I dieci saggi: abolire una camera
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I dieci saggi: abolire una camera

600 deputati, fine del bicameralismo, finanziamento pubblico da mantenere. Le ricette dei 10 saggi nominati da Napolitano

Innanzitutto: diminuire i deputati, ne bastano 600, cambiare la legge elettorale e vararne una con sistema misto (proporzionale e maggioritario ma con un alto sbarramento), non rinunciare al sistema di finanziamento pubblico dei partiti (a quel punto le ricchezze private potrebbero condizionare impropriamente l’attività politica), rivedere il patto di stabilità che ha ristretto le capacità di manovra dei comuni italiani, creare una sorta di secondo Csm che dovrebbe affiancarsi al primo ma che avrebbe competenza finale sui giudizi disciplinari da infliggere ai magistrati (la composizione ricalcherebbe quella della Corte costituzionale, un terzo nominati dal presidente della Repubblica, un terzo dal parlamento e un terzo dagli stessi magistrati), rivedere le retribuzioni dei dirigenti e delle figure apicali della pubblica amministrazione, a controllare i costi della politica vengano chiamati dei controllori indipendenti ed esterni, quindi nessun politico.

È la memoria che hanno consegnato i saggi al presidente Giorgio Napoletano, sarà il punto di partenza per il futuro presidente che le camere dovrebbero eleggere tra pochi giorni.

Arriva quindi oggi la relazione dei dieci saggi che erano stati nominati per allungare di fatto le consultazioni interrotte con una fumata nera. Lui, il presidente, lo chiama testimone da consegnare, per le personalità scelte è un canovaccio, chiamatela agenda, su cui dovrebbero convergere le forze, quasi un programma di governo.

Così, se quelle precedentemente elencate sono le proposte che più dovrebbero incidere, non si può dire che non ci siano altri argomenti che non siano stati dibattuti dalle due commissioni composte da rappresentanti  politici, economici e istituzionali; una composta appunto da Luciano Violante, Gaetano Quagliarello, Mario Mauro e Valerio Ondia (il giurista finito nel tritacarne radiofonico. “La commissione, in realtà non serve”, aveva detto a una finta Margherita Hack) e l’altra da: Filippo Bubbico, Giancarlo Giorgetti, Enrico Giovannini, Enzo Moavero Milanesi, Giovanni Pitruzzella e Salvatore Rossi.

Come detto le proposte abbracciano svariati aspetti, tra questi: l’istituzione di un redito minimo d’inserimento, da valutare in sede parlamentare, depenalizzazione di alcune norme al fine di svuotare le carceri, affrontare il conflitto d’interessi senza preconcetti di parte ma affidando la materia all’autorità Antitrust, fissare nella data ultima di 30 giorni la scadenza con cui le imprese devono essere liquidate per i servizi resi alle amministrazioni pubbliche, dallo Stato.

Bocciata dai saggi è stata la legge Fornero che “va rivista”, mentre andrebbe rafforzato (M5S docet) il ricorso alla pratica del referendum senza per questo aggirare le norme precedentemente abrogate. Scontate, buoni propositi e nient’altro? Uhm, di certo l’ennesimo programma di governo per un governo che ancora manca.

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Carmelo Caruso