Diario di un commercialista
Economia

Diario di un commercialista

Saverio Morlino ha 49 anni e lo studio a Cernusco sul Naviglio, paese dell'hinterland milanese pieno (una volta) di fabbrichette. Uccise dalla crisi e da un fisco che cambia di ora in ora. Con il quale gli tocca convivere

Saverio Morlino è l’anello mancante nella linea evolutiva fra libero professionista e burocrate. La congiunzione tra l’essere umano e una percentuale. Fa il commercialista, che «una volta era un bel mestiere», poi tutto d’un tratto sono arrivate le dichiarazioni fiscali «lunari» (Oscar Luigi Scalfaro), gli acconti delle tasse su redditi non ancora realizzati (Rino Formica) e le regole cambiate all’ultimo momento (Fabrizio Saccomanni), così il mestiere di commercialista si è trasformato in quello di equilibrista, sospeso tra un comunicato stampa del ministero e il vuoto normativo. Il consulente fiscale oggi è una specie di prete: solo lui può addentrarsi nel mistero delle scadenze, delle delibere, delle direttive ministeriali che, tributariamente parlando, sono dogmi. Quando esce dal suo studio l’F24 non è un documento fiscale ma una specie di ostia offerta in adorazione al popolo cliente che ha smesso di domandarsi come sia stato capace di produrlo. 

Morlino, 49 anni, ha lo studio a Cernusco sul Naviglio, cittadina dell’hinterland milanese, pieno (una volta) di fabbrichette e piccoli imprenditori. Tutti i giorni esce di casa e non sa che cosa lo aspetta in ufficio, se un posticipo delle tasse o un anticipo, un acconto aumentato oltre il 100 per cento (che è una contraddizione in termini) o una modifica alla legge sull’Iva. È un eroe dei tempi moderni perché, dopo essere sopravvissuto alle scartoffie del ministero dell’Economia, deve anche riuscire a farsi pagare dai suoi clienti. Ovviamente da quelli che non sono falliti. Si schermisce: «Guardi, mi spiace, non ho tempo...».

Solo due domande.

Non ho… vabbè, dica.

Lei ci ha capito qualcosa con ’sta storia delle tasse sulla casa?

Sì, prima si pagava l’Imposta municipale unica, adesso l’Imposta unica comunale. Quello che si dice un cambiamento strutturale.

Ma…

Guardi… non ho davvero tempo. Lo sa che giorno è oggi? È il 9 dicembre.

E domani è il 10.

Appunto.

Quindi?

Entro oggi i comuni comunicano l’aliquota Imu sulla seconda casa che va pagata il 16 dicembre. 

E qual è il problema?

Non ha capito: ogni comune comunica, entro oggi, la sua aliquota all’Anci, l’associazione dei comuni italiani; l’Anci lo comunica all’associazione delle software house ognuna delle quali rifà i programmi che poi noi scarichiamo e usiamo per fare i calcoli sulla base dei quali i nostri clienti vanno a pagare la tassa. Il tutto in una settimana.

E ce la farete?

Se siamo veloci e non ci sono intoppi, probabilmente ce la facciamo entro il 14, cioè sabato. Due giorni prima del pagamento. Non è normale.

Vuole cambiare mestiere?

La sa quella sulla tassa sui rifiuti? 

Cos’è, una barzelletta?

Quasi. Allora, quest’anno si paga a rate. Ogni comune ha le sue scadenze: a Milano, per esempio, si doveva pagare il 31 luglio e il 30 settembre, più il saldo entro il 16 dicembre. In alcuni comuni le rate sono addirittura quattro.

Si può pagare in un’unica soluzione...

No! Quest’anno, per la prima volta, non è consentito pagare in una volta sola, ma a rate, così tra la prima e le altre i comuni l’hanno potuta aumentare. E molti, ovviamente, non si sono lasciati sfuggire l’occasione.

Il 16 dicembre è una giornatona, fiscalmente parlando.

Sì. L’altra è il 27. Entro il 27 dicembre tutte le partite Iva devono pagare un acconto dell’88 per cento dell’Iva che avevano pagato per l’ultimo periodo del 2012, ma sembra che l’aliquota possa aumentare. Naturalmente se uno prevede di incassare meno può anche pagare meno dell’88 per cento, però se poi incassa di più arriva una botta di multa del 30 per cento. Quindi tra dicembre e gennaio è meglio lavorare pochissimo. Non è normale.

Questa storia degli acconti chi l’ha inventata?

Se non ricordo male fu nel 1991 un’idea di Rino Formica, che aveva bisogno di soldi per far quadrare i conti dello Stato e si inventò l’anticipo a dicembre del versamento Iva di gennaio. E la storia dell’acconto Iva è andata avanti fino a oggi perché una volta che viene deciso un acconto poi è impossibile tornare indietro. Per questo dico: un acconto è per sempre. Come un diamante.

Quindi anche gli acconti Ires e Irap.

Uno spettacolo. Il 30 novembre, era sabato, io me ne stavo a casa a guardare la partita. Quel sabato esce in Gazzetta ufficiale il provvedimento in base al quale il secondo acconto 2013 di Ires e Irap, che doveva essere pagato il lunedì successivo, veniva posticipato al 10 dicembre e, contemporaneamente, l’acconto saliva dal 100 per cento al 102,5 per cento. Fra domenica e lunedì avvertiamo i nostri clienti di non pagare, perché bisogna rifare i calcoli, ma alcuni avevano già pagato nei giorni precedenti, per portarsi avanti con le pratiche, mentre altri avevano dato ordine alla banca online di pagare il 2 e non sono riusciti a disdire l’ordine. In tutti e due i casi adesso gli tocca pagare la differenza tra 100 per cento e 102,5 per cento e fare un altro versamento. E il 10 dicembre è domani. Capisce perché non ho tempo di stare a parlare?

Ma…

Non basta. Se l’aliquota Ires è la stessa, il 27,5 per cento, ma l’acconto è aumentato, significa che lo Stato pensa che un’impresa abbia lavorato nel 2013 più di quanto abbia lavorato nel 2012. Ma dove vivono... Poi ci sono le banche, le assicurazioni e le finanziarie: per loro l’acconto Ires è salito al 130 per cento più un’addizionale dell’8,5 per cento. 

Non è normale.

Non lo è no! Anche perché io tutto questo lavoro per le aziende mie clienti lo sto facendo gratis: come la maggior parte dei miei colleghi mi faccio pagare a forfait e non posso certo mandargli una fattura perché devo rifare i calcoli. Non posso far pagare a loro i casini dello Stato. Dovrebbe pagarmi lo Stato.

Ci provi.

Infatti il problema non è lavorare, è farsi pagare: il 30 per cento dei miei clienti ha chiuso bottega e molti colleghi vivono nel terrore dell’errore. Con tutti questi cambiamenti legislativi sbagliare è un attimo. Solo che, diversamente dal passato, i clienti cominciano a denunciare i commercialisti. Prima si trovava un accordo, adesso vanno direttamente dall’avvocato.

Un mestiere duro, ma qualcuno dovrà pur farlo...

Faccio il commercialista da quando le dichiarazioni si compilavano a mano, con la biro. Erano di una semplicità assoluta e, soprattutto, non è che ogni settimana c’era una modifica. Oggi se dovessi fare le dichiarazioni a mano ne preparerei forse due l’anno.

La tecnologia…

La tecnologia è indispensabile, però se la normativa fiscale cambia di ora in ora non serve a niente. È come se si combattesse una sfida a scacchi tra la fantasia del legislatore e la precisione dei computer.

Esagerato...

Se avessi tempo, le racconterei degli studi di settore.

Dica, dica.

Il software cambia ogni anno e quindi ogni anno io so se sono congruo rispetto alle tasse solo quando arriva il software. E comunque con il fisco non si sta mai tranquilli.

Perché?

Perché noto che l’Equitalia è diventata più rigida, più formale. Per esempio ha iniziato a spedire avvisi e solleciti di pagamento praticamente a raffica.

Come mai?

Forse ha qualcosa a che fare con il fatto che si inizia a parlare di un taglio dell’aggio. Forse vogliono anticipare gli incassi prima che questo succeda. E adesso mi lasci lavorare.  n

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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