Banda larga: a che punto siamo in Italia
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Economia

Banda larga: a che punto siamo in Italia

La sfida tra Enel e Telecom sulla copertura digitale, mette in evidenza le carenze strutturali e tecnologiche del nostro Paese

La sfida dagli esiti indefiniti che da qualche tempo si è aperta tra Enel e Tim-Telecom per la copertura digitale del nostro Paese, di sicuro un primo importante risultato lo ha già ottenuto. È stata infatti l’ennesima occasione utile, per chi non se ne fosse ancora accorto, per mettere in evidenza quale sia il vero e proprio gap tecnologico che in questo momento divide l’Italia dagli altri Paesi più sviluppati. La verità nuda e cruda infatti è che da noi la banda ultralarga, quella di cui si discute, resta ancora un miraggio, anche a causa di investimenti che sono venuti a mancare proprio quando era più necessario compiere il grande salto di qualità.


E qui non si discute della natura pubblica o privata degli investimenti: da tutte e due le parti si è registrata una colpevole latitanza con il risultato che ora il nostro Paese da questo punto di vista sconta un’arretratezza imbarazzante. In Francia, considerata vera e propria oasi della banda ultralarga, ci sono già connessioni a 500 megabit. Più in generale nel Nord Europa, ma anche nell’Europa dell’Est, per non parlare di Stati Uniti, Singapore, Corea del Sud, Giappone e Hong Kong le connessioni viaggiano sull’ordine di uno o due gigabit al secondo. Si tratta di velocità che da noi a stento può permettersi qualche grande impresa. Tutto ciò ovviamente è possibile solo con una fibra ottica che arriva direttamente dentro casa, prospettiva che da noi è stata per il momento accantonata.


I pochi operatori attivi sul mercato si sono infatti accontentati di arrivare nelle vicinanze degli edifici affidandosi poi ai vecchi doppini in rame per l’accesso nelle abitazioni. Una scelta che permette nei casi migliori di arrivare a connessioni dell’ordine di 100 megabit, quando tutto va bene.

In questo quadro, il governo sembra ora aver deciso finalmente di muovere le prime pedine mettendo sul piatto i primi 2,2 miliardi di euro di investimenti, che hanno ricevuto già il via libera del Cipe e permetteranno di avviare il piano di copertura dell’intero Paese con la fibra ottica. Un piano infrastrutturale che, come detto, giunge con grave ritardo e che sarà gestito dalla Metroweb, proprio la società che potrebbe passare sotto il controllo dell’Enel.

La sfida come detto è improba, anche perché si deve confrontare con realtà territoriali molto differenti. In alcune zone infatti, soprattutto nel Sud, manca perfino la più classica connessione Adsl, con tutto ciò che questo implica in tema di mancata digitalizzazione del Paese.

Le intenzioni restano comunque serie, e il programma prevede a seguire investimenti per complessivi 12 miliardi di euro, sette dei quali dovrebbero arrivare sempre dallo Stato e cinque dai privati. Insomma, nella sfida tra Enel e Telecom, che mettono in campo visioni diverse di quello che dovrà essere il nostro futuro digitale, con la prima votata alla fibra e la seconda fedele al vecchio doppino in rame, c’è solo da sperare che ne venga fuori una sana competizione per il rilancio tecnologico del nostro Paese. In quel caso infatti a guadagnarne saremmo tutti.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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