Brexit: perché la Gran Bretagna è sull'orlo della recessione
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Economia

Brexit: perché la Gran Bretagna è sull'orlo della recessione

La Banca d'Inghilterra ha tagliato i tassi d'interesse. Ma l'economia d'Oltremanica soffre di una crisi di sfiducia e il pil è atteso in negativo

Non accadeva dal 2009, cioè dagli anni della crisi finanziaria globale. La Banca d'Inghilterra ha tagliato il tasso d'interesse nelRegno Unito, portandolo al minimo storico dello 0,25%. Nello stesso tempo, le autorità monetarie londinesi hanno annunciato la messa in atto di un nuovo Quantitative easing (Qe), un piano di acquisto sul mercato di titoli di stato emessi dal governo britannico. Si tratta di un Qe proprio come quello attuato anche dalla Banca Centrale Europea sui bond governativi dell'Eurozona o dalla Federal Reserve sui titoli di stato americani oppure dalla stessa Banca d'Inghilterra negli anni passati.

Capire il perché di questa manovra della Bank of England non è difficile: l'economia d'Oltremanica ha bisogno di una scossa, perchè rischia di finire in recessione dopo l'inaspettato esito del referendum del 23 giugno, con cui gli elettori britannici hanno votato per la Brexit, l'uscita del loro paese dall'Unione Europea. E' passato poco più di un mese dal responso delle urne e già gli economisti sono intenti a calcolare quali effetti sta avendo sul pil della Gran Bretagna.

Le conseguenze, a quanto pare, non saranno certo delle migliori. Il Regno Unito, infatti, sembra avviarsi inesorabilmente verso una recessione, con il prodotto interno lordo in calo dello 0,4% nel terzo trimestre dell'anno, rispetto ai tre mesi precedenti. Questo, almeno, è ciò che pensano alcuni economisti, sulla base di alcuni segnali ben chiari sull'andamento della congiuntura d'Oltremanica.

Questione di fiducia

A spingere gli esperti verso questa conclusione è soprattutto un fattore: il calo della fiducia tra gli operatori del mondo produttivo britannico. Steven Bell, capo economista della società di gestione Bmo Global Asset Management, ricorda per esempio gli ultimi dati del Pmi Composite Index che viene elaborato dalla società di ricerca Markit sulla base di un sondaggio effettuato periodicamente tra i responsabili degli acquisti di centinaia e centinaia di società britanniche.

“Dopo l'annuncio dell'esito del voto per la Brexit”, ricorda Bell, l'indice ha mostrato la maggiore flessione mai registrata dai tempi della grande crisi finanziaria del 2008-2009”. Ma il fatto ancor più significativo, secondo l'economista di Bmo, è che il calo è risultato addirittura superiore alle stime degli analisti, che già prevedevano nel terzo trimestre una variazione del pil vicina allo zero o negativa. Peggio di così non poteva andare, insomma.

Secondo Bell, dunque, ci sono alcuni analisti che stanno sottostimando gli effetti della Brexit sull'economia britannica. “Non siamo però i soli ad avere una visione negativa sul Regno Unito”, sostiene Bell. Molti gestori di fondi britannici, a detta dell'economista, sono stati infatti costretti di recente a vendere le proprie posizioni nel portafoglio, a causa dei riscatti richiesti dai loro clienti”.

Gli investitori dei mercati finanziari, insomma, se la danno a gambe mentre i direttori degli acquisti delle aziende britanniche stanno posticipando le spese, a causa delle incertezze post-Brexit. Ecco dunque perché l'economia del Regno Unito si avvicina a una recessione. Secondo il chief economist di Bmo, tuttavia, gli effetti dell'uscita dall'Ue sul pil britannico saranno drastici ma brevi e non si dispiegheranno anche nel lungo periodo. Non sembra pensarla allo stesso modo, invece, l'economista Francesco Squintani, che collabora anche con il sito web Lavoce.info.

In un recente editoriale, Squintani dipinge uno scenario indubbiamente a tinte fosche per il Regno Unito, prevedendo l'aumento dei costi delle materie prime dovuto alla svalutazione della sterlina, il crollo dei prezzi degli immobili e la crescita dei tassi di default sui mutui immobiliari, in un paese che ha basato finora la propria economia sulla capacità di attrarre talenti da tutto il mondo e di fare da calamita ai capitali dell' Unione Europea. Stando così le cose, insomma, le prospettive dell'economia britannica post-Brexit sembrano tutt'altro che rosee.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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