Caso Gammy, perché ha ragione la coppia australiana
Economia

Caso Gammy, perché ha ragione la coppia australiana

La vicenda del piccolo Gammy commuove, è vero. Ma le emozioni spesso impediscono di vedere con chiarezza i fatti. La vicenda è nota: una coppia australiana, paga 15mila dollari una ragazza tailandese di 21 anni, perché diventi la madre …Leggi tutto

 

La vicenda del piccolo Gammy commuove, è vero. Ma le emozioni spesso impediscono di vedere con chiarezza i fatti. La vicenda è nota: una coppia australiana, paga 15mila dollari una ragazza tailandese di 21 anni, perché diventi la madre surrogata dei loro figli. Al termine della gravidanza la ragazza partorisce due gemelli: una bambina e un bambino affetto da sindrome di down oltre che da altre gravi patologie. A quel punto la coppia australiana decide di portare via con sé la bambina sana lasciando alla donna tailandese il fratello down, Gammy, appunto. Le emozioni fanno dire che la coppia australiana si è comportata in modo atroce, disumano, immorale. E, sul piano morale, è certamente vero, ma questo giudizio, dettato dalle emozioni, non fa capire come stanno davvero le cose. Proviamo per il momento a dimenticare che oggetto della transazione economica siano dei bambini e proviamo ad affrontare quello che è successo da un altro punto di vista, quello della razionalità economica. E chiedo scusa in anticipo del linguaggio brutale che userò d’ora in poi.

Due clienti si mettono d’accordo con un fornitore per comprare un prodotto ad un certo prezzo: 15mila dollari. Il fornitore consegna il prodotto, ma una parte di esso non è ritenuto all’altezza degli standard richiesti dai clienti i quali fanno valere il loro diritto a non ritirarlo. Il fatto è che ne hanno tutto il diritto. Se un cliente chiede ad un fornitore una qualsiasi merce e gliene viene consegnata una di tipo diverso, ha il diritto di rifiutarla e, anzi, può anche chiedere la restituzione dell’eventuale caparra. Gammy e sua sorella sono stati oggetto di una transazione economica. Perciò se si accetta che un bambino possa essere comprato, attraverso un accordo che ha validità giuridica, allora si deve accettare anche che possa essere rifiutato. Se la vita diventa una transazione economica, allora bisogna anche accettare che possano esserci dispute e controversie di tipo commerciale esattamente come succede quando si firma un qualsiasi contratto. Se, quindi, si accetta la pratica dell’utero in affitto, occorre accettare che dei bambini possano venire rifiutati, a meno che non si stipuli un contratto che preveda che il cliente si impegna ad acquistare il bene (il bambino) in qualsiasi condizione esso si trovi. In questo caso il prezzo dovrebbe calare perché il rischio di dover ritirare un bambino diverso da come ce lo si aspettava, viene assunto dal compratore. In questo caso, nel diritto commerciale, si parla di contratto “pro soluto” e, in caso contrario, di contratto “pro solvendo”.

Allora, da dove nasce l’esecrazione verso la coppia australiana? Essa ha semplicemente fatto valere i propri diritti. Commercialmente parlando non c’è nulla di cui si deve vergognare. Eppure l’esecrazione è totale, assoluta e implacabile, ma essa non tiene conto che il rifiuto di Gammy nasce dal fatto che Gammy era stato comprato. Se si accetta che la vita possa essere fatta oggetto di uno scambio commerciale, allora si devono accettare le conseguenze che questo contratto comporta. Se si accetta che Gammy sia un “prodotto vendibile”, allora bisogna accettare che il cliente ha sempre ragione. Se si accetta che un neonato possa essere pagato con un assegno o un bonifico, in nome del “diritto” di avere un figlio, allora gli australiani hanno ragione e chi piange, si indigna, si dispera per il loro basso livello morale è un moralista. Può anche versare due euro per la raccolta fondi destinati a Gammy e alla sua mamma surrogata, ma è e resta un moralista che non vede che c’è un’immoralità più grande, quella che consente di affittare un utero. (Peraltro: chi si dispiace del fatto che Gammy non sia stato prelevato rivela un insopportabile razzismo che gli fa credere che il destino di sua sorella è migliore del suo. E, peraltro, la vera immoralità della coppia australiana consiste nel fatto che tutti e due i figli sono figli loro).

L’indignazione non va rivolta verso la coppia australiana ma contro l’ipocrisia, il moralismo e le lacrime pelose di chi ritiene ammissibile che la vita umana sia comprabile. Perché se, dal punto di vista morale, la coppia si è comportata in maniera disumana, c’è una disumanità molto più grande, una bassezza molto più profonda, uno scandalo molto più scandaloso: ammettere che Gammy e sua sorella siano dei prodotti.

I più letti

avatar-icon

Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

Read More