Quanto vale il business dei droni
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Economia

Quanto vale il business dei droni

5,2 miliardi di dollari che diveteranno 11,6 entro il 2023, e 150mila nuovi posti di lavoro solo in Europa

Pian piano, l'idea di velivoli senza pilota è uscita dall'immaginario degli scrittori di fantasicenza per entrare nella nostra realtà quotidiana. I droni hanno fatto la loro apparizione nelle cronache pochi anni fa, quando gli Stati Uniti hanno iniziato a farne uso per attacchi militari mirati in Pakistan e in Afghanistan, ma oggi l'uso di questi apparecchi è prevalentemente commerciale. Del resto, non è la prima volta che tecnologie realizzate con scopi bellici vengono sfruttate anche per usi civili: due esempi su tutti, quelli di internet e dell'energia nucleare.

Il mercato dei droni

Il mercato internazionale dei droni è in crescita. Secondo una ricerca appena divulgata dall'International Peace Research Institute di Stoccolma (Sipri), nel quinquennio che va dal 2010 al 2014 ne sono stati trasferiti 439, contro i 322 del quinquennio precedente. Il dato generale non sorprende; quello che non era facile aspettarsi è che i droni militari rappresentano solamente una quota minima del totale: un misero 2,5%. Si tratta però di numeri destinati a crescere esponenzialmente.

Fino all’anno scorso, il commercio in ambito militare di fatto avveniva solamente tra due Paesi: gli Stati Uniti e il Regno Unito. Poi la Cina ha fatto il suo ingresso in questo mercato, vendendo cinque velivoli senza pilota alla Nigeria, impegnata nella caccia ai miliziani di Boko Haram, e gli Stati Uniti hanno deciso di aprire le porte anche ad altri Paesi, purchè "amici ed alleati". E così, ad esempio, la Germania si è aggiudicata il poderoso (e costoso: il prezzo è di 130 milioni di dollari) Global Hawk.

Droni per uso civile

Decisamente più vivace il commercio di droni ad uso civile. La sorpresa, qui, arriva dal fatto che il mercato più florido è quello mediorientale, dove lo Stato di Israele la fa da padrone: con 165 pezzi esportati dal 2010, Tel Aviv si piazza al primo posto fra i Paesi che commerciano in questo settore, con una fetta di mercato che supera il 60 per cento e davanti persino agli Stati Uniti che questa teconologia hanno inventato e sviluppato (e che non arrivano nemmeno al 24). La vendita di droni ad uso civile è un buon affare anche per il nostro Paese, che si classifica al terzo posto tra gli esportatori europei, dopo Francia e Austria e prima della Germania, con 37 in cinque anni, e al quinto su scala mondiale, dopo Israele, Stati Uniti, Canada e Unione Sovietica. Punta di diamante della nostra industria è il Falco della Selex, che era stato originariamente sviluppato dalla Galileo Avionica. Ma il colosso della teconologia di Finmeccanica non è il solo operatore nazionale presente sul mercato: nel settore si distinguano anche realtà più piccole, come la dinamica Alpi Aviation di Pordenone.

Chi compra tutti questi droni? Sicuramente l'Inghilterra, che raccoglie quasi il 34 per cento della produzione globale, seguita da India (13,2), Italia (9,8), Azerbaijan, Germania, Turchia, Francia, Singapore e Brasile.

Le potenzialità del mercato dei droni

Alla luce della crescita esponenziale del traffico di questi veicoli, e visto il crescente interessamento da parte di numerosi settori per l'utilizzo degli stessi (dall'agricolutura all'industria, dalla sanità ai trasporti), l'Unione Europea ha cercato di stimare il valore commerciale del mercato dei droni. Oggi questa cifra si assesta sui 5,2 miliardi di dollari, ma dovrebbe salire a 11,6 entro il 2023. Considerando poi che i produttori sono in tutto 471, di cui solo 176 in Europa, Bruxelles ha calcolato che se i paesi dell'Unione riuscissero ad approfittare del trend positivo creato dalla crescita della domanda di questi apparecchi, entro il 2050 potrebbero essere creati ben 150mila nuovi posti di lavoro. Con questi numeri, varrebbe la pena tentare.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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