Ecco perché l'attentatore cinese è diventato un eroe
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Ecco perché l'attentatore cinese è diventato un eroe

Ha fatto esplodere un ordigno artigianale all'interno dell'Aeroporto di Pechino, ma per la rete è un "terrorista gentile"

Sabato scorso l'improvvisa esplosione di un ordigno artigianale al terminal numero 3 dell'Aeroporto Internazionale di Pechino ha generato il panico in tutto lo scalo. Fortunatamente, l'incidente non ha causato vittime, e solo l'attentatore, un uomo di 34 anni sulla sedia a rotelle, e un addetto alla sicurezza aeroportuale sono rimasti feriti in seguito all'esplosione.

Originario della provincia dello Shandong, il colpevole è stato subito identificato come Ji Zhongxing, un uomo che, stando alle rivelazioni pubblicate dai social network, sarebbe finito sulla sedia a rotelle dopo essere stato aggredito dalle forze dell'ordine della Repubblica popolare quando, nel 2005, lo sorpresero alla guida di un tuk tuk (i tre ruote a motore così comuni in Asia) senza licenza.

Un dettaglio, questo, che, associato alla ricostruzione dei fatti fatta circolare online dai testimoni oculari, al popolo della rete in Cina è sembrato sufficiente non solo per giustificare la rabbia di un uomo cui i metodi violenti del regime avrebbero portato via il futuro, ma anche a trasformare l'attentatore in un eroe.

Pare infatti che Ji Zhongxing sia arrivato in aeroporto con una borsa piena di volantini, oltre che di un ordigno fai-da-te, e che abbia deciso di fare esplodere quest'ultimo solo quando gli è stato impedito di distribuire i suoi fogli. Ma dopo aver fatto allontanare tutte le persone che si erano avvicinate a lui.

Sui social network cinesi Ji Zhongxing è già stato ribattezzato il "terrorista gentile", un uomo pronto a tutto per ottenere la giustizia che Pechino gli ha sempre negato. Questo perché dopo essere rimasto paralizzato, nel 2005, ha più volte cercato di denunciare la "reazione eccessiva e ingiustificata" della polizia di Xintang, ma nessuno ha mai voluto dargli ascolto, lamentando una evidente "carenza di prove". Quando poi, nel 2009, si rivolse anche a un tribunale a Pechino per ottenere un risarcimento, fu costretto a barattare il silenzio con un "aiuto umanitario" quantificabile in poco più di 12mila euro. Una cifra enorme per la Cina, che tuttavia a Ji Zhongxing non è parsa ne' giusta, ne' rispettosa, ne' sufficiente. 

Quello di sabato, quindi, non è un attentato, ma un gesto estremo di una persona disperata che non sa più come fare per fare in modo che qualcuno lo aiuti, per raccontare la propria storia, per far sentire la sua voce. Oggi Ji Zhongxing è diventato un eroe. Ma in rete c'é anche chi si interroga su se il suo esempio possa essere seguito da "aspitanti terroristi" meno "gentili" di lui, aumentando il livello di instabilità all'interno del Paese, o chi ricorda ai burocrati di Pechino l'urgenza con cui dovrebbero occuparsi dei problemi "reali" della Repubblica popolare. Che per tanti, ormai, non riguardano più solo l'economia e lo sviluppo.

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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