Crescita e sviluppo: ecco i paesi che resistono alla crisi
Economia

Crescita e sviluppo: ecco i paesi che resistono alla crisi

Libia, Mongolia, Bhutan e Paraguay: il segreto del loro successo? Vendere alla Cina ciò che vuole

Basta una cartina geografica per rendersi conto che il cuore della crisi economica è l'Europa e, per la precisione, l'Europa centro-meridionale. I Paesi ancora in fase recessiva sono tutti nel Vecchio Continente, con l'eccezione del Sudan (sempre sull'orlo della guerra dopo la secessione) e della Guyana francese (la cui economia è legata a doppio filo a quella di Parigi).

Il dato non sorprende, così come non sorprende che l'unico Stato colorato in rosso - simbolo di una contrazione del Pil superiore al 2,5% - sia la Grecia. Le cronache delle difficoltà nel trovare il bandolo della matassa nell'Eurozona sono ormai note a tutti.

L'altro dato che emerge dalla cartina è che la ripresa stenta ad arrivare in tutto l'Occidente. Infatti, i Paesi a registrare tassi di crescita maggiori sono tutti asiatici e africani. Non ci sono le Americhe, uscite dalla crisi, ma con economie rallentate, e non c'è l'Oceania. Unica eccezione, il Paraguay, che sta godendo dei rimanenti benefici di un pacchetto di stimoli lanciato due anni fa e della ripresa del mercato internazionale della soia, di cui è un importante esportatore.

ECCO DOVE L'ECONOMIA CONTINUA A CRESCERE

I Paesi che stanno crescendo più rapidamente sono pressoché tutti di dimensioni medio-piccole. Apre la graduatoria la Libia, che sta mettendo a frutto il progressivo ritorno alla normalità dopo che il conflitto aveva praticamente paralizzato la vita economica. Seguono la Mongolia, il segreto del cui successo risiede nell'appetito cinese per le sue ricchissime risorse minerarie, e l'Iraq, anch'esso in fase di normalizzazione dopo una lunga fase di instabilità. Quarto il Bhutan, dove il rendimento dei numerosi impianti idroelettrici continua a migliorare: l'India ha bisogno di energia per le imprese nazionali e spesso si rivolge al piccolo vicino abbarbicato fra i monti dell'Himalaya per l'approvvigionamento. Al quinto posto c'è il Paraguay, di cui abbiamo già parlato.

In generale, sono parecchie le nazioni nella classifica che stanno riemergendo da fasi di grave instabilità politica o addirittura da un conflitto: oltre alla Libia e all'Iraq, ci sono anche Timor Est, Congo, Liberia, Sierra Leone, Ruanda e Costa d'Avorio. È una notizia positiva, perché, oltre a implicare benefici diretti per popolazioni che molto hanno sofferto, significa anche che gli investitori considerano in calo il rischio di fare impresa in quei Paesi e che le prospettive future possono considerarsi finalmente rosee.

L'altro dato generale è che più che di un aumento della produzione o della produttività, quasi tutti i Paesi in esame godono dei benefici delle esportazioni di materie prime verso la Cina (o, in misura minore, verso l'India), siano essi in Africa o in Asia centrale. Non è perciò difficile indovinare quale sia l'unico grande Paese presente. Pechino, oltre a trainare la crescita altrui, continua a registrare tassi di crescita elevati, anche se per alcuni l'aver raggiunto "solamente" l'8,2% potrebbe essere un segnale negativo.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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