EBOLA
JUNIOR KANNAH/AFP/Getty Images - 21 MAGGIO 2018
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Ebola, perché fa di nuovo paura

Aumentano i casi e le vittime del virus nella Repubblica Democratica del Congo. Come si trasmette e perché si rischia la pandemia

A quattro anni dall'allarme ebola in Sierra Leone si torna a parlare di pandemia. Il rischio che il nuovo focolaio si espanda a macchia d'olio è già realtà. Questa volta è la Repubblica Democratica del Congo a tremare. Il numero di persone contagiate cambia di ora in ora, così come quello delle vittime. Ma quello che più preoccupa è il fatto che in questa nuova esplosione della malattia i casi non si limitano al territorio rurale, ma hanno già raggiunto la città, con una prima persona colpita dal virus a Mbandaka city, una città con oltre un milione di abitanti, distante circa 130 km da Biroko, il piccolo centro dove si era registrato il primo caso.

Proprio la rapidità con la quale la malattia si sta espandendo e il fatto che sia già giunta in città ha fatto lanciare l'allarme dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, con Peter Salama, inviato dell'OMS in Congo, che alla BBC ha spiegato: "Ora abbiamo un Ebola urbano".

Cosa è successo

L'8 maggio il Governo di Kinshasa ha annunciato con preoccupazione che i primi due test su persone che si sospettava fossero ammalate di ebola sono risultati positivi. Dopo i primi casi di contagio, le vittime sono salite a quasi 30 in poche settimane, ma il loro numero è in costante aggiornamento.  

Dal 21 maggio è partita una campagna di vaccinazioni allo scopo di contenere la nuova epidemia di ebola, che sta colpendo in particolare la Repubblica Democratica del Congo.

Anche Medici Senza Frontiere è in prima linea per fronteggiare questa nuova emergenza. L'organizzazione ha creato un reparto attrezzato all'interno dell'ospedale di Wangata, dove il personale opera in regime di massima sterilizzazione e gli ambienti sono costantemente disinfettati per evitare il contagio tra pazienti sospetti o già malati di ebola.

Perché fa paura

L'OMS è fortemente preoccupata per le modalità di diffusione che si sono già registrate e che rischiano di far scoppiare un caso di pandemia: "C'è il potenziale per un aumento esplosivo dei casi" ha spiegato Salama alla BBC. L'Organizzazione ha innalzato il livello di rischio da "alto" a "molto alto".

Per fronteggiare il pericolo di una rapida diffusione, sono già scattati i primi interventi, con lo scopo principale di contenere il focolaio. La Croce Rossa Internazionale ha stanziato 130 mila euro per interventi immediati. La Commissione europea non è stata da meno, con 1,5 milioni di euro per supportare l'attività dell'OMS sul posto, dove la Protezione Civile europea ha messo a disposizione aerei ed elicotteri per trasportare farmaci e medici, insieme ad apposite attrezzature per garantire sterilizzazione e protezione del personale sanitario e della popolazione.

Sul fronte dei medicinali, sono 4 mila i vaccini già inviati in Congo.

Il vaccino

Le dosi di vaccino giunte in Africa non hanno tardato ad arrivare, ma potrebbero non bastare: il rischio è che, se non trattate adeguatamente, le persone contagiate possano a loro volta diffondere il virus. Per questo, oltre a isolare i soggetti già ammalati, è in corso una lotta contro il tempo per immunizzare coloro che hanno avuto contatti con le persone contagiate.

Per fare questo si sta utilizzando un vaccino sperimentale, messo a punto dopo l'epidemia del 2014. Si tratta di un ritrovato che, nonostante non abbia ancora completato la fase di test, si è mostrato efficace in passato. Ha però dei limiti, primo tra tutti quello sulla sua conservazione: va mantenuto a una temperatura di -60°, che nel contesto del paese africano è difficile da rispettare, specie durante il trasporto nelle campagne.

I precedenti

Non si tratta del primo caso di diffusione della malattia in modo esteso: negli ultimi 40 anni si sono registrate ben 9 epidemie di ebola. Nel 2014 si è verificato il contagio più grave, quando anche l'Italia fu in prima linea nei soccorsi e il virus colpì due operatori italiani impegnati nei soccorsi in Africa: entrambi guarirono dopo cure e trattamenti in ospedale a Roma.

A spaventare è l'alta mortalità della malattia, con 1 decesso ogni 2 malati. Sono 11 mila le vittime registrate tra il 2013 e il 2016 per infezioni in Sierra Leone, Liberia, Guinea e Nigeria.

Come si trasmette la malattia

Ebola è un virus che, se non curato per tempo, provoca morte. E' considerato il più letale per l'uomo: nella variante Zaire causa il decesso nel 90% dei casi. L'incubazione varia da 2 a 21 giorni. I sintomi sono facilmente confondibili con quelli di altre malattie più o meno gravi: mal di testa, mal di gola, febbre e affaticamento. Si tratta di malesseri che, in una prima fase, potrebbero essere scambiati con quelli di febbre tifoide, meningite e malaria.

Con il passare dei giorni, però, aumenta la gravità e compaiono eruzioni cutanee, vomito, diarrea e sanguinamenti, causati da emorragie anche interne. Si possono verificare anche trombi, a causa del malfunzionamento delle piastrine del sangue.

Ebola si trasmette tramite liquidi corporei, da persona a persona, ma anche attraverso il contatto con oggetti appena toccati da persone contagiate. Si ritiene che il virus colpisca le cellule del sistema immunitario, andando poi a intaccare i linfonodi, la milza e il fegato.

Perché nella Repubblica Democratica del Congo?

È proprio nella Repubblica Democratica del Congo che si sono verificati i casi più numerosi di ebola e soprattutto i primi, già nel 1976, quando il Paese si chiamava Zaire. All'epoca le vittime furono 280 su 318 persone infette. Lo scorso anno un nuovo focolaio ha provocato il contagio di 8 persone, la metà delle quali poi decedute.

Gli esperti si sono interrogati sul perché proprio nel Paese africano si verifichino periodiche epidemie. La maggior parte ritiene che la malattia possa essere endemica negli animali cosiddetti "serbatoio" che ne "custodiscono" il virus. Si pensa che i pipistrelli della frutta infetti siano il principale veicolo di trasmissione della malattia, tramite il loro guano sulla frutta stessa. Questi animali sono particolarmente diffusi nelle vaste aree boschive e di foresta che si trovano nella Repubblica Democratica del Congo, dove lavorano migliaia di persone.  

Durante la grave epidemia del 2014, tra Sierra Leone e Guinea, proprio in quest'ultimo Paese i ricercatori trovarono un albero-dormitorio di pipistrelli, che si sospettò essere il "punto zero" della diffusione della malattia.

La pianta venne bruciata, insieme agli animali, non permettendo così di fare una ricerca più approfondita. Le analisi su pochi frammenti di DNA recuperati hanno comunque consentito di affermare che si trattava di esemplari di Mops condilurus, una specie insettivora diffusa in Africa centrale e occidentale, sui cui spostamenti e possibili forme di contagio sono in corso nuovi studi.

Ebola, Hiv e virus influenzale

Pur non essendo il virus che causa più morti al mondo, spaventa per la rapidità di diffusione, specie in zone del mondo dove le strutture igienico-sanitarie sono minori e meno attrezzate. Mancano, inoltre, una cura certa e l'adeguata informazione presso la popolazione dei paesi africani coinvolti.

Mentre su ebola si sa ancora poco, maggiori sono le conoscenze su altri virus responsabili di maggiori vittime nel mondo. Quello dell'Hiv provoca circa 1 milione di morti all'anno, quello dell'epatite oltre 800 mila, mentre l'influenza è all'origine di altri 300-650 mila decessi.

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Eleonora Lorusso