Differenze economiche
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Economia

Così la discriminazione mette a rischio 2.7 miliardi di donne sul lavoro

Secondo la Banca Mondiale la disuguaglianza di genere impatta in modo negativo sulla crescita globale

Le barriere legali che limitano l'accesso delle donne al mondo del lavoro e restringono la possibilità di lanciare un'impresa non impattano solamente sull’equità di generema hanno effetti negativi anche sulla crescita globale. Lo certifica la quinta edizione dello studio  “Women, business and the law 2018” (Donne, business e leggi 2018) firmato dalla Banca Mondiale e rilanciato dal Guardian che ha preso in considerazione le economie di 189 paesi.

Limiti alla libertà professionale

Nonostante l’introduzione di alcune riforme e una crescita della consapevolezza di genere, i  ricercatori hanno scoperto che le donne continuano a dover fare i conti con una serie di barriere che limitano l’accesso al lavoro, al credito e alla proprietà. In 104 economie, in particolare, le donne non possono lavorare di notte o in alcuni settori industriali, nelle costruzioni, nell’energia e nell’agricoltura e questo condiziona le scelte di 2,7 miliardi di donne e le loro possibilità di guadagno. Nei paesi Ocse, la perdita di reddito dovuta alle disparità di genere si attesta sul 15%, di cui il 40% legato a diverse opportunità nell’imprenditorialità.

L’importanza della protezione

La mancanza di leggi che offrono protezione dalla violenza domestica e dalle molestie sul posto di lavoro mettono le donne in una condizione di svantaggio. Nei paesi in cui esistono leggi che le tutelano dalle molestie e dagli abusi, infatti, le donne hanno più possibilità di diventare imprenditrici, ma 45 dei 189 Paesi considerati (fra cui Russia, Birmania e Afghanistan), non hanno leggi contro la violenza domestica e 59 non hanno leggi contro le molestie sul posto di lavoro.

Metodologia e risultati 

La ricerca ha analizzato sette settori: l’accesso alle istituzioni, la proprietà privata, la possibilità di ottenere un lavoro, gli incentivi per il lavoro, l’accesso al credito e la protezione contro le violenze. Per ogni categoria, ogni paese ha ottenuto un punteggio compreso fra zero e cento. Nessun paese ha totalizzato il massimo, ma Regno Unito, Nuova Zelanda e Spagna hanno registrato i risultati migliori. Complessivamente, 21 economie - la maggior parte nei paesi dell’Africa Sub-sahariana, del Medio Oriente e del Nord Africa - hanno ricevuto un punteggio di zero per la capacità di proteggere le donne. Solo 76, inoltre, hanno leggi che sanciscono la parità nelle remunerazioni per lo stesso tipo di lavoro, mentre 37 paesi non proteggono le donne dal licenziamento in caso di gravidanza.

La situazione dell'Italia

Nel nostro paese, le donne rappresentano il 42% della forza lavoro e le leggi assicurano parità nell’accesso alle istituzioni e al lavoro, nell’uso della proprietà e negli incentivi al lavoro. L'Italia, quindi, ottiene un punteggio di cento in queste quattro categorie, ma il dato si abbassa al 75 per quanto riguarda il sistema giudiziario (l’Italia non ha una commissione anti-discriminazione), al 60 per la protezione dalla violenza e al 20 per la costruzione di una storia creditizia (per esempio, la discriminazione basata sullo stato civile per l’accesso al credito non è proibita).  

Chi ha introdotto le riforme

Ma non ci sono solo cattive notizie: la Repubblica Democratica del Congo, l’Iraq, il Kenya, la Tanzania e la Zambia sono fra i 65 paesi che hanno promosso 87 riforme legali a favore delle donne negli ultimi due anni. In Congo, le donne sono considerate a livello di parità con gli uomini in tutti gli aspetti dell’imprenditorialità, mentre in Kenya ricevono protezione in caso di violenza domestica, sessuale, psicologica e per gli abusi economici da partner di partner o ex partner. I paesi del sud est asiatico, infine, sono quelli che hanno registrato la più alta percentuale di miglioramenti economici.

Per saperne di più:

- Le 10 aziende con più donne executives

- Differenze retributive, perché gli uomini guadagnano di più


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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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