Bce, il possibile taglio dei tassi e lo spettro della deflazione
Economia

Bce, il possibile taglio dei tassi e lo spettro della deflazione

Una spirale negativa per i prezzi che deprime l'economia europea. Ecco lo scenario che potrebbe spingere Draghi a tagliare ancora il costo del denaro

Taglia o non taglia? E' il dilemma che oggi interessa tutti gli esponenti della comunità finanziaria, i quali attendono con ansia le mosse della Banca Centrale Europea (Bce), i cui vertici si riuniscono domani a Francoforte. Il presidente Mario Draghi potrebbe infatti dare un'altra sforbiciata al costo del denaro, abbassandolo al nuovo minimo storico dello 0,25%, dall'attuale 0,5%. Questo, almeno, è ciò che si aspettano alcuni analisti anche se molti osservatori prevedono che la Bce adotti invece una politica monetaria più attendista, cioè rimandi a dicembre il taglio al costo del denaro, dopo aver fiaccato le resistenze che arrivano dalla Bundesbank, la banca centrale tedesca.

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Che si tratti di novembre o di dicembre, però, poco importa. L'ipotesi che Draghi dia un'ulteriore limatura al costo del denaro (come ha fatto già intendere da tempo) sembra ormai prendere corpo man mano che passano i giorni. Il perché di questo orientamento è legato innanzitutto alla situazione congiunturale di Eurolandia, dove la crescita economica stenta a decollare e i segnali di ripresa sono troppo timidi. Ma c'è chi intravede un'altra ragione nelle scelte di politica monetaria adottate dalla Bce. E' il timore che l'Europa intera cada nel vortice della deflazione, come è già in parte accaduto nella disastrata Grecia. Si tratta di uno scenario in cui i prezzi al consumo, invece di aumentare (come avviene normalmente quando l'economia cresce e c'è l'inflazione), cominciano all'improvviso a diminuire.

LO SPETTRO DELLA DEPRESSIONE

Perché fa tanto paura l'ipotesi di una deflazione? A prima vista, un calo generalizzato dei prezzi potrebbe sembrare una buona notizia per i consumatori, che vedono aumentare così il proprio potere di acquisto. In realtà, il deprezzamento generalizzato dei beni è cosa ben diversa da quello che che si genera in determinati settori, quando aumenta la concorrenza e ci sono nuove aziende che cercano di ritagliarsi nuovi spazi sul mercato, abbassando le tariffe. La deflazione arriva di solito con la crisi economica, cioè quando molte imprese hanno i magazzini pieni, non riescono a vendere i prodotti e, per non chiudere i battenti, sono costrette a vendere la merce sotto-costo (o quasi), innescando una reazione a catena. Anche i loro concorrenti, infatti, devono adeguarsi e fare altrettanto, per non rimanere spiazzati. Come se non bastasse, arriva poi l'effetto più grave della deflazione: prevedendo un ulteriore calo dei prezzi nei mesi successivi, molti consumatori e molte imprese iniziano a spostare in avanti le proprie decisioni di acquisto e i propri investimenti produttivi. E' a quel punto che l'intero sistema economico rischia di paralizzarsi e di entrare nel vortice di una depressione.

Olli Rehn, commissario Ue agli affari economici e monetari, ha definito “assai remoti” i rischi di una deflazione nell'intero Vecchio Continente. Brutti segnali stanno però arrivando dalla Grecia in recessione, dove i prezzi al consumo caleranno dello 0,8% quest'anno e dello 0,4% nel 2014. La speranza è che Atene, ancora una volta, non faccia da apripista a qualche altro paese.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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