Aziende in crisi, cosa succede se a rilevarle sono gli impiegati
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Economia

Aziende in crisi, cosa succede se a rilevarle sono gli impiegati

Il posto di lavoro è garantito, e spesso questa nuova forma di compartecipazione permette anche di superare le difficoltà e incassare stipendi più alti

In tempi di crisi, se una fabbrica chiude, per gli impiegati può diventare difficile trovare un altro lavoro: da qualche tempo le opportunità sono sempre troppo poche, e reinventarsi in un nuovo settore non è facile. 

In assenza di alternative, un gruppo di australiani ha provato ad inventarsene una. Rilevando una struttura in difficoltà e cercando di trovare un altro modo per farla andare avanti. Stiamo parlando di Hayball , uno studio di architettura e design di Melbourne, dove il personale si è impegnato a rilevarne il 25 per cento nei prossimi dieci anni. 

Acquistando un pacchetto azionario di dimensioni ridotte, gli impiegati di Hayball non si sono impegnati a ricoprire ruoli direttivi o dirigenziali, a meno che non lo facessero già in passato, ne' hanno assunto responsabilità legali o ottenuto il diritto di voto, ma si sono impegnati a vendere le loro azioni qualora decidessero, in futuro, di cambiare lavoro. 

Quella di Hayball è una delle primissime sperimentazioni di questo nuovissimo modello di business che potrebbe funzionare per due motivi. Già sperimentato in Inghilterra e negli Stati Uniti, dove alcune aziende sono riuscite, procedendo per gradi, ad arrivare a una compartecipazione del 100 per cento. In questo modo, è possibile recuperare liquidità direttamente dalle tasche di impiegati che, a loro volta, dopo essere stati direttamente, e finanziariamente coinvolti dalla proprietà, finiscono col rendere molto di più, nella speranza non tanto di mantenere il loro posto di lavoro, quanto di portare a casa uno stipendio più altro visto che la spartizione dei dividendi, ora, li riguarda direttamente.  

Realizzare quello che è riuscito a fare questo gruppo di professionisti di Melbourne non è sempre facile, ma nemmeno impossibile. Chi volesse tentare, anche fuori dal mondo anglosassone, può sentirsi più sicuro a fronte di tre condizioni.

1) Sarebbe meglio che l'azienda fosse piccola o medio-piccola e, possibilmente, che si occupasse di servizi. Questo perché è molto più facile auto-coordinarsi quando le dimensioni sono contenute, e perché, nel terziario, di solito il livello di variabilità tra le mansioni svolte dai singoli è più limitato rispetto a quello che succede in altri settori, cosa che facilita la transizione da rapporto subordinato a compartecipazione, perché gli impiegati si sentono tutti allo steso livello. O almeno dovrebbe essere così.

2) La proprietà degli impiegati funziona meglio quando vengono coinvolti professionisti piuttosto che personale non specializzato. Questo perché coinvolgere dei professionisti, ingegneri, architetti, designer o commercialisti che siano, significa indirettamente disincentivarli dall'abbandonare il progetto in cui hanno finito con l'investire soldi, non più solo idee. In questo modo, fare andare avanti l'azienda diventa prioritario per tutti. E la struttura ne trae enormi benefici.

3) Chi lo ha sperimentato sulla sua pelle ritiene che non esista un metodo migliore per coinvolgere la forza lavoro nella mission aziendale e farla diventare più produttiva. A patto che si proceda per gradi. Vale a dire distribuendo le quote aziendali poco per volta, in maniera da lasciare a tutti il tempo di abituarsi a questo nuovo modo di fare business.

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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