Alitalia con Ferrovie dello Stato: ma cosa dice Moretti?
Economia

Alitalia con Ferrovie dello Stato: ma cosa dice Moretti?

La proposta del numero uno di Ferrovie dello Stato per il matrimonio (eventuale) con Alitalia sembra più una spoliazione che un salvataggio

L’ingegner Mario Moretti, amministratore delegato con poteri pieni (anzi pienissimi), delle Ferrovie dello Stato ama pensare in grande e da un po’ di tempo le sue idee volano nell’alto dei cieli. Forte di una fresca riconferma e di ottimi risultati, si è recato da Enrico Letta prima che cominciasse il vertice su Alitalia e gli ha presentato una proposta che coltiva da tempo: il matrimonio tra treni e aerei. Non è mai accaduto finora in nessuna parte del mondo, ma perché non lanciare il cuore oltre l’ostacolo? “Saper osare, saper vincere, saper fare la rivoluzione”: il motto maoista deve essergli tornato in mente dagli anni giovanili durante i quali militava nella Cgil e nel Pci romagnolo.

Insomma, l’idea è fascinosa. Ma è anche realizzabile? E come? Qui, Moretti ha dato il meglio di sé in base alle indiscrezioni piovute sulla stampa. La prima condizione sarebbe di non pagare un euro per le azioni; la seconda è di non accollarsi i debiti; la terza è che l’Antitrust stia fuori dai piedi; la quarta, ultima ma forse più importante, è la cancellazione della tratta Roma-Milano che deve diventare a totale appannaggio di Trenitalia. E scusate se è poco. Sembra che Letta sia rimasto a bocca aperta. Anche il ministro Maurizio Lupi, che pure era attratto dalla proposta, ha messo le mani avanti: “Il governo non ha mai proposto questa soluzione”.

Moretti può sembrare pieno di sé, ma senza dubbio si è fatto valere. Quando nel 2006 ha preso in mano l’azienda pubblica (il presidente non ha nessun potere) le Fs perdevano 2,1 miliardi su incassi di 6,7 miliardi di euro; l’anno scorso ha chiuso in utile per 380 milioni su un fatturato di 8,2 miliardi. L’ultimo suo successo, che lo manda davvero in sollucchero, è contro Ntv, la compagnia di Luca di Montezemolo insieme alle ferrovie francesi, Diego della Valle, Gianni Punzo e Banca Intesa. Italo, il concorrente (l’unico) sulle linee ad alta velocità, dopo un anno già boccheggia e si è dimesso l’amministratore delegato Giuseppe Sciarrone, uno che di treni ne capisce, collega e rivale di Moretti alle Fs. I privati protestano contro il dumping, gli ostacoli alla concorrenza, i mille bastoni gettati da Trenitalia sui binari. E hanno molte ragioni. Ma à la guerre comme à la guerre, dicono i ferrovieri di stato, e la guerra in questo momento l’hanno vinta loro.

Non è frutto solo di muscoli, sudore e sangue, perché il risanamento delle Fs è stato pagato caro dai contribuenti e l’azienda è ancor oggi sovvenzionata ogni anno dalle finanze pubbliche. Nel bilancio 2012 sono scritti 5 miliardi e 421 milioni affluiti dallo stato centrale, dalle regioni e dall’Unione europea (solo 117 milioni). La maggior parte entra nella RFI, la società che gestisce la rete: un miliardo e 100 milioni nel conto d’esercizio e il resto in quello degli investimenti. Se andiamo a vedere i risultati, ebbene l’unica rete che funziona è l’alta velocità (esigua rispetto ad altri paesi europei), il resto è in condizioni catastrofiche così come l’intero servizio ordinario.

La proposta di Moretti tende a proteggere la tratta Roma-Milano creando una sorta di monopolio del trasporto sul treno, anzi su Trenitalia. Grazie agli utili realizzati, praticamente una rendita garantita, può mettere in sicurezza le Fs. Un business model su misura. Tenendo poi conto che qualcun altro dovrebbe accollarsi i debiti: le banche, gli azionisti, ancora lo stato in più, si presuppone, rispetto all’assegno che ogni anno stacca per sostenere le Ferrovie.

E che cosa resta ad Alitalia? Le rotte nazionali a medio raggio, come Napoli-Parigi, quelle per il Medio e l’Estremo oriente, i voli transcontinentali profittevoli. Bene. Ma attenzione, tutto questo va gestito con Air France-Klm perché Alitalia dovrà comunque elaborare un piano industriale con i franco-olandesi. I partner nei cieli sono loro e tali restano. Allora, quale sarebbe il contributo della Fs? Conquistare il monopolio (su ferrovia) tra Roma e Milano? Se è così, sembra una spoliazione, non un salvataggio, tanto meno un rilancio. Forse le indiscrezioni sono parziali. Magari bisogna vedere il piano, se un piano c’è. Per ora c’è l’attivismo di Moretti e dei suoi furbetti.

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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