Cerco lavoro, vado in Europa
Economia

Cerco lavoro, vado in Europa

Aziende tedesche, inglesi, norvegesi, svedesi e danesi sono a caccia di personale in italia. Hanno bisogno di ingegneri, medici, cuochi. Ma è solo una parte delle opportunità offerte nel nord del continente. Che, a fatica, sta diventando un mercato unico dei lavoratori.

I miei compagni d’università rimasti in Italia sono precari a 1.500 euro al mese. Qui in Irlanda il primo stipendio si aggira attorno all’equivalente in sterline di 1.850 o 1.900 euro mensili. E adesso conto di trasferirmi a breve in Inghilterra, nel Kent, per cominciare a lavorare nel settore della sanità pubblica: lo stipendio oscilla tra 21.550 e 27 mila sterline (circa 32 mila euro, ndr) per i primi 6 mesi. Straordinari e festivi sono pagati a parte. In Italia invece, i tagli alla spesa sanitaria hanno imposto la religione del forfait». Gianmarco Nardone, un 23enne del Padovano laureato infermiere, rischiava di andare a ingrossare il numero dei laureati disoccupati o precari. Lui ha invece preferito uscire dalla massa del 39,5 per cento dei giovani senza lavoro in Italia per entrare nelle percentuali «estere» dell’occupazione in crescita.

Il suo non è un caso isolato. Né la solita storia di un cervello in fuga. La sua è piuttosto un’avventura che sfrutta i primi vagiti di un’Europa unita dei lavoratori. Sì, perché fuori dall’Italia (e dagli altri paesi in crisi: Spagna, Grecia e Portogallo) il lavoro non manca. Come dimostra il milione e mezzo di offerte pubblicate sul portale Eures, vale a dire il network che da 18 anni gestisce, coordina e facilita la mobilità professionale nella Ue con un esercito di 850 consulenti e con oltre 31 mila datori di lavoro iscritti al sito. Si scopre così che 1.102 aziende reclamano programmatori e ingegneri di sistema, ma che a tallonare i soliti ingegneri tra le professionalità più richieste ci sono i cuochi (849 aziende), i camerieri e capicamerieri, richiesti da 780 società. Per farla breve, non soltanto l’offerta di lavoro non manca, ma soprattutto non si nutre soltanto di alta specializzazione.

Nel settore turistico c’è spazio per receptionist e apprendisti, soprattutto in Germania, dove lo stato finanzia insieme con le aziende un triennio di formazione e lavoro. Mentre i baristi e gli addetti alle vendite sono in pole position accanto a ingegneri meccanici, elettrici o delle telecomunicazioni. Lo stipendio? Adatto al costo della vita del paese di riferimento, ma in media anche più alto di un buon 30-60 per cento rispetto all’Italia. In alcuni casi anche di più, se rapportato al basso costo del mantenimento in Germania (nazione che guida la classifica Eures con 4.296 aziende che cercano impiegati) o ai benefit e alle prestazioni del welfare scandinavo.

Attenzione, dunque, perché non soltanto il lavoro non manca, ma addirittura ci sono paesi che hanno avviato proprio con l’Italia alcuni progetti specifici di ricerca di personale nel settore dell’automotive, dell’energia e delle telecomunicazioni, passando per il settore sanitario e l’apprendistato professionale. I paesi in questione sono Norvegia, Svezia e Danimarca (a caccia di medici specialisti e infermieri), la Germania e il Regno Unito, dove la casa automobilistica Jaguar scende in campo per selezionare sia ingegneri sia operai per la catena di montaggio e per il nuovo centro di ricerca di South Staffordshire.

«Il progetto tedesco è già partito, ma fra settembre e ottobre conosceremo i dettagli per far debuttare anche il progetto britannico e i tre programmi di selezione scandinavi» annuncia Daniele Lunetta, Eures manager presso il ministero del Lavoro italiano. In tutto saranno circa 500 posti di lavoro (dato ancora approssimativo) con contratto a tempo indeterminato, determinato o pluriennale. «La strada maestra per candidarsi e monitorare le offerte è quella di iscriversi e controllare il sito dell’Eures, che si avvale di un doppio binario» continua il manager. Bisogna infatti distinguere tra il portale «internazionale» www.eures.europa. eu, in cui si incrociano domanda e offerta di 32 paesi europei, e il sito nazionale www.cliclavoro.gov.it, collegato al ministero del Lavoro. «L’inserimento del curriculum sul portale lo rende immediatamente fruibile ai nostri consulenti e alle aziende iscritte avviando un primo processo di selezione per fare meglio incontrare domanda e offerta. Soprattutto, i candidati iscritti e coloro che monitorano costantemente il nostro sito saranno tempestivamente informati sui dettagli dei progetti di interscambio e sui road show che i paesi esteri organizzano in Italia per promuovere le opportunità e le modalità di collocamento».

La differenza tra il sito nazionale e quello europeo è più di dettaglio che sostanziale. Il sito internazionale è quello da cui attingono i datori di lavoro di ogni nazione e che informa sulle posizioni professionali in tutta Europa, Cliclavoro invece raccoglie e monitora i curriculum italiani «ed è quello da cui attingono i consulenti nazionali, che li valutano preliminarmente per poi farli incontrare con l’offerta internazionale». Certo, scegliere di inseguire un lavoro fuori dai confini nazionali non è una passeggiata. L’Europa unita, infatti, non è ancora unita su tutto. Esistono differenze nei sistemi fiscali e previdenziali, e banalità come l’assicurazione o la revisione dell’auto possono diventare un problema a causa delle differenti burocrazie. Uno dei compiti dell’Eures è proprio questo: spiegare, aiutare, informare sui cambiamenti di vita. «I consulenti sono operativi presso le province italiane, facilmente raggiungibili e a disposizione gratuitamente» sottolinea sempre Lunetta. «Molto utile sarà anche farsi aiutare per la stesura di un perfetto curriculum in inglese. Spesso infatti è proprio questo gap a bloccare molte candidature inoltrate direttamente ai siti aziendali».

Ma quali sono i progetti di recruiting in corso con l’Italia? Mentre in Svizzera alcune forze politiche cercano di chiudere gli accessi per frenare un’emigrazione altamente professionale e non più di bassa manovalanza, gli scandinavi sono ben lieti di accogliere medici e ingegneri. «Succede che i medici danesi e svedesi preferiscano lavorare in Norvegia, dove la retribuzione è più alta, e che le nazioni di provenienza restino di conseguenza sguarnite di queste figure specialistiche. Per questo li reclutano in Italia, Spagna, Romania, Portogallo e Grecia, anche senza richiedere esperienza» racconta Laura Robustini, Eures adviser in Lombardia.

Il prossimo reclutamento parte in autunno: oncologi, infermieri, cardiologi, chirurghi, geriatri, assistenti di sala operatoria, 200 posti circa da coprire in Danimarca e un altro centinaio in Svezia, cui si aggiunge l’ottantina di ingegneri che la Norvegia sta selezionando per i settori informatica, telecomunicazioni, petrolio e gas. «Stipendio medio 4.500 euro al mese. E una preselezione è già stata effettuata a luglio, scegliendo una sessantina di candidati su un totale di 400 domande pervenute» continua Robustini. «I paesi scandinavi conoscono bene le nostre università, grazie al personale che hanno potuto già apprezzare attraverso le filiali locali di aziende come Ericsson, Nokia e tante altre. In più, in Lombardia esiste l’unico ateneo che laurea in lingue e letterature scandinave: è normale che ogni anno si organizzino qui dei career day». E per chi ingegnere non è? Nessun problema: «Guardando il sito si scopre inaspettatamente che sono molto richieste anche le guide turistiche, per accompagnare le crociere nei fiordi, e i cuochi  sempre apprezzatissimi».

Il problema principale degli italiani che si candidano per un lavoro in Europa è però sempre il livello di conoscenza dell’inglese. Il gap linguistico è forte e tutti i datori di lavoro pretendono capacità di comunicazione. Inoltre «è importante definire nei progetti di scambio i benefit di ingresso e inserimento» spiega Lunetta. «Di solito è quasi sempre prevista una cifra forfettaria per le spese di trasloco e agenzia per l’affitto di una casa o il trasferimento di mogli e figli. E nei paesi scandinavi spesso viene anche retribuito un corso di sei mesi-un anno per imparare la lingua del posto, esteso anche ai familiari, per favorire l’inserimento del lavoratore e della sua famiglia nel tessuto sociale. Un punto per loro molto importante». L’apprendimento sarà poi sottoposto a rigorose verifiche periodiche e anche su questo punto si giocherà la credibilità del lavoratore.

Il gioco però vale la candela. Stando agli ultimi dati Ocse, a Copenaghen il reddito pro capite sfiora 34 mila euro l’anno per una media di 33 ore lavorative la settimana. Un medico specializzato in Danimarca guadagna 7.800 euro lordi al mese e da 5.800 a 8.200 in Svezia. Il progetto britannico, invece, metterà sul piatto contratti iniziali che oscillano da 28 mila a 33 mila sterline annue di retribuzione, cui si aggiungono straordinari, un mese di ferie retribuite, un piano pensionistico e anche, se dovesse essere necessario, il pagamento di un programma di ricollocamento.

«Il reclutamento in Jaguar-Land Rover continuerà sino al 2015, per selezionare nel tempo soltanto la migliore manodopera specializzata. La chiamata è diretta a ingegneri e soprattutto a operai specializzati sulle catene di montaggio, dagli elettricisti ai montatori in genere» dice Katia Ceré, coordinatrice del progetto inglese per l’Eures a Bologna. Per gli ingegneri c’è la possibilità di contratti a tempo indeterminato. Per gli altri un contratto annuale che potrà poi essere trasformato in permanente e le sedi di lavoro sono a Castle Bromwich, Halewood, Solihull, il nuovo manufacturing engineering centre a South Staffordshire da cui usciranno i nuovi motori diesel a bassa emissione per Jaguar e Land Rover.

Qualcuno lamenta l’eccessiva burocrazia del collocamento europeo, ma a breve è annunciata una riforma dell’Eures che andrà nella direzione auspicata da Angela Merkel nel corso dell’ultimo vertice contro la disoccupazione giovanile a Berlino. I giovani, e non solo, devono diventare più mobili e a questo scopo si sta organizzando una vera cabina di regia, che finalmente disponga di statistiche aggiornate sul trasferimento dei lavoratori all’interno della Ue. «A oggi non l’abbiamo» conferma infatti Lunetta. In attesa di un migliore coordinamento.

È proprio il progetto di scambio che la Germania ha siglato con l’Italia a spingere verso un vero cambiamento culturale. Sappiamo già che a Berlino l’occupazione è cresciuta, a tutti i livelli. E un po’ di merito lo ha certamente il programma di «dual training» finanziato dallo stato tedesco e finalizzato alla formazione professionale nel corso di un triennio in azienda. «Il contratto è triennale e prevede ore di lavoro e di studio, associato anche a un corso di lingua tedesca al Goethe Institut da frequentare prima della partenza» spiega la responsabile Eures Marirosa Chiocca.

«I tedeschi cercano operai, receptionist, cuochi, camerieri, saldatori e tornitori e poi, naturalmente, anche i soliti ingegneri nelle varie declinazioni o specializzazioni. Lo fanno attraverso il dual training ma anche grazie al progetto Your first Eures job: lo scorso febbraio sono già stati organizzati road show informativi in 14 città italiane». Cinquanta candidati tra i 18 e i 35 anni sono stati già convocati per una selezione. Pochi se confrontati con i 635 mila under 25 in cerca di lavoro, ma i numeri cambiano insieme con i confini.

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

Scrivimi a: antbersani@alice.it

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