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Economia

Amazon e il tax ruling, spiegato bene

Perché la Commissione Europea ha chiesto 250 milioni di tasse non pagate alla multinazionale guidata da Jeff Bezos

Il conto è abbastanza salato, anche se inferiore alle aspettative: 250 milioni di euro in tutto. Sono i soldi che la Commissione Europea ha chiesto oggi ad  Amazon, la nota multinazionale statunitense del commercio elettronico fondata da Jeff Bezos. La  pretesa di Bruxelles deriva dalle imposte non pagate dalla società d'Oltreoceano che in Europa fattura miliardi su miliardi.Contemporaneamente, l'Ue ha anche citato presso la Corte Europea  l'Irlanda per non essersi fatta pagare da Apple 13 miliardi di euro di tasse dovute.

Tax ruling e fisco più leggero

Benché la cifra in ballo sia molto consistente, quella di Amazon non può essere però definita come una vera e propria evasione fiscale. Piuttosto, si tratta tecnicamente di una astuta e complessa forma di elusione delle imposte, che ha che ha origine in Lussemburgo e si attua in due parole poco note al grande pubblico ma ben conosciute dagli esperti tributaristi: tax ruling.

Si tratta di accordi che le autorità fiscali dei paesi europei hanno stipulato negli anni passati con le multinazionali straniere, per concedere loro un trattamento fiscale di favore. Questi accordi, formalmente legali ma il più delle volte rimasti segreti, stabilivano la modalità di applicazione delle imposte sui redditi di certi grandi gruppi internazionali per gli anni successivi, introducendo appunto delle agevolazioni che hanno consentito loro di pagare meno tasse.

In molti casi, per esempio, è stato permesso alle multinazionali di dedurre dal reddito imponibile delle voci di costo, come quelle per la  ricerca e lo sviluppo, affrontate a livello globale in tutti i Paesi in cui operano. L'effetto è appunto quello di gonfiare le componenti negative di reddito, riducendo i ricavi e pagando meno imposte. Da un paio d'anni a questa parte, però, la Commissione Europea ha iniziato a mettere nel mirino le pratiche di tax ruling, vietandone la segretezza e considerandole alla stregua di aiuti di Stato mascherati, contrari alle norme Ue.


Ricavi ovunque, soldi in Lussemburgo

In altre parole, secondo le autorità di Bruxelles, il tax ruling è una prassi scorretta e lesiva della concorrenza, perché fa sì che le multinazionali abbiano un carico fiscale inferiore a qualsiasi piccola e media impresa locale, che certo non può fare questi “giochetti” con l'amministrazione finanziaria. Secondo la Commissione Ue, non si è sottratto a questa pratica di elusione fiscale neppure il colosso dell'e-commerce Amazon, che nel Vecchio Continente ha scelto di mettere il proprio quartier generale in Lussemburgo.

Proprio nel Granducato, sempre secondo la Ue, il colosso di Jeff Bezos avrebbe cercato di spostare la montagna di ricavi generata nei singoli paesi europei, facendo versare royalties miliardarie dalle varie filiali nazionali a vantaggio della capogruppo. Una volta giunto in Lussemburgo, il fatturato europeo di Amazon avrebbe poi beneficiato di un trattamento fiscale di favore, grazie a un tax ruling siglato nel lontano 2003. Per questo, la Commissione Europea si accinge a chiedere ad Amazon di pagare centinaia di milioni di euro di imposte non versate.


Il precedente di Apple

La multinazionale americana del commercio elettronico è però in buona compagnia. Negli anni scorsi è scoppiato infatti lo scandalo LuxLeaks che ha messo in evidenza i numerosi accordi fiscali siglati dal governo del Lussemburgo con i grandi gruppi esteri, allo scopo di attrarre sul territorio del Granducato la loro sede fiscale.  

Quello di Amazon non è dunque un caso isolato. E il Lussemburgo non è l'unico terreno fertile per gli accordi sotto banco tra fisco e multinazionali. L'anno scorso c'è stato il caso eclatante di Apple che si è vista chiedere la bellezza di 13 miliardi di euro di imposte non pagate per aver beneficiato di un trattamento fiscale di favore in Irlanda, dove ha sede il suo quartier generale europeo.

La multinazionale di Cupertino ha però fatto ricorso contro la decisione della Commissione Europea, non rispettando la scadenza del gennaio 2017 fissata per il pagamento. "A oltre un anno dalla decisione della Commissione, l‘Irlanda non ha ancora ricevuto il denaro", ha detto il commissario alla concorrenza Margrethe Vestager in una nota. Anche Amazon si comporterà allo stesso modo?


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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