Eurofidi ora garantisce i prestiti dei privati
Economia

Eurofidi ora garantisce i prestiti dei privati

Dalle banche arrivano sempre meno soldi. Da gennaio Eurofidi garantirà i prestiti di privati. Per trovare nuovi capitali necessari per la crescita

Non si va molto lontano senza carburante. E per le imprese il carburante sono i soldi che permettono di fare investimenti, rinnovare i sistemi di produzione, i prodotti e il modo di venderli per resistere sui mercati. Possiamo continuare a organizzare e frequentare tutti i convegni che vogliamo; chiedere e sostenere tutti i provvedimenti di legge che servono ma l’innovazione non si fa con le parole. Ci vuole il capitale, umano e finanziario. Solo un dato: la Svizzera investe il 3% del pil in formazione, ricerca e innovazione. Ha già raggiunto l’obiettivo che si è data l’Unione Europea per il 2020 e infatti guida tutte le classifiche mondiali in materia. L’Italia è ancora sotto l’1% e dovrebbe raggiungere l’1,5% nel 2020. Forse. Perché tra tagli pubblici e ridimensionamenti privati l’ossigeno per correre è sempre meno.

I rubinetti della banche sono sempre più secchi. Non è una novità, il credit crunch. Ma è grave che, mentre aumentano i prestiti a vantaggio dello Stato, secondo un’elaborazione di Unimpresa su dati della Banca d’Italia, calano quelli per le famiglie e per le imprese. Oltre 30 miliardi che non ci sono più. A parte il paradosso di un sistema bancario che ha le risorse per finanziare il debito pubblico (l’acquisto di titoli di Stato è aumentato di oltre il 50%) e guadagnarci ovviamente, c’è un problema vero di capitalizzazione e di sviluppo del sistema economico nazionale.

Un’anemia finanziaria che, se spinta ancora a lungo, rischia di debilitarlo definitivamente. E a poco serve la giustificazione dei banchieri, che racconta di un calo della domande di credito e non della sua erogazione. Resta il fatto che le imprese sono a corto di ossigeno. E, si sa, che se la carenza dura a lungo rischia di essere compromesso il funzionamento di tutto l’organismo.

Eppure una soluzione ci sarebbe. Basterebbe modificare una piccola modifica legislativa, senza spendere un soldo pubblico, per dare una boccata d’ossigeno alle imprese, soprattutto a quelle medie e piccole che stanno soffrendo la rarefazione del credito bancario. Basterebbe aprire il capitale delle aziende alle famiglie e permettere ai consorzi di garanzia, i cosiddetti confidi, di garantire anche il credito di soggetti diversi dalle banche. «Se vogliamo assicurare un flusso costante di finanziamenti alle pmi è opportuno creare le condizioni per favorire un flusso diretto di mezzi finanziari dalle famiglie alle imprese», conferma Massimo Nobili, presidente di Eurogroup, a cui fa capo Eurofidi, il maggiore confidi italiano e uno dei primi 10 del mondo. Ha tra i suoi soci importanti banche (da Intesa SanPaolo a Unicredit) ma anche oltre 50 mila imprese in tutta Italia a cui ha garantito quasi 7 miliardi di euro.

Ma adesso ha ben chiaro che è necessario aprire una nuova fase, in cui sia possibile quella iniezione di risparmio familiare che non è mai arrivata attraverso la Borsa (pochi ci hanno creduto) e che adesso potrebbe invece realizzarsi con nuove linee di intervento. Eurofidi le ha già individuate (apporto di capitale, concessione di finanziamenti subordinati alla sottoscrizione di obbligazioni, finanziamenti a medio termine, cambiali finanziarie a 18 mesi) e da gennaio comincerà a seguirle in forma sperimentale. «Solo il 10% della nostra attività può essere extrabancaria», spiega il direttore generale Andrea Giotti. «Significa circa 300 milioni di garanzie. Ma dobbiamo già cominciare a pensare a una modifica delle regole, della legge costituiva dei confidi, che hanno il vantaggio di una grande capillarità territoriale e possono gestire in trasparenza gli interessi delle “famiglie”, inteso in senso lato, che gravitano attorno alle piccole e medie imprese». Si può fare con poco. Questo non è garanzia che sarà fatto.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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