I debiti della pubblica amministrazione non sono debiti
Economia

I debiti della pubblica amministrazione non sono debiti

Il paradosso del decreto sui pagamenti alle imprese e tutta l'incoerenza dell'Europa

Salvando la buona volontà di Corrado Passera – senza la quale non avrebbe visto la luce – e del presidente Napolitano che stamattina lo ha firmato, il decreto approvato dal governo per il rimborso dei debiti della pubblica amministrazione è un doppio aborto. Lo è nel merito, perchè di fatto non garantisce il rimborso di tutto il debito e comunque spalma l'operazione su un lasso di tempo di almeno due anni, il che è surreale: nessun altro debitore italiano, neanche i cittadini verso il fisco, può permettersi il lusso di differire di 24 mesi l'esecuzione del proprio dovere di rimborso! E lo è nel metodo, perchè conferma il marasma in cui naviga la pubblica amministrazione, che non sa quanti debiti ha, né il governo dei cosiddetti professori – per questo più responsabili di qualunque politico, perchè avrebbero tutti gli strumenti per conoscere ciò di cui si occupano – ha saputo appurarlo.

In generale, la vicenda rivela un baratro politico sul fronte comunitario, e un precipizio tecnico-contabile sul fronte interno.

A Bruxelles, l'Italia altro non sa fare che piagnucolare chiedendo pietà ad un'Europa completamente impazzita, dove si sostiene imperterriti la lunare convenzione per la quale una parte dei debiti delle Pubbliche amministrazioni verso i privati non rientrano nel debito pubblico! Una bestialità cosmetica concessa da Bruxelles a tutti gli Stati membri ed avidamente accettata da questi. E Monti & C., anziché sfruttare la tragica posizione in cui si trova il governo italiano – un esecutivo dimissionario che ha sostanzialmente mancato tutti gli obiettivi di programma salvo il contenimento del deficit entro il 3% del Pil – e alzare a Bruxelles la voce della debolezza, inchiodando gli euroburocrati imperanti alla loro infinita ipocrisia e imponendo un'operazione-trasparenza che i mercati non potrebbero non apprezzare, ha proseguito sulla linea del bluff. Con i risultati inconsistenti che abbiamo dovuto vedere.

A Roma, il governo e la Ragioneria hanno dovuto prendere atto – ma non darlo agli elettori! – che  neanche il ministero dell'Economia sa con precisione a quanto ammontino i propri debiti, soprattutto quelli “mediati” dagli enti locali: chi spara 90 miliardi, chi sale a 150, chi ipotizza che siano 200. Da non credersi, eppure è ovvio: la finanza locale è totalmente fuori controllo, affidata com'è, anche in alcune grandi città, a modesti ragionieri di provincia che o non ci capiscono o, quand'anche conoscano il loro mestiere, non sono minimamente motivati dalla politica locale a svolgerlo come si deve...

Il tutto, con un tocco surreale in più: la stessa Commissione europea davanti alla quale oggi il ministro uscente dell'Economia Vittorio Grilli deve illustrare il decreto, è quella che ha emanato la recente direttiva che fissa inderogabilmente il limite dei trenta giorni (30!!!) per i pagamenti tra privati!

Sono tali incoerenze, tali incongruenze da scuotere come un tornado tutta la credibilità della costruzione europea. È chiaro da queste dinamiche che alla Commissione sta più a cuore una rappresentazione formalista del bilancio comunitario, che non una sostanzialista. E Monti, con Grilli, anziché mandare tutti i commissari europei dove Grillo (Beppe) li ha già mille volte mandati, dichiarando lo sforamento dei parametri del rapporto deficit/Pil e debito/Pil a fronte, però, di una rappresentazione veriteria dei conti pubblici, le ha provate, e accettate tutte per negare l'evidenza, in tal senso sospinti dalla Commissione, la stessa che accusò la Grecia a suo tempo per aver falsato il suo bilancio pubblico. E cos'altro è, se non falso, un bilancio pubblico che non tenga conto dei debiti della Pubblica amministrazione?

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Sergio Luciano