Draghi prepara il terreno per il suo bazooka del 2015
Economia

Draghi prepara il terreno per il suo bazooka del 2015

Nessun cambio di rotta. La Bce sta studiando se e come lanciare la sua versione del Quantitative easing americano. Con buona pace della Bundesbank

Nonostante le aspettative dei mercati finanziari, decisamente positive, la Banca centrale europea (Bce) non ha ancora lanciato la sua versione del Quantitative easing (Qe). Per ora, nessuna inversione di rotta rispetto: tassi d’interessi prossimi allo zero, operazioni di rifinanziamento a lungo termine e acquisto di titoli corporate. Tuttavia, ancora una volta, la Bce si è detta pronta a fare di più. E l’orizzonte temporale da guardare è quello di metà 2015, quando cioè ci saranno abbastanza dati per capire l’impatto del Qe sull’eurozona. 

Per il Qe non serve un voto unanime

Il clima in cui agisce la Bce 
Quello del presidente della Bce, Mario Draghi, è stato un discorso diverso dal solito. Lui, cravatta scura e occhi stanchi, ha accolto i giornalisti nella nuova sede della banca centrale, sempre a Francoforte. Fin dalle prime battute è sembrato palese che no, il Qe non sarebbe stato lanciato in questa occasione.

E così è stato. Del resto, le misure finora introdotte devono ancora entrare a regime. Prima, meglio attendere i risultati delle Targeted longer-term refinancing operation (Tltro) e degli acquisti di covered bond, Asset-backed security (Abs) e Residential mortgage-backed security (Rmbs). Tuttavia, Draghi ha ricordato che la vigilanza sarà serrata. “Non tollereremo prolungate deviazioni dalla stabilità dei prezzi, che potrebbero a loro volta alimentare aspettative di inflazione”, ha detto Draghi. Se nel 2015 ci sarà un altro deterioramento della congiuntura, allora ci sarà il via libera a nuove misure non convenzionali di politica monetaria. 

Abbiamo considerato di comprare qualunque classe di asset, tranne l'oro

Qe si o no?
Il Qe sui bond governativi, quindi, è rimandato. Per sempre? Non si sa. Secondo Credit Suisse doveva esser lanciato in questo meeting. Secondo Patrice Gautry, capo economista di Union Bancaire Privée, sarà lanciato alla prossima riunione del Consiglio direttivo, prevista per il 22 gennaio. Sono due le certezze. La prima è che la Bce sta lavorando sul tema. Nello specifico, sta analizzando varie forme di Qe, comprendenti diverse classi di asset. “Tutte, tranne l’oro”, ha scherzato Draghi, facendo riferimento al recente deprezzamento del metallo giallo.

Oltre ai titoli corporate, quindi, l’Eurotower potrebbe iniziare a comprare titoli di Stato. Il tutto con l’ottica di permettere agli istituti di credito di liberarsi del peso dei bond governativi in portafoglio e incrementare la quantità del credito erogato al settore privato. Uno scopo cruciale per riagganciare la ripresa economica, data l’attuale rottura del meccanismo di trasmissione della politica monetaria della Bce. Ma anche un target difficile da raggiungere, data la debolezza della domanda di credito nell’area euro. Non è la liquidità che manca, è il suo afflusso all’economia reale che non è corretto. 

La crescita resterà debole, così come l'inflazione sarà bassa

Il potere di Draghi
La seconda certezza riguarda al potere di Draghi e della Bce. Come ha ricordato l’ex governatore della Banca d’Italia, la decisione è stata unanime, ma ci sono state divergenze (quanto profonde non è dato saperlo) sul fronte delle intenzioni ad agire nel futuro.

Nulla di cui preoccuparsi, ha lasciato intendere Draghi, dato che la discussione e le visioni dei singoli fanno parte del processo democratico di formazione delle decisioni della banca centrale. Tuttavia, il numero uno della Bce ha anche ricordato che per l’eventuale lancio del Qe non c’è bisogno di un voto unanime. Un concetto ripetuto più volte durante la conferenza stampa. Un messaggio diretto alla Bundesbank di Jens Weidmann, fortemente contraria a nuovi stimoli monetari.

Del resto, in settimana il banchiere centrale tedesco aveva ribadito che “non c’è un pericolo di recessione nell’area euro”. Quindi perché mettere a disposizione un’altra fonte di liquidità capace di generare ulteriore azzardo morale e ritardare l’adozione delle riforme strutturali promesse dagli Stati membri? Un ragionamento logico, ma che sta mettendo a dura prova l’economia reale. E sulla voce del singolo prevale quella della Bce, che resta indipendente. 

Non tollereremo prolungate deviazioni dalla stabilità dei prezzi

Il bazooka? Forse nel 2015
Quali saranno quindi gli eventi che potrebbe costringere Draghi a utilizzare la sua ultima, e importante, arma a disposizione? In primis, il mancato rispetto del suo target, ovvero mantenere un tasso d’inflazione prossimo al 2 per cento. Se ci fosse una nuova contrazione dei prezzi nel comparto energetico, l’area euro rischierebbe di trovarsi nel peggiore scenario possibile: stagnazione e deflazione. In quel caso, Draghi non avrebbe molte possibilità, oltre al Qe.

Secondo, in caso di persistente rottura del meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Vale a dire, se Tltro e acquisti di titoli corporate non avranno benefici sui canali di accesso al credito bancario. Per avere una risposta precisa, bisognerà attendere alla fine del primo trimestre 2015. Solo in quel momento si capirà se la Bce è pronta a sfoderare il bazooka o no. 

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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