Marko Cadez
Ufficio stampa
Economia

Così la Serbia vuole attrarre imprese italiane

I vantaggi degli investimenti in territorio serbo spiegati dal presidente della camera di commercio e industria Marko Čadež

"Per un’economia come la nostra, caratterizzata da limitate possibilità di finanziamento da fonti nazionali e nuovo indebitamento, attrarre investimenti esteri è uno degli obiettivi prioritari", dice a Panorama Marko Čadež, Presidente della Camera di Commercio e Industria della Serbia. “Non solo per il capitale investito da investitori esteri, ma anche perché i prodotti si esportano con l’indicazione Made in Serbia, perché i nostri cittadini trovano lavoro e le nostre aziende vengono interpellate, perché si trasferiscono le tecnologie, gli standard e i modelli operativi del mondo sviluppato”, aggiunge, parlando a margine della tappa triestina di “Panorama d’Italia: ”Ma è importante che, contestualmente all’attrazione degli investitori esteri, rafforziamo le aziende locali in quanto gli investitori esteri, nel decidere di investire, valutano anche la loro qualità, la loro capacità di diventare partners e la possibilità di coinvolgerle nelle proprie catene di fornitori”.

In realtà, l’Italia è già oggi tra gli investitori più grandi nell’economia serba ed è la capolista dei progetti realizzati negli ultimi quindici anni. In Serbia operano più di 800 società italiane in quasi tutti i settori d’attività (incluse le banche, le assicurazioni, studi legali...) che danno lavoro a più di 27 mila dipendenti. Oltre alle grandi imprese come la Fiat, in Serbia sono presenti numerose piccole e medie imprese produttive. Come pensate di poter ottenere di più? Offrendo quali  vantaggi per le  imprese che investiranno: fiscali? creditizi? previdenziali? burocratici?
In realtà la Serbia non ha mai avuto un ambiente migliore e più incentivante per fare business  e per gli investimenti. Grazie al progresso delle riforme, la Serbia si presenta agli investitori, a coloro che desiderano acquistare i nostri prodotti, rafforzata dall’aspetto macroeconomico, politicamente stabile, dedicata al processo delle integrazioni europee, con le infrastrutture più funzionali, quadro regolativo migliorato, aumentata prevedibilità negli affari, rischi ridotti, migliore rating creditizio, migliore rating nelle liste internazionali che misurano le condizioni di fare business... Fanno parte del nostro pacchetto per gli investitori anche accordi di libero scambio che permettono ai produttori in Serbia di esportare senza dazi doganali in mercati di più di un miliardo di consumatori in tutto il mondo, notevoli incentivi statali finanziari e di altri tipi, agevolazioni doganali per l’importazione dei macchinari, oneri fiscali più bassi e minori costi operativi rispetto alle altre destinazioni per investimenti che ci fanno concorrenza... Vantaggi riconosciuti dagli investitori e confermati dalle analisi degli analisti indipendenti. Il risultato è che ormai da due anni consecutivi abbiamo attirato circa una metà di tutti gli investimenti diretti esteri nella regione dei Balcani Occidentali.

In quali settori è più promettente investire in Serbia per un imprenditore italiano?
Ultimamente sta crescendo sempre di più l’interesse delle aziende italiane per investimenti autonomi, e investimenti congiunti e cooperazioni nel settore agroalimentare, inclusa la produzione dei prodotti biologici, come anche nel settore energetico, in particolare nell’ambito delle risorse di energia rinnovabili. Grandi potenzialità e interessi mutui per gli investimenti ci sono anche nel settore automotive, metalmeccanico, tessile, nel settore del legno e nell’industria IT.

A chi si si può rivolgere, per iniziare un progetto?
La Camera di Commercio e Industria della Serbia – centrale di Belgrado e rappresentanza a Trieste - sono gli indirizzi ai quali ogni imprenditore italiano, interessato a lavorare in Serbia, può rivolgersi per avere un’assistenza completa - informazioni, consulenza, assistenza analitica e logistica, assistenza nella preparazione, pianificazione, decisione e realizzazione degli investimenti ed altri arrangiamenti degli affari, nonché per instaurare contatti con i migliori fornitori.

Nel "Doing Business Report 2017" della Banca Mondiale la Serbia è passata dal 54.mo al 47.mo posto. Bene, ma non basta ancora: come pensate di risalire ulteriormente nella classifica?
Il programma per migliorare la posizione nella lista Doing Business, adottato dal Governo serbo con il piano d’azione per il 2017 e per il 2018, prevede dei progressi in tutte e dieci categorie considerate dalla Banca Mondiale – rendere più efficaci i procedimenti per la costituzione delle società, il rilascio delle licenze per costruire, l’allacciamento delle strutture alla rete elettrica e iscrizione al catasto dei beni immobili, migliorare le condizioni per ottenere finanziamenti, diritti dei piccoli azionisti, sistema del pagamento delle imposte (riduzione dell’onere tribuatrio e quello amministrativo), procedimento della stesura e presentazione dei documenti doganali (approvazione della nuova legge doganale) e infine, incassare crediti più efficacemente nella procedura fallimentare. L’obiettivo è che la Serbia tra due anni dal 47. mo posto entri tra i primi 20 paesi per quanto riguarda le condizioni di  fare business.

La Serbia è un Paese manifatturiero, quindi deve esportare: come guardate invece all’Italia come Paese dal quale voi serbi potete importare prodotti finiti? Quali prodotti italiani potrebbero essere oggi maggiormente apprezzati dal mercato interno della Serbia?
L’Italia è il mercato di esportazione numero uno per l’economia serba e il secondo paese dal quale importiamo di più, seconda solo alla Germania, quindi il secondo partner negli scambi totali che, secondo le statistiche serbe, nell’anno scorso hanno raggiunto i 3,75 miliardi di euro. Perfino il 93,9 percento dei nostri scambi sono prodotti industriali, e il resto sono prodotti agroalimentari. Dall’Italia abbiamo importato la merce per un valore di 1,95 miliardi di euro, e nel mercato italiano abbiamo esportato i prodotti per un valore di 1,79 miliardi di euro. Le società italiane che operano in Serbia sono tra gli esportatori più grossi verso il mercato italiano, mentre una parte importante delle importazioni dall’Italia si realizza per soddisfare i fabbisogni della produzione dei loro stabilimenti siti in Serbia. Per quanto riguarda le importazioni, i consumatori serbi sono eccezionalmente propensi ad acquistare il prodotto italiano che viene identificato con l’alta qualità e con i criteri estetici superiori, in particolare quando si parla di calzature, prodotti dell’industria tessile. Sono molto stimati anche i prodotti alimentari italiani, prodotti tradizionali di alta qualità, quali formaggi, vini, pasta, e anche i prodotti dell’industria italiana degli arredamenti, caratterizzati di qualità e design riconoscibili.

Nel 2014 avete aperto i negoziati con l’Unione europea per entrarvi a pieni titolo. Come sta andando? Quando pensate di concluderli? Volete passare all’euro in futuro oppure no?
Finora la Serbia ha aperto 10 capitoli, di cui la maggior parte sono capitoli che riguardano l’economia, e disciplinano direttamente l’ambiente per gli affari. Entro la fine dell’anno ci aspettiamo l’apertura di altri quattro capitoli. Anche se la velocità delle negoziazioni e la questione della data dell’ultimazione non sono di poca importanza, per noi la cosa più importante è che con tale processo si vada avanti non perdendo la grinta, che attraverso i negoziati rafforziamo la concorrenzialità della nostra economia e delle singole società, affinché una volta aderiti all’Ue possiamo essere pronti per la gara del mercato unico europeo. Il passaggio dal dinaro all’euro non è solo una questione di desideri, ma anche dei requisiti ai quali dobbiamo adempiere. Affinché la Serbia possa introdurre l’euro come propria valuta diventando così una parte dell’eurozona, è necessario prima diventare membri dell’Unione europea a pieni titoli, e solo allora seguire una procedura di adeguamento, il cosiddetto Meccanismo del cambio europeo (ERM) e raggiungere i criteri abbastanza severi di Maastricht.
 

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Sergio Luciano