Birra: la guerra per la conquista globale
Economia

Birra: la guerra per la conquista globale

I grandi player si muovono per contrastare il calo dei consumi di Europa e Nord America

I più grandi produttori di birra continuano ad avere sete di espansione. A dispetto della crisi, infatti, continua la politica di consolidamento che, nel giro di meno di dieci anni e a fronte di 195 miliardi di dollari di investimenti complessivi ha portato i primi quattro produttori - AB InBev, SABMiller, Heineken e Carlsberg - a detenere oltre il 50% del mercato mondiale della birra. Ai primi due player, in particolare, fanno capo oltre 200 marchi di birra in 42 Paesi, rivela adesso una mappa di Npr che che fotografa la presenza dei diversi brand nel mondo.

E’ nell’ambito della tendenza al consolidamento, dunque, che AB InBev, il più grande produttore di birra a cui fa capo il 25% delle vendite mondiali, sta cercando di acquisire Grupo Modelo , l’azienda messicana, settimo player globale, che produce Corona, la birra di importazione più venduta negli Stati Uniti. Se l’acquisizione andrà in porto, AB InBev e Grupo Modelo arriverebbero a controllare circa il 46% delle vendite nel mercato americano. Un dato che ha allarmato l’Antitrust americano, che si è mosso per cercare di bloccare l’accordo . Lo stop all’operazione da venti miliardi di dollari, però, costerebbe a AB InBev 650 milioni di dollari per il mancato perfezionamento dell’acquisto. Il via libera, invece, permetterebbe di espandere il brand Corona nel mercato americano e di spingere Budweiser e Bud Light in Messico. AB InBev è ottimista (l’appuntamento in tribunale è per il 19 marzo) e intanto si gode il segno più sulle vendite negli Stati Uniti nel quarto trimestre dell’anno (+1,5% rispetto a -2,2% del trimestre corrispondente).

Per quanto l’Europa continui a essere la regione che vale di più in termini di valore, sono i mercati emergenti quelli che nei prossimi anni tireranno la volata al settore. Ed è su questi ultimi che, chiaramente, si concentrano le attenzioni dei produttori che sanno benissimo che, al crescere della ricchezza di America Latina, di Cina e Africa, i mercati del Nord America e dell’Europa perderanno il loro ruolo centrale. L’Asia, secondo alcune stime, dovrebbe colmare la distanza con il Vecchio Continente nel giro di una manciata di anni e arrivando a rappresentare il 40% delle vendite globali entro il 2016. E c’è chi pensa che l’Africa potrebbe presto doppiare Nord America e Europa nel consumo di birra. Non a caso, pochi mesi fa, SABMIller ha investito diversi milioni per l’apertura di un birrificio in Nigeria .

Il mercato più promettente, dunque, resta la Cina, che già pesa per una su quattro pinte vendute nel mondo. Ed è cinese Snow, la birra più venduta nel mondo, con 52 milioni di barili immessi sul mercato nel 2011. I cinesi, al momento, sono i più grandi consumatori di birra con 28 miliardi di litri all’anno , contro i 24 degli Stati Uniti. Russia, Messico, Brasile, Polonia e Sud Africa figurano fra i principali consumatori nella top ten. Anche qui, il consolidamento continua. A inizio febbraio, la joint venture in Cina di SABMiller ha siglato un accordo per l’acquisizione di Kingway Brewery Holdings, una transazione valutata 33 milioni di dollari.

Ma c’è un’altra variabile con cui gli operatori devono fare i conti, ovvero i produttori indipendenti. Nel mercato americano, infatti, stanno prendendo piede le birre artigianali. Secondo l’associazione dei piccoli produttori, nella prima parte del 2012, le vendite di questa categoria sono cresciute del 14% . La risposta dei grandi player, che anche in questo caso si muovo per acquisizioni, non è piaciuta agli artigiani della birra: sul mercato sono arrivate bottiglie come Blue Moon (MillerCoors) e Shock Top (AB InBev) che assomigliano a prodotti artigianali e sull’etichetta non riportano indicazioni che permettano di risalire al nome della grande azienda a cui fanno capo. I piccoli devono consolarsi: è la guerra della birra, appunto.

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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