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ANSA/FABIO FRUSTACI
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Di Maio: tutte le volte che il vicepremier ha fatto marcia indietro

Dall'ecotassa, all'Ilva ma anche lo sforamento del deficit, la Tav, la Tap e le Olimpiadi invernali

La tecnica della retromarcia in salsa grillina è più o meno sempre la stessa e vede nel vicepremierLuigi Di Maioil più abile protagonista.

Si tratta di non parlare per un po' di un tema caro al Movimento, lasciare che le cose accadano in maniera diversa da quella annunciata per poi incolpare gli altri della mancata promessa mantenuta.

Ecobonus

E' il caso di quanto sta accandendo, ad esempio, in merito all'argomento ecobonus sì, ecobonus no. Il Ministro per lo sviluppo economico, ospite di Mattino Cinque, ha dichiarato: "Non ci sarà nessuna tassa sull’auto delle famiglie degli italiani: né nuove, né in uso. Sarà solo un ecobonus sulle auto elettriche, ibride e a metano, perché ci sono città ostaggio dell'inquinamento. Dobbiamo iniziarela rivoluzione della mobilità in Italia".

Un'autentica retromarcia su uno dei tanti cavalli di battaglia azzoppati dei M5S , cioè quello della lotta senza quartiere alle auto a benzina.

Il cosiddetto ecobonus tanto voluto da Di Maio e i suoi per stimolare l'uso di auto elettriche e la rottamazione delle vecchie macchine, è (si legge nel testo della manovra economica) un'imposta parametrata al numero di grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro (CO2 g/km) che superano la soglia di 110.

In questa fascia, però, vanno a ricadere soprattutto le utilitarie, cioè le vetture più utilizzate dalle famiglie medie. E' stato calcolato che per circolare con una Panda 1.2 si sarebbe dovuta versare una tassa di 300 euro.

Fatti due conti Di Maio deve avere capito che sarebbe stato molto più conveniente fare slalom attorno alla ecotassa trasformandola da balzello per gli italiani a incentivo per chi voglia muoversi in maniera ecologica piuttosto che perdere consensi.

Il problema è che nella manovra emandata dalla Camera l'ecotassa c'è eccome. Si tratta del comma 611 che ribadisce gli oneri per chi supera soglia 110.

Il documento, in pieno iter di approvazione, dovrebbe quindi essere emendato sebbene nella scheda tecnica si legga che a prendere in considerazione i dati delle immatricolazioni del 2017 oltre la metà delle auto vendute sarebbero soggette al malus per un ricavo di 374 milioni che finirebbero nelle casse dello Stato.

Un bottino di cui Di Maio avrebbe bisogno anche per portare avanti le altre battaglie grilline che rischiano di trasformarsi in un nulla di fatto: dal reddito di cittadinanza a quota 100.

Il senso di smarrimento politico e tecnico del vicepremier è tangibile in innumerevoli occasioni in quel suo personale modo di porsi del "non sapevo che le cose andavano così: non è colpa mia".

Il caso Ilva

E' successo, ad esempio, con l'Ilva la cui sbandierata chiusura aveva portato centinaia di voti nei forzieri pentastellati. Il polo siderurgico tarantino è, però, ancora aperto e le famose migliorie ambientali non sono state apportate perché, secondo Di Maio, "Le proposte migliorative del piano ambientale non sono ancora soddisfacenti".

Ancora Di Maio ha parlato di "delitto perfetto" in merito all'Ilva in quanto, secondo il Ministro dello Sviluppo economico, la stratificazione delle responsabilità e dei vizi formali attribuiti ai precedenti governi determina lo stallo della risoluzione dei problemi dello stabilimento siderurgico.

La TAP

Lo stesso per la questione TAP. Mentre il superomismo connaturato all'ideologia pentastellata era certo di poter fermare, solo, lavori che coinvolgono più nazioni e movimenti di denaro da miliardi di euro Di Maio, entrato a Palazzo Chigi, ha capito che quella del movimento sarebbe stata una battaglia senza possibilità di vittoria e ha abbassato il capo davanti a poteri molto più forti del suo dicendo agli agguerriti abitanti di Melendugno che il gasdotto Trans-Adriatico sarebbe passaro proprio dal giardino di casa loro.

La TAV e le Olimpiadi

Per fortuna che, al momento, Gigino ha ottenuto per lo meno la sospensione dei lavori per la Tav. Perché anche lo stop alla linea d'alta velocità Torino Lione è uno dei cavalli di battaglia storici dei 5 Stelle.

Tra sospensive, studi di fattibilità e ridiscussione del progetto si è preso un po' di tempo, ma la verità è che a non costruire la Tav ci perderebbero un po' tutti e forse anche Dimma inizia a prenderne consapevolezza così come ha capito che sostenere il sindaco Appendino sulla candidatura di Torino come unica sede dei giochi olimpici invernali del 2016 sarebbe stato un suicidio politico a fronte della forza del colosso lombardo veneto a guida leghista.

Un passo avanti e due indietro

La forza del Movimento anti sistema per antonomasia, quello pentastellato, è sempre stata quella di essere contro e di rottura, ma se urlare slogan e fare propaganda rende forti e credibili, governare significa soprattutto tessere la trama di un intreccio di compromessi, conti che non tornano, risposte da dare agli alleati, alle imprese, ai lavoratori e a tutto l'elettorato.

Una volta entrati a Palazzo Chigi l'unica forza con cui prendersela per Di Maio e i suoi, resta l'Europa e infatti il vicepremier quando non sa più contro chi puntare il dito lo indirizza all'EU.

Come nel caso del deficit. Se i sogni nel cassetto del governo giallo verde dovessero infrangersi sarebbe tutta colpa dell'Europa, la cattiva maestra che non concede all'Italia di sforare il deficit del 2% e di rimanere per un biennio al 2,04%  per poi rietrare nei parametri. L'UE chiede di più nonostante l'Italia sia passata dalla richiesta di accettare lo sforamento del 2,4% a quello dello 2,04%.

Bruxelles continua a non capire come potrebbe rientrare nel debito l'Italia visto che le riforme cui punta il governo per rimettere in moto l'economia sono strutturali e non transitorie. Si tratta per l'appunto del reddito di cittadinanza e delle pensioni, di soldi che, insomma, andrebbero inseriti dell'elenco delle spese fisse del governo, non di quelle occasionali. 

A trattare con L'Europa adesso c'è il premier Conte che, secondo Di Maio, starebbe facendo un ottimo lavoro.

Se le cose, però, anche in quel caso dovessero andare male con l'apertura della temuta procedura d'infrazione a carico dell'Italia Di Maio e i suoi avrebbero un nuovo capro espiatorio cui dare la colpa delle uova rotte nel paniere.

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Barbara Massaro