Def: tre cose da sapere
Economia

Def: tre cose da sapere

Domani il governo presenta le sue previsioni economiche, la più importante delle quali riguarda l'andamento del Pil. Se lo si fissa ad un livello irrealistico si crea debito ma si risolve il problema delle tasse. Ecco come si più "giocherellare" con le stime

Tra i mille numeri che saranno contenuti del Def (la vecchia “Finanziaria”) che il governo presenterà domani, ce n’è uno più importante di tutti: quello che indica la previsione sull’andamento del Pil, il Prodotto Interno Lordo.

- La previsione dell’andamento del Pil è, da anni, un esercizio di magia più che un realistico pronostico, nel senso che quasi mai ciò che i governi scrivono nel Def si realizza effettivamente. Ed è ovvio: più il governo prevede un Pil in crescita, più tutti gli altri numeri “si aggiustano”. Altri numeri hanno questo effetto benefico sulla politica economica, ma quello del Pil ne ha più di ogni altro. Ad esempio: se il Prodotto Interno Lordo viene dato in crescita, cala anche la quota di riduzione del debito pubblico che l’Italia deve abbattere in ottemperanza al Fiscal Compact. Quindi, per evitare di dover iscrivere maggiori entrate fiscali o maggiori tagli di spesa, basta scrivere che il Pil crescerà molto e il problema è risolto.

- Ecco perché, ad esempio e solo per limitarci alle ultime stime, nel 2013 il governo Letta prevedeva che nel 2013 il Pil sarebbe sceso dell’1,7%, più ottimista del meno 1,8 della Commissione europea e dell’1,9% del Fondo Monetario Internazionale, che poi si è rivelata la previsione corretta. Per il 2014 sempre il governo Letta prevedeva una crescita dell’1,1% e, addirittura dell’1,7% nel 2015 mentre nel 2014 sarà un miracolo se riuscirà a crescere dello 0,7%, visto che le previsioni recentemente aggiornate della Commissione Ue, lo hanno rivisto al ribasso allo 0,6% proprio mentre l’ex ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ancora a fine anno prevedeva un rotondo più 1%.

- Il motivo per il quale i governi fanno previsioni così ottimistiche è semplice: gli permette di spendere più di quanto sarebbe loro concesso se ammettessero una crescita inferiore. Facciamo un esempio pratico. Se nel Def che verrà presentato domani ci sarà scritto che il Pil nel 2014 crescerà dello 0,8% (secondo indiscrezioni questa è la cifra che verrà inserita nel documento) significa che il governo Renzi prevede un aumento di circa 13 miliardi del Prodotto Interno Lordo e questo darà un gettito fiscale aggiuntivo di 5-6 miliardi che, quindi, possono essere spesi (oppure contabilizzati per ridurre la necessità di tagli) entro l’anno. Se non viene rispettata la previsione, e cioè se il Pil crescesse (poniamo) dello 0%, significa che quei 5-6 miliardi, che sono stati spesi in base a previsioni troppo ottimistiche, vanno a formare deficit e, a fine anno, debito pubblico. E’ esattamente questo il meccanismo che per decenni ha contribuito a creare un debito-monstre: previsioni troppo ottimistiche anziché (come dovrebbe essere) molto prudenti.

Facciamo il caso più estremo: il governo domani nel Def prevede che il Pil crescerà dell’1,2%. In questo caso i miliardi previsti da maggioori entrate fiscali potrebbero sfiorare addirittura i 9 miliardi. Basterebbe, quindi, scrivere una previsioone dell’1,2-1,3% per aver “trovato” i soldi necessari per il taglio dell’Irap e per i famosi 80 euro in busta paga a chi guadagna fino a 1500 euro al mese. Se, al contrario, il governo decidesse di scrivere nel Def una previsione di crescita molto contenuta, ad esempio dello 0,5%, signica che prevede una crescita molto modesta delle entrate fiscali e, quindi, dovrà, per garantire i tagli alle tasse che ha promesso, affidarsi da una parte ai tagli del commissario Cottarelli e, dall’altra, a un marcato calo della spesa pubblica. In entrambi i casi operazioni non facili da far digerire, soprattutto alla vigilia delle elezioni.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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