Cuneo fiscale: cos'è e come fare per ridurlo
Economia

Cuneo fiscale: cos'è e come fare per ridurlo

Per abbattere il costro del lavoro saranno necessari almeno 8 miliardi. Ecco dove il governo può trovare le risorse necessarie. Le analisi di Giuliano Cazzola, Giuseppe Bortolussi (Cgia Mestre) e dell'Istituto Bruno Leoni

La sfida d’autunno per il governo Letta sarà quella più difficile: un nuovo pacchetto lavoro da mettere a punto entro ottobre e che potrebbe essere operativo a partire da gennaio 2014.

Del resto il rilancio dell’occupazione è una delle priorità per l’Italia che a maggio, secondo gli ultimi dati dell'Eurostat , ha registrato un tasso di disoccupazione ancora a due cifre (12,2% rispetto a una media del 12,1 dell’Eurozona).

E a preoccupare è soprattutto la situazione lavorativa dei più giovani: nella fascia under 25, nonostante il calo di oltre un punto in un mese, si contano quasi due disoccupati su cinque (38,5%), anche se nei prossimi mesi l'Italia potrà contare su 1,5 miliardi di fondi Ue da destinare al piano garanzia giovani per agevolare il loro ingresso nel mercato del lavoro.

Il problema, però, sono le risorse necessarie per dare il via libera al taglio del costo del lavoro che riguarda tutte le fasce di età e che potrebbe spingere le imprese ad assumere a tempo indeterminato. A riguardo, però, tra gli esperti in materia prevale lo scetticismo.

Per ridurre il cuneo fiscale, ossia la differenza fra ciò che il datore paga (compresi le imposte e i contributi versati al fisco e agli enti di previdenza) e quanto in realtà viene incassato dal lavoratore, servono difatti molte risorse.

Quante? Il governo sta cercando di mettere sul piatto 8 miliardi, anche se la cifra potrebbe essere inferiore e non è detto che alla fine sia sufficiente: il ministro dell’Economia del Lavoro Enrico Giovannini ha ricordato che per tagliare il costo del lavoro il governo Prodi mobilitò 5 miliardi di euro, ma "senza sortire gli effetti sperati".

La ricetta di Giuliano Cazzola
"Intanto bisognerebbe usare meglio quello che c’è già aumentando le quote di retribuzioni con tassazione agevolata, come quelle dei contratti legati alla produttività. E in questo caso la palla passa alle aziende e alle parti sociali che assieme dovrebbero spingere verso questa direzione", spiega a Panorama.itGiuliano Cazzola , esperto di welfare e tematiche del lavoro.

"Inoltre, un taglio lineare al cuneo fiscale rischierebbe di sperperare risorse pubbliche: farlo nella pubblica amministrazione, per esempio, non ha senso, mentre invece andrebbero detassate le retribuzioni nei settori più competitivi che trainano l’export".

Le conseguenze sul fronte occupazionale, poi, potrebbero essere minori rispetto a quelle sperate.

"Il cuneo fiscale raggiunge in Italia un livello tra i più alti nell’Eurozona per mantenere il welfare ai livelli passati. Abbattendolo si tolgono entrate allo Stato e non è detto che si riesca a spingere le imprese ad assumere. L'ostacolo, infatti, non è solo economico, ma anche normativo: se è impossibile licenziare, è difficile, quindi, anche assumere nuove risorse. Senza contare che un intervento sul fronte normativo è a costo zero, visto che si è deciso di spostare le risorse sul taglio dell'Imu e dell'Iva".

Le priorità secondo la Cgia di Mestre
Le priorità, però, secondo il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi , quest'anno sono altre e per intervenire sul costo del lavoro occorrerà attendere ancora un anno.

“Bisogna agire in momenti diversi. In primo luogo - spiega Bortolussi - bisogna evitare l’aumento dell’Iva, sterilizzare la Tares, togliere l’Imu sulla prima casa per le fasce sociali più deboli ed incentivare i consumi. Solo mettendo più soldi in tasca alle famiglie abbiamo la possibilità di rilanciare i consumi e conseguentemente la produzione industriale. Se non si farà ciò, non credo che le imprese saranno invogliate ad assumere se i consumatori non daranno nessun segnale di inversione di tendenza".

Ma come trovare le risorse, una volta che l'economia sarà ripartita? "Innanzitutto, va ricordato che grazie al Governo Monti - prosegue Bortolussi - le imprese pagano un’Irap più leggera. Infatti, il precedente esecutivo ha consentito di dedurre dal reddito di impresa l’Irap sul costo del lavoro ed inoltre ha aumentato , in presenza di lavoratori dipendenti giovani o donne, le deduzioni dalla base imponibile Irap. Ciò sgraverà le imprese di 1,6 miliardi per l’anno di imposta 2012, di 3,6 miliardi per l’anno di imposta 2013 e di altri 3 miliardi a partire dal 2014".

"Altresì, ricordo che il cuneo fiscale italiano è minore di quello tedesco, francese, austriaco e belga. Pertanto, credo che sia prioritario intervenire dapprima sull’Iva e sull’Imu e in un secondo momento anche sul cuneo fiscale. Grazie alla fuoriuscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, dal 2014 si dovrebbero liberare 10-12 miliardi di euro che ci consentiranno di intervenire anche sul cuneo”.

I dubbi dell'Istituto Bruno Leoni
Tuttavia anche se si trovassero le risorse necessarie, non è detto che il problema non si ripresenti in futuro.

"Il rischio è che gli effetti dell'interventi sul cuneo svaniscano dopo un anno o due", spiega Pietro Monsurrò, fellow dell'Istituto Bruno Leoni, think tank liberista.

"Per tagliare sul serio il costo del lavoro - prosegue - e quindi la pressione fiscale sulle imprese, occorre una riforma strutturale: in questo caso si potrebbe partire dal taglio dell'adeguamento all'inflazione delle pensioni e da un serio programma di riduzione della spesa pubblica, i cui effetti però si vedono solo dopo cinque - dieci anni. E in questo caso manca la volontà politica di realizzarle".

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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