Al lavoro il 25 aprile, gli effetti delle liberalizzazioni
ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
Economia

Al lavoro il 25 aprile, gli effetti delle liberalizzazioni

Negozi aperti e orari senza limiti: 5 milioni il di italiani non si riposano durante la Festa della Liberazione. Pro e contro di questa deregulation

Camerieri nei bar, commessi nei negozi, infermieri all’ospedale o tramvieri e autisti degli autobus. E’ l’esercito di italiani che lavorano alla domenica e nei festivi. Anche nella giornata del 25 aprile, secondo le stime  della Cgia (la confederazione degli artigiani) di Mestre, saranno ben 5 milioni i nostri connazionali in servizio, che dunque non festeggeranno con un po’ di riposo o con una scampagnata la ricorrenza della Liberazione. 

Il merito (o la colpa, a seconda dei punti di vista) è anche della completa liberalizzazione degli orari e delle aperture dei servizi commerciali, introdotta nel dicembre del 2011 dal governo Monti con il Decreto Salva Italia. Da allora sono passati più di 6 anni e i sindacati dei lavoratori del commercio (Filcams Cgil, Fisacat Cisl e UilTucs Cisl) hanno deciso di proclamare uno sciopero proprio il 25 aprile, per chiedere la fine di questa deregulation che costringe migliaia di commessi e commesse a stare in servizio anche di domenica, mal conciliando la vita privata e la professione. 

Domenica in servizio 

Sono infatti ben 3,6 milioni gli italiani lavoratori dipendenti che, secondo la Cgia,  sono abitualmente in attività anche  nei giorni di festa. Certo, non tutti lavorano  per colpa delle liberalizzazioni  degli orari dei negozi. Tra  chi fa il turno domenicale, per esempio, oltre 1 milione di persone sono impiegati statali, tra poliziotti, dipendenti ospedalieri o altre figure professionali della pubblica amministrazione che erogano servizi essenziali, necessari  24 ore su 24.

 C’è però un esercito di oltre 680mila addetti di alberghi e ristoranti e quasi 580mila dipendenti del commercio che, in molti casi, hanno iniziato a fare i turni domenicali proprio con l’arrivo della liberalizzazione completa degli orari. Non pochi di loro lavoreranno pure  il primo maggio, anche se in numero più limitato rispetto al 25 aprile. 

Ecco allora che, come ogni anno, torna d’attualità il dibattito sui 6 anni di liberalizzazioni del commercio che abbiamo alle spalle. Non è un mistero che il partito vincitore delle ultime elezioni, il Movimento 5 Stelle, voglia notevolmente ridimensionare la deregulation del governo Monti, limitando per esempio le aperture domenicali dei negozi. 

Opinioni discordanti

Ma quali effetti hanno avuto finora le liberalizzazioni? Su questo punto, si sono confrontate a lungo due scuole di pensiero e varie  associazioni di categoria, rappresentative di diversi interessi. Confesercenti, che riunisce i piccoli commercianti,  ha più volte messo in evidenza il calo registrato dalle vendite al dettaglio (tra l’1 e il 2% su base annua) sia nel 2012 che nel 2013, anche dopo l’avvio della deregulation degli orari. 

Soltanto dal 2014 in poi c’è stata una stabilizzazione e poi una crescita delle vendite, grazie però soprattutto alla ripresa economica. Federstribuzione, che rappresenta i big della grande distribuzione organizzata, ha invece una posizione diversa. Secondo un’indagine commissionata da questa associazione di categoria, il 65% dei consumatori è a favore  della aperture domenicali e festive dei negozi e dei supermarket. 

Grazie a tali misure, a detta di Federdistribuzione, sono state assunte 4.200 persone in più nel commercio ed erogati oltre 400 milioni di euro di salari (dati aggiornati al 2015). Basta prendere differenti statistiche, insomma, per delineare due effetti diversi della deregulation del commercio. In attesa di vedere quale opinione prevarrà, per 5 milioni di italiani il 25 aprile  sarà una giornata di lavoro, a meno che non decidano di fare sciopero. 

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