Caso Telecom: perchè BlackRock non ha paura della giustizia italiana
Economia

Caso Telecom: perchè BlackRock non ha paura della giustizia italiana

Il caso di Grande Stevens e Gabetti dimostra che basta aspettare qualche anno e il reato, eventuale, si estingue.

BlackRock è il più grande fondo d’investimento del mondo. Lo sa e se ne approfitta. Soprattutto in Italia. Ha preso per il naso la Consob dimostrando di non avere paura delle sanzioni previste per il reato di aggiotaggio informativo (cioè, sostanzialmente, dire le bugie che influenzano il corso dei prezzi di borsa per trarne profitto). Perché non ha paura? Perché probabilmente Mike Trudel, il managing director del fondo, sa che basta aspettare qualche anno e tutto si risolve. Trudel ha letto che la sentenza di condanna a 1 anno e 4 mesi, oltre che la multa di 600mila euro, comminata a febbraio del 2013 a Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti è stata annullata nonostante che il comunicato stampa del 24 agosto del 2005, nel quale dichiaravano che la Ifil non aveva allo studio alcun intervento sul titolo Fiat teso a far mantenere alla famiglia Agnelli la maggioranza della Fiat, fosse falso. Che quel comunicato era falso lo ha detto perfino il giudice di primo grado che li ha assolti, oltre che i giudici successivi che li hanno condannati. Ora la Cassazione, a 8 anni da quel comunicato “falso”, ha annullato la sentenza di condanna della corte d’appello per “intervenuta prescrizione del reato”.

Se BlackRock fa il furbetto facendo finta di aver sbagliato a fare i conti sulla partecipazione che detiene in Telecom (sopra o sotto il 10%? Alla Sec americana ha detto sopra, alla Consob italiana ha detto sotto) lo fa perché ha letto che basta aspettare qualche anno e la giustizia italiana annullerà una, eventuale, sentenza di condanna per il reato di “aggiotaggio informativo”. Così la giustizia civile trasforma la borsa italiana nel suk che è.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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