopo di "rafforzare la democrazia" e la Turchia è nazione che si è accaparrata nel tempo la maggiore quantità di fondi europei. Tra il 2007 e il 2016 Ankara ha incassato qualcosa come 733 milioni di euro ed entro il 2020 ne incasserà altri 10,6 miliardi. Soldi che - utopicamente - sarebbero dovuti servire alla Turchia perché si avvicinasse agli ideali politici dell'UE. Il Kosovo - per lo stesso scopo - ha messo nel salvadanaio "solo" 641 milioni.



Cosa è successo dopo la svolta islamista di Erdogan

Il fiume in piena di denaro europeo (oltre 15 miliardi di euro dal 2002 a oggi) finito dritto nelle casse di Ankara non si è arrestato neppure dopo la svolta filo islamista di Erdogan, quando l'idea di vedere il paese mediorientale entro i confini europei si è allontanata con decisione. Ma non è solo la svolta verso l'Islam estremo che avrebbe dovuto impensierire l'Europa visto che ancora nel 2004 il Parlamento europeo aveva preso atto del fatto che solo lo 0,44% degli aiuti era stato verificato e ben 162 erano state le frodi scoperte dall'UE.
Non solo: nel 2009 la commissione Europea aveva ammesso che non vi erano meccanismi per verificare che i progetti proposti e selezionati fossero i migliori per l'utilizzo dei fondi.

La situazione attuale e la crisi di Idlib

In questa nebulosa di progetti, fondi, utopie e illusioni sono stati inghiottiti milioni di milioni europei per i quali adesso non c'è più nessuno cui chiedere il conto.Inoltre Erdogan sa benissimo di poter ricattare l'Europa in ogni momento (visto l'inconsistenza del trattato) minacciando di aprire i confini e permettere al fiume umano di profughi di raggiungere l'Europa attraverso la rotta balcanica minacciando la già precaria stabilità politico economica dell'EU. Ed è quello che il Presidente turco sta facendo in questo momento. Tutto è iniziato giovedì 27 febbraio quando Erdogan ha annunciato la riapertura dei confini con la Grecia. Un annuncio arrivato a poche ore dall'uccisione di 36 soldati turchi vicino a Idlib, l'unica zona della Siria ancora sotto il controllo dei ribelli, dove la Turchia sta cercando di fermare l'avanzata del regime siriano e del suo principale alleato, la Russia. Dato che la Turchia, pochi giorni prima dell'assalto, si era vista negare la richiesta d'aiuto avanzata nei confronti della Nato, la risposta di Ankara è stata la riapertura dei confini, sorta di ricatto sia verso la Nato sia soprattutto verso un'Europa debole in piena emergenza Coronavirus.

Quel che è accaduto è che migliaia di profughi si sono riversati verso il confine con la Grecia che, però, ha mantenuto serrate le frontiere e ha deciso di sospendere tutte le richieste d'asilo politico e umanitario chiedendo sostegno a Bruxelles. Dal canto suo l'Europa al momento sta a guardare e i vertici europei confermano che i confini con il vecchio continente rimarranno chiusi. Erdogan però pare non avere intenzione di mollare e il suo braccio di ferro è funzionale a far aprire i cordoni della borsa alle casse europee. Il prezzo che paga l'ItaliaDividendo il capitale tra stati membri l'Italia al momento sta regalando alla Turchia qualcosa come 224,9 milioni di euro solo per quanto riguarda il tema profughi nonostante al momento non vi sia ancora alcun documento pubblico che indichi con chiarezza quali siano i bisogni, le priorità, gli obiettivi e gli indicatori da prendere in considerazione per stabilire se il piano Ipa abbia funzionato o no.La polveriera turca, dunque, è pronta a scoppiare con la miccia ben accesa in mano a Erdogan che tiene per la coda l'Europa, strizza l'occhio all'America e si beffa di Assad e i suoi ricattando mezzo mondo a scapito dei 3,6 milioni di profughi che vorrebbero lasciare il paese e che sono solo capri espiatori di una guerra politico economico e territoriale che potrebbe avere degli esiti globali sugli equilibri planetari.

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Barbara Massaro