Dopo Napolitano toccherà all'onorevole Mah
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Dopo Napolitano toccherà all'onorevole Mah

Quale Paese troveremo tra un anno? Per capirlo non basta la sfera di cristallo, serve un volo di fantasia

Approfittando di un paio di amici fisici studiosi di meccanica quantistica, ho potuto partecipare al primo esperimento di macchina del tempo e ho chiesto di andare a guardare che cosa sarà successo in questo nostro paese fra un anno: Capodanno del 2014.

Non so come dirlo, ma l’Italia era (sarà) quasi come quella di oggi: andremo a nuove elezioni perché la legislatura era (sarà) finita malissimo. Paese ingovernabile, tutto da capo, nessuna idea su come andrà/andremo a finire.

E anche allora, nel futuro di qui a un anno, si scoprirà che il sostegno del Vaticano – dunque non banalmente dei cattolici o della conferenza episcopale – sarà ancor più energico di quello che abbiamo visto in questi giorni, con la discesa (salita?) in campo dell’Osservatore Romano in nome e per conto di Papa Ratzinger.

E ho scoperto, scopriremo, che il papa per consolidare il Presidente Monti ricorrerà ad un articolo sconosciuto del diritto ecclesiastico per nominare lo stesso Monti cardinale (laico) a vita. Secondo un pettegolezzo molto diffuso Ratzinger avrebbe reagito malissimo di fronte alla perplessità di alcuni alto prelati di curia protestando: “L’ha fatto quel comunista di Napolitano facendolo senatore a vita e io lo faccio cardinale laico a vita”. Ma questo espediente mediaticamente molto energico difficilmente riuscirà a convincere le masse cattoliche che avevano (avranno) largamente disertato le urne il 24 febbraio 2013,

Ho infatti scoperto (scoprirò) che le elezioni che stiamo aspettando con tanta ansia produrranno un fiasco. Il PD di Bersani arriverà piuttosto sgonfio alle urne per una defezione molto evidente dei seguaci di Matteo Renzi che faranno fallire la speranza della maggioranza assoluta. Prenderanno, mi hanno detto nel futuro, tutti il venti per cento. Bersani, venti per cento, Berlusconi idem, Monti e il centrismo venti per cento, Grillo venti per cento e il venti per cento che resta frazionato fra la Lega e le piccole formazioni sciolte.

Ma, appena riunite le Camere nel prossimo mese di marzo, la sinistra del PD si ritroverà, dicono le cronache del futuro, nelle mani di Vendola che avrà visto crescere il suo potere nel partito a causa della fuga della destra del PD in area centrista. Casini fu preso (sarà) da un attacco di sconforto perché si trovò (troverà) in mezzo a un caravanserraglio di sigle, liste, frammenti e coriandoli che messi insieme non facevano presa fra loro.

Furono (saranno) interpellati sia dei futurologi che alcuni sismologi che però non vollero esprimere opinioni nette per timore di essere incriminati per mancato sisma o previsione inaccurata, per cui l’intera primavera passò in eterne consultazioni per stabilire se il premier lo dovesse fare Bersani o Monti. E quando si verificò uno smottamento al centro inclinato verso destra, Berlusconi reclamò la presidenza del Consiglio. Nel frattempo eravamo rimasti senza presidente della Repubblica, essendo decaduto Napolitano, per assoluta impossibilità a formare una maggioranza qualificata o alla peggio anche una maggioranza sfigata.

Le votazioni si svolsero per centouno giorni come la carica dei centouno (giorni) e non portarono ancora a nulla. L’Europa ci guardava e poi cominciò a guardare da un’altra parte perché si era stufata. Gli analisti ricordavano che tutto era dipeso dalla testarda decisione di Monti di governare senza accettare lo spareggio (nuovo termine politico del futuro ereditato dallo sport) con Bersani. Il mondo cattolico c’era rimasto male. Una lettera del papa era stata intercettata dai berlusconiani e subito pubblicata on line: “Non erano qvesti i patti, tofefate spattere fuori la Ciccielle e la Fiomme”.

Ma Monti ripeteva che lui mai e poi mai avrebbe alzato le mani su Bersani e su Casini. Però voleva governare. Vespa organizzò un match di pugilato simbolico fra Monti e Bersani, ma Mario si rifiutava di tirare la più piccola sberla, tanto che il segretario del PD fece ricorso a una delle sue più amate metafore: “Guarda Mario, che la gallina quando scende in pentola non è mica per fare l’idromassaggio, sai?”. Monti si era limitato a snocciolare le cifre di sei tabelle che aveva imparato poco prima dell’incontro. Fu organizzato anche un match Monti-Casini e questa volta a non voler combattere erano in due: Casini e Monti.

L’eccesso di bonaccia fra centro e sinistra, unito all’indecisione sulla poltrona principale e sul Quirinale, paralizzò (paralizzerà) la vita politica. Lo spread faceva su e giù come il singhiozzo e i mercati attaccavano l’Italia prendendoci sempre più gusto. Il Paese era ingovernabile per mancanza di chiarezza, di schieramenti e di competitori che intendessero competere per vincere. Il cappello cardinalizio non portò l’effetto sperato perché Monti insisteva (insisterà) ad indossarlo con il loden.

E così fu deciso che l’unica cosa certa era l’impossibilità e infatti nacque una corrente di pensiero favorevole all’impossibilità a condizione che fosse responsabile ed elegante. Nacquero (nasceranno) nuovi movimenti estetici ed etici (“il male non è poi tanto male, purché l’alito sia fresco”) che imposero ancora una volta il genio italiano al mondo. Una fuga di cervelli impazziti prese la va dell’America, del Brasile, della Cina, India e alcuni Paesi ancora non emersi dagli oceani ringalluzziti dal riscaldamento dell’Antartide.

Per tornare al voto fu necessario votare una riforma della Costituzione e nominare il presidente della Repubblica per sorteggio. Vinse il deputato Acciccanti che salì al Quirinale ma chiamò subito un taxi per fuggire dalla porta carraia. Il successivo eletto, anzi estratto, l’onorevole Mah, convocò i comizi elettorali e tutto ricominciò da capo. Ma ora i partiti in lizza erano ventotto, ciascuno con ottime probabilità di successo o di sparizione. Il centro dominava spappolandosi. Monti rifiutava di fare critiche a chiunque, salvo alcune raffiche di litoti e triple negazioni dedicate a Berlusconi che poi si sfogava apparendo in televisione quando si davano le previsioni del tempo. Sarano tempi duri, saranno tempi memorabili, a condizione che ci sia – ci sarà – ancora qualcuno dotato di memoria.

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Paolo Guzzanti