Dentro casa è meglio la dittatura
Cercare il consenso del partner su tutto è inutile e controproducente. Una volta sposati, conviene dimenticarsi la democrazia quotidiana
Un dittatore è quello che ci vuole in un matrimonio. È la teoria solo apparentemente bizzarra di Katy McLaughlin, giornalista del Wall Street Journal che partendo dai battibecchi quotidiani con il marito Alejandro ammette: è giusto che lui o lei decidano di volta in volta sulle questioni di ordinaria amministrazione. Senza cercare per forza il consenso dell’altro. Altrimenti si rischia lo stallo perenne.
È la morte della tanto declamata democrazia coniugale? «Niente affatto» dice a PanoramaStefano Gastaldi, psicologo e psicoterapeuta dell’Istituto Minotauro di Milano, che condivide la tesi di McLaughlin. E rilancia: "La visione romantica della coppia d’accordo su tutto è pura utopia o al più il frutto di un adattamento spesso solo apparente alla volontà dell’altro. Le differenze d’opinione e d’azione sono naturali e assolutamente salutari".
Per Gastaldi c’è da preoccuparsi semmai sulla tenuta di coppie solite discutere su ogni singola questione perché nessuno dei due vuole fare marcia indietro e taglia corto: "La democrazia in punta di forchetta non denota parità, bensì instabilità".
Peccato che in tempi in cui la soggettività è tutto non sia affatto facile trovare il giusto equilibrio. Gastaldi consiglia: "Osservate le vecchie coppie, quelle in cui regnano davvero parità e rispetto reciproco. Lasciano correre. Fatelo anche voi".