Disoccupazione: 15 mesi per trovare un posto. Il calvario dei lavoratori italiani.
Economia

Disoccupazione: 15 mesi per trovare un posto. Il calvario dei lavoratori italiani.

Per avere un nuovo impiego, i nostri connazionali aspettano il doppio dei tedeschi e dei britannici. Ecco perché

Quasi quindici mesi a testa. E' l'intervallo di tempo che i disoccupati italiani devono attendere per trovare un nuovo posto di lavoro, il doppio rispetto ai tedeschi, ai polacchi e ai britannici (che aspettano 8 mesi circa) e molto più degli altri cittadini europei (la media continentale è infatti attorno ai 11 mesi).

I DATI SULLA DISOCCUPAZIONE IN ITALIA

A dirlo sono le statistiche elaborate dall'agenzia del lavoro GiGroup , in collaborazione con la società di ricerca e consulenza Od&m Consulting, che hanno messo a confronto i dati relativi a 6 diversi paesi del Vecchio Continente. Soltanto la Spagna fa peggio di noi, con un tempo medio di attesa di 16 mesi. Gi Group elabora periodicamente anche un indice (l'Employee Labour Trust Index) che misura il grado fiducia della popolazione riguardo alle prospettive del mercato del lavoro, rispetto a 3 aree di indagine: l'organizzazione aziendale in cui il lavoratore opera, le istituzioni nazionali e la facilità trovare un nuovo impiego. Su quest'ultimo fronte, l'Italia si piazza agli ultimi posti in Europa (poco sopra la Spagna), con un punteggio di 27,7 contro i 32,8 punti della media europea, i 34,6 della Gran Bretagna e i 45,3 della Germania.

LE RICETTE CONTRO LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE ALL'ESTERO

Trovare una nuova occupazione in Italia è dunque difficile e non bisogna essere certo  degli esperti di diritto o di economia del lavoro per capire il perché di questo fenomeno: a Sud delle Alpi, gli uffici di collocamento pubblici, che dovrebbero dare una mano ai chi è a caccia di un impiego, funzionano male. Secondo i dati di Eurostat, aggiornati a qualche anno fa, soltanto il 3,7% delle nuove assunzioni italiane passano attraverso gli uffici di collocamento, contro il 7,7% della Gran Bretagna e il 13% della Germania. E allora, visto che nel nostro paese i servizi per l'impiego non ottengono i risultati attesi, sarebbe bene importare in Italia il modello adottato in altre nazioni europee, a cominciare da quelle che hanno ottenuto le performance migliori nella lotta alla disoccupazione, come appunto la Repubblica Federale Tedesca e il Regno Unito.

IL MODELLO TEDESCO.

In Germania, le attività di collocamento dei disoccupati vengono svolte da una molteplicità di soggetti, anche da agenzie del lavoro private e da diversi organismi che operano su scala locale, nei singoli Land o nelle municipalità, oltre che a livello federale. La vera forza del modello tedesco, però, sta tutta nel grande dispiegamento di forze che il governo di Berlino mette in campo per la lotta alla disoccupazione. Per le politiche del lavoro (come ha evidenziato tempo fa Luigi Olivieri, collaboratore del sito laVoce.info), in Germania si spende ogni anno circa il 3% del Pil (contro l'1,3% dell'Italia), mentre gli uffici di collocamento hanno quasi 75mila dipendenti (contro i 10mila circa del nostro paese). Ogni impiegato tedesco di questi uffici "gestisce" dunque una media 50 disoccupati, quasi un terzo rispetto a quelli seguiti da un dipendente delle strutture di collocamento italiane. Contro la disoccupazione, insomma, la Germania ha costruito una vera e propria  macchina da guerra, quasi impensabile a sud delle Alpi.

IL MODELLO BRITANNICO.

Anche nel Regno Unito gli uffici di collocamento possono contare su una dotazione di risorse notevole, con oltre 65mila dipendenti e più di mille uffici sul territorio (contro i 500 circa dell'Italia). La Gran Bretagna, però, si caratterizza soprattutto per un modello privatistico della lotta alla disoccupazione, analizzato nel dettaglio da un alto collaboratore de laVoce.info: Francesco Giublieo, ricercatore dell'Università di Milano Bicocca. Oltremanica, i servizi per il reimpiego vengono affidati all'esterno (con una gara d'appalto) a delle agenzie private, che si occupano del reinserimento sul mercato del lavoro di chi ha perso il posto. Ogni agenzia è incentivata a ottenere i migliori risultati possibili, poiché riceve dallo stato dei bonus proporzionali al numero di lavoratori che è riuscita a piazzare in qualche azienda. Pubblico e privato, insomma, a Londra e dintorni collaborano per ragiungere uno scopo comune: abbattere la disoccupazione e ridurre i tempi necessari al lavoratore per trovare un nuovo impiego.

TUTTO SULL'ULTIMA RIFORMA DEL LAVORO

I più letti

avatar-icon

Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

Read More