Camere di commercio, ecco i rischi della spending review
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Camere di commercio, ecco i rischi della spending review

Unioncamere lancia l’allarme: con il previsto taglio del 50% dei diritti camerali che pagano le imprese  possibili 2.600 esuberi

Ancora una volta si conferma quanto sia complicato nel nostro Paese riuscire ad ottenere risparmi dalla pubblica amministrazione. I programmi di spending review, coordinati dal Commissario Carlo Cottarelli, periodicamente vengono infatti messi sotto accusa perché creerebbero disagi e soprattutto disoccupazione. Potremmo definirla una sorta di minaccia sociale a cui in questo momento non stanno sfuggendo neanche le Camere di commercio. Nei piani messi a punto da Palazzo Chigi infatti, a partire dall’anno prossimo, ci dovrebbe essere un taglio del 50% dei cosiddetti diritti camerali che le imprese pagano appunto alle Camere di Commercio. Un contributo che permette d’altronde alle istituzioni in questione di continuare ad esistere e di fornire servizi alle aziende.

I PROGRAMMI DELLA NUOVA SPENDING REVIEW

Con le riduzioni in questione però le Camere di Commercio denunciano di non poter più essere in grado di svolgere il proprio ruolo in maniera efficace. Uno scenario che difatti secondo i più maligni vorrebbe essere una sorta di preludio alla loro definitiva abolizione. Un destino al quale però questi organismi non vogliono in nessun modo rassegnarsi e allora provano a rilanciare la discussione cercando di aprire una sorta di trattativa direttamente con il governo. In prima fila c’è ovviamente Unioncamere, l’ente che raccoglie tutte le istituzioni camerali territoriali. Nel corso di un’audizione alla Commissione Affari costituzionali della Camera proprio Unioncamere ha focalizzato la propria attenzione  sul provvedimento che dispone, come accennato, la riduzione del 50% del diritto annuale che le imprese dovranno corrispondere alle Camere di commercio a partire dal 2015.

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Ebbene, nell’occasione è stato fatto rilevare che, non solo, come già detto, i tagli in questione metterebbero a rischio l’espletamento regolare di tutta una serie di attività, ma potrebbero creare fino a 2.600 esuberi. I problemi però non finirebbero certo qui. A traballare pesantemente, sempre secondo quanto dichiarato da Unioncamere, ci sarebbe anche la copertura da parte delle Camere di Commercio dei Confidi, i consorzi che prestano garanzie alle aziende che ricorrono al credito bancario. Tutto ciò, unito alla riduzione dei finanziamenti alle imprese e al territorio, potrebbe avere un effetto recessivo che nel 2015 potrebbe valere 2,5 miliardi in meno di Pil.

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Uno scenario dunque molto fosco, per scongiurare il quale Unioncamere propone una soluzione di compromesso. Dato ormai per acquisito la necessità comunque di accollarsi dei tagli e delle significative riduzioni di spesa, l’organo che rappresenta le Camere di Commercio ha proposto una sorta di calo graduale del diritto camerale delle imprese, ossia del 30% per il 2015, del 40% per il 2016 e del 50% a decorrere solo dal 2017. Vedremo ora se il governo intenderà raccogliere questa soluzione meno drastica e più progressiva, o se invece sceglierà di rimanere fermo sulle proprie posizioni originarie.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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