Riccorrere al giudice contro le tasse? Serve a poco
Economia

Riccorrere al giudice contro le tasse? Serve a poco

I dati del ministero delle finanze lo dicono chiaramente: l'Agenzia delle Entrate ha quasi sempre ragione

In attesa delle scadenze fiscali di fine anno, molti italiani staranno già pensando di fare ricorso contro gli enti impositori per tasse che ritengono non debbano pagare. Beh, a guardare i dati relativi allo scorso anno non gli conviene: in primo grado i ricorrenti (cittadini e imprese) hanno avuto ragione solo nel 30,58% dei casi mentre in appello hanno avuto ragione nel 36,2% dei casi. Significa che nella grande maggioranza dei casi sia in primo che secondo grado l’Agenzia delle Entrate (o gli altri enti impositori contro i quali si fa ricorso) ha ragione.

Il grafico qui sopra illustra lo stato dell’arte al 31 dicembre del 2012 secondo un rapporto del ministero delle Finanze, direzione della giustizia tributaria. Gli istogrammi verticali indicano il numero dei ricorsi pendenti sia presso le commissioni tributarie provinciali che presso quelle regionali. La linea azzurra indica il numero dei ricorsi che sono stati definiti, ovvero conclusi, mentre quella gialla indica il numero dei nuovi ricorsi che sono stati presentati nello stesso periodo. Il 2012 è un anno positivo per il contenzioso fiscale perchè il numero dei ricorsi pendenti è calato da 727.354 a 686.234. Ma bisogna ricordare che, 2011 a parte, nel 2012 il numero di ricorsi pendenti è il più alto dal 2004 ad oggi.

Secondo dato: i nuovi ricorsi e i ricorsi definiti. Nel 2012 il numero dei ricorsi conclusi ha superato per la prima volta il numero di quelli presentati. I primi sono stati 305.694 e i nuovi sono stati 264.583. Complessivamente il valore dei ricorsi è di poco meno di 40 miliardi di euro e i tributi per i quali i cittadini e le imprese si rivolgono più frequentemente alla giustizia tributaria riguardano contestazioni su Irpef, Ire e addizionali seguiti da Irap e Iva.

Ciò che non migliora è, invece, la durata dei processi. I ricorsi definiti nel corso del 2012 avevano un’anzianità media di 2 anni e tre mesi ma complessivamente i processi pendenti, cioè quei 686.234 che restano da definire, hanno aumentato la loro anzianità dell’8% passando da 851 giorni del 2011 (pariu a 2 anni e 3 mesi) ai 925 del 2012 (2 anni e 5 mesi).

Ancora più interessanti sono i motivi del calo dei ricorsi alla giustizia tributaria. Il primo riguarda la decisione, del 2011, di chiudere le liti pendenti inferiori ai 20mila euro. Il secondo è l'istituzione, nel 2012, dell'obbligo di cercare una mediazione tra il cittadino (o l'impresa) e il fisco prima di ricorrere al giudice. Il terzo motivo è l'istituzione di un contributo fisso per coloro che vogliono fare ricorso contro tasse che ritengono ingiuste. Per liti che riguardano fino a 25mila euro si pagano 120 euro. Significa che per contestazioni di poche migliaia di euro ricorrere al giudice è meno conveniente che in passato.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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