Consiglio Nazionale pdl: le cose certe
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Consiglio Nazionale pdl: le cose certe

Alla vigilia della decisiva riunione all'Eur ecco i punti fermi della "trattativa interna" al partito

La destra vince se è unita. La sinistra anche. Su questo non c’è dubbio. Ma in politica intervengono le incognite caratteriali, gli interessi personali che non sempre coincidono con quelli dei propri elettori o del proprio partito. E di elementi psicologici, anzi psico-drammatici, è piena la storia di Forza Italia e del Pdl. Su alcune cose possiamo però mettere la mano sul fuoco, in vista del Consiglio nazionale di domani e della resa dei conti tra falchi e colombe:

 - Chi decide per il Pdl, alla fine, è Berlusconi. Ma Berlusconi non prenderà mai a cuor leggero una decisione che porti a rompere il partito. Berlusconi è uno che per natura seduce e unisce, non divide. Quando è successo, con Fini e Casini, è stato perché era entrato in competizione diretta con loro per la leadership del centrodestra. Ma non c’è nessuno, oggi, nel Pdl, neanche Alfano, in grado di rendere incerta questa leadership (nonostante la decadenza che incombe, e l’incandidabilità). Berlusconi è pronto a fare ancora una volta una martellante, formidabile campagna elettorale.

- Neanche Alfano ha interesse a rompere. Sa perfettamente che fuori dal Pdl-Forza Italia sarebbe un pesce fuor d’acqua. Un fuoco fatuo. Una fiammata meno resistente di quella che ha comunque bruciato predecessori più robusti di lui. E sa che apparirebbe agli elettori del Pdl come un traditore, un transfuga, uno che scende a patti con la sinistra pur di tenere calda una seggiola ministeriale. Quindi Alfano, esattamente come Berlusconi, farà di tutto per conservare l’unità cercando di ottenere condizioni minime di coesistenza con lealisti e falchi. A cominciare dalla firma su conti e candidature. Perché al di là degli elettori, valgono le affiliazioni dei parlamentari eletti.

- Fitto è in una posizione tendenzialmente debole, proprio perché lealista. È l’unico per il quale una scissione da Berlusconi sarebbe impensabile, mentre sarebbe auspicabile (forse) la separazione dalle colombe. In fondo, a decidere per Fitto sarà comunque il Cavaliere. E Fitto dovrà piegarsi. Ma è anche forte, Fitto, perché la sua linea è più vicina e in sintonia con quella del Capo. 

Il problema vero sono i tempi della caduta del governo e della campagna elettorale. Alfano non può permettersi una scissione se il governo avrà corto respiro. Renzi, per quanto sia il più agguerrito avversario, è oggettivamente alleato, in questo, di Fitto e del Cavaliere.

Quando il governo cadrà, Berlusconi dovrà in ogni caso trovarsi all’opposizione. Forse, addirittura meglio se il Cavaliere passerà all’opposizione ben prima della caduta del governo. In questo caso, Renzi dovrebbe continuare a sostenere Letta mentre Berlusconi lo attaccherebbe ogni giorno su temi che solleticano la pancia degli italiani. O il loro progressivo dimagrimento.

La conclusione più probabile è che il governo cada e si vada al voto a marzo. Con Alfano e Fitto al fianco di Berlusconi. In un Pdl-Forza Italia contrapposto a un Pd che avrà ritrovato un’intesa basata su interessi elettorali tra Renzi segretario e il vecchio apparato con i suoi vecchi e nuovi portavoce, da D’Alema a Cuperlo.   

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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