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Economia

Le aziende dove cresce il debito pubblico

Sono migliaia e hanno un passivo di oltre 100 miliardi di euro. Sono le società amministrate dagli enti locali che fanno danni enormi

Si occupano di acqua pubblica, di reti energetiche, di raccolta e smaltimento rifiuti, di servizi informatici, di mobilità e pure di gestione dei casinò... Le società partecipate da Regioni, Province e Comuni spesso sono carrozzoni dove la vecchia politica ha destinato i «trombati» alle elezioni e gli amici degli amici; in molti casi, però, a esse sono affidate attività strategiche per gli enti locali ed è quindi arduo chiuderle, come avrebbe invece voluto, non riuscendovi, l’ex ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia. Prima di lei ci aveva provato, sempre inutilmente, anche Mario Monti. Adesso la nuova «dead line» è fissata al 30 settembre 2019 (anche se in alcuni casi è prevista una proroga al 31 dicembre 2021). In attesa che il governo «stacchi la spina», durante le prossime inaugurazioni dell’anno giudiziario della Corte dei conti, buona parte delle partecipate si prenderanno le solite bacchettate dai giudici contabili in quasi tutti i distretti d’Italia.

Ma veniamo ai numeri: il ministero dell’Economia ha censito 4.313 partecipate, per 93 mila quote azionarie nelle mani di enti pubblici territoriali. È come se ogni sindaco d’Italia detenesse sette quote di altrettante società, quasi tutte con i conti in rosso. I debiti ammontano complessivamente a 104 miliardi di euro, di cui circa un terzo va attribuito alle partecipate «totalitarie», ossia a quelle al cento per cento di proprietà pubblica. Ben 375 organismi hanno fatto registrare ammanchi per almeno quattro anni di seguito. La Sicilia, come spesso accade, è un caso da manuale. Nel bilancio regionale è stato istituito addirittura un fondo perdite da oltre 4 milioni di euro per ripianare i buchi. Ad assorbire la maggior parte delle risorse sono i quasi 328 mila dipendenti, il cui reclutamento è spesso discutibile. Ne sa qualcosa la Regione Lazio di Nicola Zingaretti: per la Astral Spa, l’azienda che si occupa di strade, il personale è arrivato a costare oltre 11 milioni di euro leggendo le cifre dell’ultimo bilancio.

Ancora: se le compartecipate, ossia le società pubbliche che hanno partner privati, di solito hanno bilanci migliori, in Umbria, Basilicata, Calabria e Toscana sono stabilmente in perdita, «sintomo», spiegano dalla Corte dei conti, «della presenza di criticità di sistema più marcate che altrove».

La Calabria, insieme alla Regione Sicilia, nel 2018 ha conseguito questo record: il costo del personale delle partecipate si «mangia» il 50 per cento del valore di ciò che fanno o producono. Numeri con cui nessuna impresa starebbe in piedi. E invece quando a pagare è lo Stato, le società con queste caratteristiche resistono. Spesso si duplicano. In Molise, per esempio, la Regione è in Molise dati, azienda di forniture informatiche, ma per gli stessi servizi si rivolge anche a privati. Analoghe sovrapposizioni in Sicilia, per i servizi aeroportuali, e in Valle d’Aosta per quelli autostradali. Troppo spesso coesistono società con lo stesso regime giuridico e contabile e, a volte, pur non avendo realizzato opere e attività per cui sono state istituite, continuano a svolgere servizi marginali rispetto alle finalità originarie, con conseguente raddoppio dei costi per gli apparati amministrativi.

La Toscana è da Guinness dei primati: ha acquisito quattro società energetiche, a seguito del trasferimento delle funzioni in materia ambientale dalle Province e ha, di conseguenza, incrementato il proprio asset di partecipazioni. A guardare i piani industriali delle aziende, tuttavia, ci si accorge subito che presentano un flusso di cassa insufficiente a fronteggiare i debiti. E le tanto sbandierate razionalizzazioni? Un piano prevederebbe la fusione delle società energetiche in un’unica azienda. Ma le cose non sembrano andare avanti in modo rapido, anche perché la Regione, guidata da Enrico Rossi, deve fronteggiare emergenze più impotanti: Fidi Toscana, che riscuote i tributi, perde 13,7 milioni, di cui 6,4 di pertinenza regionale; Arezzo Fiere perde 1,75 milioni, di cui 697 mila ancora a carico della Regione; Firenze Fiera ne perde 2,6, di cui 833 mila in capo alla Regione; infine, Imm Carrara Fiere Spa registra un rosso di 964 mila, di cui 351 mila graveranno sulle casse della Regione. E per finire, Terme di Chianciano immobiliare (in liquidazione) con 345 mila euro di perdite, di cui 255 mila risponderà la Regione.

Se la Toscana almeno sta provando a darci un taglio, la Valle d’Aosta è una regione a basso «indice di razionalizzazione»: nell’ultima relazione della Sezione di controllo della Corte dei conti i giudici prendevano atto che è stato disposto il mantenimento, senza sforbiciate, di ben 27 partecipazioni regionali. Solo per una di queste è stato previsto il contenimento dei costi: Struttura Valle d’Aosta Srl, società che ha prodotto risultati negativi nei cinque esercizi precedenti. Impossibile da salvare.

La Lombardia, in qualche modo, è corsa ai ripari: sparisce Lombardia Informatica, società simbolo degli sprechi, nata per sviluppare tecnologie digitali (in particolare software sanitari), ma diventata un carrozzone. Nel 2018 è stata incorporata da Arca, l’azienda regionale centrale acquisti.

In Campania, invece, a leggere la relazione dello scorso anno del presidente della Corte dei conti le zavorre persistono. E sono società guidate «da figure professionali fiduciarie del vertice politico che vengono rese destinatarie di rilevanti incarichi di gestione, con scarsa attitudine ad addentrarsi nelle effettive dinamiche societarie». Un messaggio per il governatore Vincenzo De Luca; che, per esempio, su una poltrona di peso come Sviluppo Campania ha piazzato il fedelissimo Mario Mustilli, già consulente del presidente in materie economica.Passando a un default del trasporto pubblico locale, in Umbria la Regione ha anticipato 12 milioni di euro a Umbria mobilità Spa. L’azienda, sulla carta, li dovrà restituire in dieci anni per evitare il fallimento. In Puglia è il Comune di Bari a vincere la menzione speciale per lo spreco: l’Amiu, azienda per la raccolta dei rifiuti, ha 41 milioni di euro di debiti e Amtab, che gestisce il trasporto pubblico e i servizi per la sosta in città, per 23 milioni (ma ha anche crediti per 10 milioni che non riesce a incassare).

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In Basilicata, invece, è passato alla storia il caso di Metapontum Agrobios, centro di ricerca per l’agricoltura, oggi in liquidazione schiacciato da un passivo di 3 milioni di euro. E, per prossimità geografica, la Calabria lascia ancora ammutoliti e stabilisce un record: molte delle partecipate sono sottoposte a fallimento o a liquidazione coatta. I costi? La Regione guidata da Mario Oliverio spende per le partecipate ogni 60 milioni all’anno. Auguri.

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In merito all'articolo riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione da Astral:

"In riferimento all’articolo, pubblicato su “panorama.it” in data odierna, dal titolo “Le aziende dove cresce il debito pubblico” e, in particolare, a quanto riportato in merito alla spesa sostenuta da Astral SpA per il personale nel 2017, si ritiene opportuno precisare quanto segue.
Dal 2012 ad oggi, l’Astral SpA ha realizzato una importante politica di contenimento dei costi del personale, che ha inciso in modo particolare negli esercizi 2013 e 2014, ma che ha prodotto risultati anche nel 2015, come è riscontrabile dalla lettura dei Bilanci.
Parallelamente, dal 2014 ad oggi, la Società ha chiuso costantemente in attivo i Bilanci di esercizio.
La riduzione del costo del personale è stata realizzata razionalizzando le politiche retributive, nonché efficientando l’intera struttura organizzativa, senza ricorrere a sostituzioni di personale cessato dal servizio.
Il dato degli oltre 11milioni di spesa per il personale, sostenuta nel 2017, più alto rispetto al passato, è conseguenza dell’assorbimento di trenta Lavoratori provenienti da una Società regionale, nello specifico Cotral Patrimonio SpA, soppressa nel 2016, nell’ambito della politica di razionalizzazione delle Società partecipate realizzata dalla Regione Lazio.
Per quanto sopra, a fronte di un Bilancio chiuso costantemente in attivo negli ultimi cinque anni (anche il Bilancio 2018 registrerà un attivo), nonché a fronte di un consistente intervento mirato a salvaguardare i livelli occupazionali di un’altra Società regionale, Astral SpA è riuscita a realizzare una politica di riduzione prima, contenimento poi, del costo del personale.
Si rimane a disposizione per fornire tutti i dati numerici che riterrete eventualmente utili a supporto della pubblicazione della presente".

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