Le conseguenze economiche dell'accordo sul nucleare iraniano
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Economia

Le conseguenze economiche dell'accordo sul nucleare iraniano

Energia, turismo, cultura, infrastrutture, edilizia, moda e difesa, ecco i settori dove conviene investire

L'Iran e i paesi del gruppo 5+1 hanno finalmente raggiunto un accordo sui punti chiave del negoziato sul programma nucleare della REpubblica Islamica. Un'intesa storica con un impatto geopolitico importantissimo perché, di fatto, puntando sul depotenziamento di alcuni siti di Teheran, dovrebbe interrompere definitivamente la corsa del paese verso il nucleare.

I 18 mesi di negoziati che hanno portato al consolidamento di questo compromesso non sono però ancora finiti. Da un lato perché la stesura della versione definitiva dell'intesa, che prevede altresì una riduzione significativa delle sanzioni nei confronti del paese, si chiuderà soltanto a giugno, dall'altro perché alcune resistenze sullo scacchiere internazionale, e in particolare quelle mosse da Israele, non sono ancora state superate.

Mentre i leader del mondo si occupano di dati tecnici, però, vale la pena soffermarsi un po' di più sulle conseguenze economiche di questo accordo, soprattutto per quel che riguarda l'impatto derivante dalla revoca delle sanzioni, che per gli analisti iraniani sono alla base di anni di crescita instabile, elevata inflazione, vincoli bancari forti e difficoltà diffusa di reperire capitali.

E' tutta una questione di tempo

Secondo l'analista politico e strategico Alessandro Politi, in questa fase la cautela è d'obbligo. "È difficile fare valutazioni che non siano influenzate dalle speranze e dalle paure delle parti direttamente od indirettamente coinvolte. La prima cosa che si può dire è che la variabile tempo è cruciale. Il tempo in cui si possono togliere sanzioni non sottoposte all'approvazione del Congresso prima che cambi la presidenza ammonta a meno di due anni. Almeno sei mesi saranno perduti non solo per ostacoli frapposti da chi è ostile all'accordo o per tempi tecnici, ma anche perché prevedibilmente il prezzo del barile Brent si manterrà basso ($50-60) e quindi non potrà aiutare l'economia iraniana a crescere con la rapidità desiderata".

Se, come sostiene Politi, dopo il ridimensionamento delle sanzioni sei mesi di crescita verranno praticamente persi per ostacoli di vario genere e per la debolezza delle quotazioni dei prodotti energetici, "resta poco più di un anno in concreto per far avvertire il cambiamento a livello interno e riconquistare il consenso. La fine di una serie di misure d'embargo significa potersi approvvigionare di vari generi di consumo senza pagare i prezzi aggiuntivi del contrabbando. È una boccata d'ossigeno che però difficilmente può essere seguita dalla creazione di molti posti di lavoro a meno di non perseguire questo obiettivo con una manovra di deficit spending. Se il prezzo del petrolio non si rialza significativamente nel 2016, l'Iran sarà costretto a vendere sotto costo ed a pagare gl'interessi su un importante debito esterno. Chi finanzierà questo debito? Con ogni probabilità la Cina con vantaggi importanti per sé".

L'impatto dell'accordo sugli equilibri economici mondiali

A prescindere dalla difficoltà contingente di elaborare previsioni affidabili, resta un dato di fatto che la fine dell'isolamento iraniano avrà un impatto sugli equilibri economici mondiali. Secondo Politi, "il primo effetto a breve può essere una stabilizzazione al ribasso dei prezzi energetici per l'aumento d'offerta e forse anche una competizione per quote di mercato tra iraniani ed altri attori. Il secondo una dinamizzazione della finanza islamica perché Teheran si presenta come un competitore interessante. Il terzo una possibilità di crescita delle economie del Golfo e di quelle collegate”.

Le opportunità economiche che sulla carta l'Iran è in grado di offrire, quindi, sono notevoli, ecco perché dobbiamo aspettarci una crescita netta degli investimenti nell’area. Mehrdad Emadi, economista iraniano che lavora per la società di consulenze londinese Betamatrix ha ipotizzato che l'economia della sua nazione, che vale oggi 420 miliardi di dollari, potrebbe crescere a un tasso del 5 per cento nei prossimi dodici mesi, per arrivare al 7 nei diciotto immediatamente successivi. Un incremento storico se confrontato con il 2 per cento attuale. Anche l'interscambio commerciale con l'Europa, fermo oggi a 7,6 miliardi di euro, potrebbe subire un'improvvisa impennata del 400 per cento. Del resto, per colpa delle sanzioni l'industria iraniana sta lavorando al 60 per cento delle proprie capacità, e con gli investimenti che arriveranno nel paese il suo rilancio è ormai inevitabile.

Dove conviene investire

Per Europa e Stati Uniti, conclude poi Politi, "sarebbe assolutamente insipiente non investire una volta che si è stati artefici di un accordo così rilevante dal punto di vista politico. Ma in Iran arriveranno quasi sicuramente anche finanzieri israeliani con interessi transnazionali. L'energia è una delle poste in gioco del mercato iraniano ed è anche la migliore garanzia che i debiti e lo spostamento di capitali vengano ripagati. Tuttavia, esistono molti altri settori in cui è opportuno valutare un investimento: turismo, cultura, infrastrutture, edilizia, scienza e tecnologia, agrifood, moda, aerospazio e difesa”. Naturalmente senza trascurare tutte le variabili di stabilità politica endogena ed esogena ad essi collegati. 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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