Deutsche Bank: tutti i problemi
Epa/Jean-Christophe Bott
Economia

Deutsche Bank: tutti i problemi

Presenta conti record per il quarto trimestre del 2014. Ma la redditività è bassa, rischia un miliardo in multe ed è costretta a dimagrire

Bisognerà cominciare a pensare alla Germania come a un Paese non così solido come sembra. Basta guardare i conti della sua più importante banca commerciale, la Deutsche Bank, che ha da poco presentato i conti relativi all’ultimo trimestre del 2014. L’utile netto è stato di 438 milioni di euro rispetto a una perdita di 289 milioni di euro attesa dagli analisti. Questa discrepanza tra le attese degli investitori e i risultati presentati dal colosso si spiega con il fatto che i due amministratori delegati, Anshu Jain e Juergen Fitschen, hanno deciso di non postare a riserva 1 miliardo di euro, come invece era dato per scontato, che doveva servire per far fronte alle possibili conseguenze di una serie abbastanza impressionante di cause legali che Deutsche Bank ha in piedi. Nonostante un risultato così positivo, la redditività del gigante tedesco è comunque molto bassa: attorno ad appena il 2,6% rispetto quella dei suoi più agguerriti concorrenti come J.P.Morgan & Chase (intorno al 10%) e Ubs (poco più del 7%). L’obiettivo per il 2015 è di arrivare ad una redditività di almeno il 12%.

La partita su Postbank

L’obiettivo che si sono posti Jain e Fitschen, che a metà del 2012 hanno raccolto la pesantissima eredità dello storico boss di Db, Josef Ackermann, è raggiungibile in un solo modo: ridurre il perimetro delle attività, concentrarsi su quelle più redditizie. E tra le attività che verranno messe in vendita (ma la banca smentisce) c’è una parte (o tutta) della partecipazione che Db possiede in Postbank, il braccio bancario delle Poste tedesche. Ackermann ha iniziato a comprare quella società fin dal 2008 e nel 2010 ha raggiunto il 60% spendendo complessivamente 6 miliardi di euro. Il disegno dell’ex boss era semplice: usare la liquidità contenuta nei conti postali per alimentare le attività davvero redditizie, cioè l’investment bank.

Ackermann voleva, insomma, usare i soldi dei risparmiatori per attività di rischio, cosa che gli è stata impedita dalla Bafin, l’autorità di controllo sulle attività finanziarie tedesca che ha vietato il “passaggio” di tutta la liquidità di Postbank verso la Db. Così Ackermann si è ritrovato con una diffusissima rete di sportelli sul territorio, ma poco redditizi e senza la possibilità di usare i depositi se non per altre attività retail. A questo punto è ovvio che quella di vendere sia tra le opzioni che la banca sta prendendo in cosiderazione. Così come è possibile che tra le opzioni considerate ci sia anche quella di ritirarsi da mercati regionali e tra questi potrebbero esserci mercati ai quali sono interessati sia il Santander che la Hsbc.

Le numerose "sviste"

I proventi delle vendite senza dubbio potranno aiutare la banca a fare fronte ai numerosi problemi con i regolatori. Nel 2013 la Federal Reserve di New York ha accusato i bilanci della banca di una "miriade di sviste". Nell’agosto del 2014 l’autorità di controllo dei mercati finanziari in Gran Bretagna ha multato la Db con 6,2 milioni di euro e sottoposto la banca ad un "controllo rafforzato" per "reporting failures", errori nei bilanci. Il 30 gennaio di quest’anno, l’autorità di controllo finanziario tedesca ha iniziato un’indagine sulla Db per verificare se ha violato le regole tedesche nel mostrare i guadagni ottenuti nell’ultimo trimestre del 2014.

Non solo: Db è anche sotto inchiesta da parte dell'autorità di controllo britannica e americana per manipolazione del tasso Libor; per questa accusa è già stata multata per un totale di 725 milioni di dollari dall’Antitrust europeo che l’ha accusata di aver manipolato anche il valore dello yen. In Usa è accusata di aver violato le sanzioni contro l’Iran e in ottobre è stata costretta a pagare una multa di 330 milioni di euro da una corte tedesca che ha accolto le lamentele di molti clienti che avevano acceso mutui con la banca ai quali è stata concessa, dalla corte, la facoltà di chiedere indietro i costi amministrativi della gestione.

I più letti

avatar-icon

Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

Read More