Apple e iPhone low cost: scommessa persa
Economia

Apple e iPhone low cost: scommessa persa

Il modello 5C costa troppo e può fallire nei mercati che voleva conquistare. Ma non è una sorpresa

Per credere all’incredibile servono pochi minuti, è sufficiente aprire la versione cinese del negozio digitale della Apple e fare qualche calcolo: il nuovo iPhone 5C è venduto a una cifra che parte da 4.488 yuan, circa 733 dollari. Quasi duecento in più degli Stati Uniti, dove per assicurarsi senza abbonamento la variante in plastica colorata del melafonino bastano, diciamo così, 549 dollari. Cifre importanti, non proprio per tutte le tasche, nel secondo caso e ancora di più nel primo, nella terra della Grande Muraglia e del numero sconfinato di sim, sulla carta il target primario della nuova creatura di Tim Cook.

Insomma, fa sorridere chi ancora si ostina a definire l’iPhone 5C un cellulare low cost. Low cost sono i telefoni da un paio di centinaia di dollari, o addirittura quelli che non arrivano oltre i 99. Modelli in grado di fare davvero breccia su mercati dove, lo scorso inverno, l’85 per cento degli smartphone venduti aveva un cartellino intorno ai 200 dollari. È successo in India, il secondo al mondo, con i suoi 900 milioni di utenti quasi tutti poco avvezzi a spese pazze. Ecco perché Cupertino, secondo molti analisti, con questa strategia potrebbe perdere il treno dei Paesi in via di sviluppo, quelli dove il settore è ben lontano dalla saturazione e la concorrenza affila le armi per gonfiare le casse: dalla Samsung, regina della diversificazione dei prodotti, a realtà in perenne ascesa come Huawei, Lenovo e simili.

A leggere i commenti degli utenti sui vari social network locali, peraltro, c’è poco da stare allegri: non solo il melafonino arcobaleno sarebbe una specie di salasso, ma le sue dotazioni tecniche non giustificherebbero certi esborsi. Piccolo lo schermo, almeno per gli standard attuali, buona la fotocamera, comunque si trova di meglio. L’iPhone 5C è in fondo un iPhone 5 senza alluminio. Il che ha spinto alcuni esperti a fare un po’ di calcoli: quando fu annunciato nel settembre del 2012, costruire un iPhone 5 costava alla Apple 207 dollari. Contando che è passato un anno e dunque che il prezzo di alcuni componenti si è certamente abbassato, che la plastica è meno cara dell’alluminio, sarebbe potuto uscire sul mercato a cifre decisamente inferiori. Anche 199 dollari senza abbonamento, come in tanti pronosticavano prima della conferenza stampa di annuncio.  

La colpa di Apple sarebbe la solita: non voler rinunciare agli ampi margini che si assicura su ogni singolo prodotto. Condotta ancora più evidente di fronte a una proposta che, per i suoi possibili destinatari, avrebbe invece suggerito un cambio di rotta. Senza dimenticare che il «vecchio» iPhone 5 è offerto gratuitamente a chi sottoscrive un abbonamento per due anni e visto il suo design e le sue ottime prestazioni potrebbe far più gola e mettersi in concorrenza con il fratello colorato. Dunque, almeno alla luce di queste premesse, l’iPhone 5C rischia di essere l’anticamera di un disastro annunciato.

Ci sono però alcuni punti che vanno ancora presi in considerazione. Innanzitutto la possibilità di avere il telefono in abbinamento a un contratto con gli operatori. È vero, in queste ore varie testate, dal Wall Street Journal al Financial Times, stanno ricordando che nei Paesi in via di sviluppo non funziona come negli Stati Uniti o in Europa e che gli utenti preferiscono non imporsi un vincolo di 24 mesi. Ma è vero anche che una partnership con China Mobile, che sembra cosa fatta (Cupertino ha già avuto l’approvazione per operare sulla tecnologia delle reti dell’operatore), potrà dare alla Apple un bacino potenziale di 700 milioni di persone. Una platea enorme: anche convincere una fetta minore a scegliere l’iPhone 5C potrebbe portare il modello a un debutto che non ha precedenti nella storia della mela. E così si spiegherebbero i ritardi previsti per il lancio sugli altri mercati, come il nostro: le scorte serviranno innanzitutto per accontentare i nuovi clienti.

Ma c’è prima ancora un punto fondamentale da tenere in conto, che è l’identità di Apple. Alla vigilia della conferenza di lancio sono piovute le critiche a Tim Cook, colpevole, prima ancora di macchiarsi di questo presunto crimine, di avere svilito, tradito, la filosofia di Steve Jobs. Che mai avrebbe potuto concepire un telefono a basso costo. In pochissimi, come per esempio Forbes, sono andati controcorrente scrivendo con largo anticipo, a metà agosto, che invece «un iPhone low cost non ha alcun senso». Ora che si è visto che il melafonino non è low cost, ci si sorprende. Eppure basta guardare cosa ha fatto Cupertino nel segmento dei computer: mentre uscivano i netbook, i portatili di qualità non proprio entusiasmante e velocità relativa ma a prezzo aggressivo, ha continuato con i suoi top di gamma, anzi ha eliminato l’unico MacBook in plastica. Ha sì creato un iPad con lo schermo mini, ma lo ha venduto a cifre ben superiori rispetto ai vari Nexus, Kindle e simili.

Apple sarà anche avida di margini, ma è coerente nel suo essere un produttore di oggetti di fascia alta, di segmento premium. L’iPhone 5C sarà allegro e vivace, ma rimane, si passi il termine poco eufonico preso in prestito dal marketing, aspirazionale. I colori gli danno un tocco sbarazzino, ma comunque non lo democratizzano. Non è per tutti perché non vuole essere per tutti. È così che gli smartphone, i tablet e i notebook della mela hanno fatto breccia. È sul prezzo, sullo status e l’universo di significati che si porta dietro – e non significa che sia giusto o corretto, ma è evidente che funzioni così – che Cupertino ha costruito la sua fortuna. Un iPhone 5C a 100, 200, persino 300 dollari se slegato da un operatore, sarebbe stato per la Apple un po’ come tradire se stessa. Un autogol in termini di immagine.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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