Il mistero dei debiti dello Stato verso le imprese
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Economia

Il mistero dei debiti dello Stato verso le imprese

Il sito che monitora l'avanzamento dei pagamenti non è aggiornato da gennaio. Dalle voci che circolano i pagamenti procedono, ma qualcosa non torna

Non è irrilevante: il sito del governo che aggiorna sullo stato di avanzamento del pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione non è aggiornato dal 30 gennaio. E questo nonostante la promessa del premier Matteo Renzi che sarebbe stato aggiornato ogni mese. Dal ministero dell’Economia circola voce che a breve saranno pubblicati gli ultimi dati disponibili ma intanto è utile verificare come stavano le cose al 30 gennaio.

Partiamo dai debiti. A fine 2012 la Banca d’Italia ha stimato che i debiti commerciali della Pubblica amministrazione ammontassero a circa 90 miliardi e che “poco più della metà dei debiti rilevati” erano “certi, liquidi ed esigibili”, un modo elegante per dire “scaduti”. In altre parole circa 45 miliardi di euro di fatture non erano state pagate dalle amministrazioni pubbliche entro i canonici 90 giorni data fattura a fronte di un tempo medio di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione che si aggirava sui 190 (!) giorni. Nel 2014 sempre la Banca d’Italia ha stimato che lo stock complessivo si fosse ridotto a fine 2013 a 75 miliardi grazie allo stanziamento, da parte del governo Letta, di 47,2 miliardi. Significa che lo stock del debito complessivo non è sceso dello stesso importo dei soldi stanziati e questo perché, mentre la Pa pagava i vecchi debiti, ne accumulava di nuovi. Purtroppo Banca d’Italia non ha stimato a quanto ammontassero i crediti “certi liquidi ed esigibili” a fine 2013 ma potrebbe farlo a fine maggio quando il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, leggerà la sua relazione annuale che comprenderà le nuove stime sia sullo stock di debiti sia sui tempi medi di pagamento delle fatture.

Nel corso del 2013, 2014 e 2015 i governi Letta e Renzi hanno, quindi, iniziato a pagare quei debiti “certi, liquidi ed esigibili” del 2012. La maggior parte dei fondi sono stati messi a disposizione nel 2013 dal governo di Enrico Letta (circa 47 miliardi); nel 2014 il governo Renzi ha messo a disposizione i 9,8 miliardi usati dalla Cassa Depositi e Prestiti per anticipare alle amministrazioni locali i soldi necessari al pagamento. Poi, con il decreto 66/2014, ha permesso alle imprese creditrici di compensare i debiti con i crediti. Complessivamente, a fine gennaio, erano stati messi a disposizione 56 miliardi, agli enti debitori sono stati versati 42,8 miliardi e alle imprese sono arrivati 36,5 miliardi. Se, come si dice al ministero, i nuovi dati segnaleranno che alle imprese sono arrivati un paio di miliardi in più tra la fine di gennaio e la fine di aprile, significa che dei circa 45 miliardi che dovevano avere alla fine del 2012, le imprese hanno incassato 38,5-39 miliardi. Significa, perciò, che mancano all’appello ancora 5,5-6 miliardi.

Il problema è nessuno è in grado di dire che fine abbia fatto l’altra metà dei debiti stimati nel 2012, ovvero gli altri 45 miliardi che a fine 2012 non erano ancora scaduti. Sono stati pagati o, nel frattempo, sono scaduti anche quelli a causa dei ritardi di pagamento delle amministrazioni puibbliche? E per quale ammontare sono scaduti? Alcuni segnali fanno supporre che i ritardi nel pagamento delle fatture siano si siano effettivamente ridotti, anche per via dei recepimento nella normativa italia della direttiva europea 2011/7/UE che impone di non far trascorrere più di 30 giorni dallo stacco della fattura al pagamento. Ma altri segnali autorizzano a pensare che molte amministrazioni pubbliche continuino a fare le furbe. A novembre 2014 le procure della Repubblica di Catanzaro e Palermo dovevano pagare ancora rispettivamente 88 e 86 imprese fornitrici e tra le aziende pubbliche più in ritardo nei pagamentio figurava l’Università di Catania. Ma per sapere quanti siano davvero i debiti dello Stato verso le imprese bisognerà aspettare sia l’aggiornaemnto dei dati da parte del ministero che la relazione di Visco, a fine mese. 

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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