E adesso si scoprono tutti trumpisti
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E adesso si scoprono tutti trumpisti

Matteo Renzi si fa immortalare mentre parla con il neoeletto presidente Usa, Grillo si schiera dopo il risultato e anche Salvini cambia stile

Tra scimmiottare Donald Trump ed essere Trump c'è una bella differenza. Perché chi tenta di imitarlo, magari dopo aver giurato di detestarlo, ottiene l'effetto di rendersi ridicolo. In questo trumpismo d'accatto tutto italiano si segnalano già diverse perle. Iniziamo, data l'importanza del ruolo, dal presidente del Consiglio. Alle 23,32 del 10 novembre Matteo Renzi si fa immortalare dal suo addetto stampa mentre è al telefono con Trump (lui che era stato improvvidamente uno scatenato cheerleader di Hillary Clinton) e diffonde la foto sui social media. Dov'è Renzi? Stravaccato sulla megapoltrona di un aereo di Stato (20 mila euro di costo all'ora) mentre torna dall'ennesimo comizio sul referendum a uso e consumo della sua parte politica.

A parte il ciuffo biondo, c'è un'altra profonda differenza tra Renzi e Trump. Sorvolando (è proprio il caso di dire) sul fatto che il nuovo presidente degli Stati Uniti è stato eletto dal popolo e il nostro no, il dato che salta agli occhi è che, per la sua campagna elettorale, il candidato americano l'aereo se l'è pagato di tasca propria. L'effetto che il nostro "Trumpino", disteso sulla mega poltrona, è convinto di comunicare è elementare: guardatemi, sono figo come Trump e parlo col cellullare da un aereo (e che aereo!) da pari a pari con Mister President. Una macchietta.

Un fermo immagine mostra il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante la diretta Facebook #MatteorispondeANSA/ FACEBOOK MATTEO RENZI

Altra scena: palazzo Chigi, 11 novembre. Renzi risponde in diretta su Facebook. Dietro di sé fanno bella mostra ben sei tricolori italiani e nessuna bandiera europea . Non è mai successo. Il Trump di Rignano vuol però mettere alla berlina l'Unione dopo esserne stato maggiordomo per tre anni e, per tentare di raccattare una manciata di voti tra gli eurodelusi, oggi ammaina il vessillo: ridicolo. E non a caso incassa i complimenti del vituperatissimo Front National di Marine Le Pen.

Dove però il nostro si è superato è sulla questione delle tasse che dovrebbe pagare chi affitta casa attraverso piattaforme digitali come Airbnb. Attualmente a versare il dovuto è solo una sparuta minoranza di persone, lo fa meno di uno su quattro: significa un'evasione prossima al 75 per cento. Alcuni deputati Pd propongono una misura minima: paghino almeno il 21 per cento. Renzi, cioè dico proprio il signore dell'equità fiscale e della caccia agli evasori, che fa? Afferma: "Nessuna nuova tassa, nessuna. Nemmeno Airbnb. Finché sono premier io, le tasse si abbassano e non si alzano". Nuova tassa? Tassa che si alza? Vaneggia: parliamo, ribadisco, di incassi totalmente in nero e di una multinazionale, Airbnb, che come ricorda Francesco Boccia (Pd) presidente della commissione Bilancio della Camera "continuerà indisturbata a evadere il fisco".

Scusate, però: perché, a fronte della dichiarazione di Renzi, un qualsiasi artigiano o professionista dovrebbe continuare a essere in regola con le tasse? Qual è la differenza tra affittare in nero una casa e riparare un tubo in cucina senza staccare la ricevuta? Così, per paradosso ma neanche tanto, a Renzi che critica l'eterogenesi dei compagni di cordata sul No al referendum verrebbe facile controbattere che tra i suoi sostenitori si ritrovano l'estrema destra trinariciuta di Marine Le Pen e gli evasori fiscali. E perfino Beppe Grillo, convinto trumpista ma solo dopo la notte elettorale. Già, perché il guru dei 5 stelle ha abbracciato Renzi come alleato nella crociata contro l'Ue. Rimane un ultimo trumpista ed è Matteo Salvini. Si è proposto come premier sull'onda del successo del miliardario. Ha smesso la felpa, infilato la giacca e consegnato ai supporter anche i cartelloni da comizio modello Usa su fondo blu con la scritta "Salvini premier" tutto in maiuscolo e tre parole d'ordine: idee, cuore, coraggio. Mancano solo i voti. Vabbé, quisquilie.

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Giorgio Mulè