E se... l’Italia uscisse dall’euro sarebbe una catastrofe?
Economia

E se... l’Italia uscisse dall’euro sarebbe una catastrofe?

Vivere senza moneta europea: incoscienza o fantascienza? Nessuna delle due, anche in Italia si inizia a pensare a un piano B che, dopo uno shock fortissimo, ponga le basi per ripartire. È l’idea a cui lavora Antonio Maria Rinaldi, docente di economia internazionale, allievo e discepolo di Paolo Savona

Tutto nasce da un calcolo semplice semplice: il marco oggi vale 1.428 lire, mentre al momento di fissare la parità con l’euro era a quota 989. Un calcolo che Antonio Maria Rinaldi, docente di economia internazionale alla Link Campus University di Roma e allievo di Paolo Savona, effettua sulla base dell’ormai celeberrimo spread tra Bund e Btp a 10 anni. «Sono assolutamente a favore dell’euro, come del resto il professor Savona, vorrei che questo fosse chiaro» dice Rinaldi «però non è questo l’euro che vogliamo, è un organismo geneticamente modificato, e se dobbiamo andare avanti così è meglio pensare seriamente a un piano B, che avrebbe un impatto molto pesante ma almeno costituirebbe una base da cui ripartire. Fermo restando che saremmo ben felici di sapere che esiste anche un piano A».

Un piano B dunque che parte da una svalutazione della nuova lira del 40 per cento e più, facendo la felicità delle aziende esportatrici e con la ripresa della crescita dell’economia nel suo complesso. Allora tutto bene e tutto facile? No, perché ci ritroveremmo anche con un’inflazione a due cifre, continua Rinaldi, con la quale possiamo anche convivere; ma soprattutto avremmo una parte di debito pubblico denominata in valuta estera, quindi più costosa del 40 per cento.

Un fardello insostenibile. Dovremmo ristrutturare? «Una decisione sul debito va presa comunque, ma almeno possiamo deciderla noi italiani. Non come ora, in una situazione in cui i tedeschi per dare il via libera agli eurobond ci chiederanno in garanzia asset pubblici e magari anche l’oro della Banca d’Italia». A quel punto per intaccare il gigantesco stock del debito non resterebbero più attività patrimoniali interessanti da dismettere. E la trappola tedesca scatterebbe in modo perfetto.

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Martino Cavalli