Depenalizzare la diffamazione: la battaglia sbarca in Europa
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Depenalizzare la diffamazione: la battaglia sbarca in Europa

Il testo delle due interrogazioni che Licia Ronzulli presenterà al Consiglio e alla Commissione

 

«Prevedere la reclusione per il reato di diffamazione impedisce la completa realizzazione del principio di libertà di espressione, con gravi ripercussioni sull'efficacia dei mezzi di comunicazione in tutta Europa. Quali iniziative concrete intende portare avanti la Commissione Europea per sensibilizzare gli Stati membri sull'importanza di approvare norme equilibrate in materia, in grado di garantire piena libertà di espressione e, al contempo, la tutela dell'onore dei soggetti coinvolti? Quali azioni ha intenzione di portare avanti la Commissione Europea affinché gli Stati Membri possano adottare spontaneamente linee guida comuni che depenalizzino il reato di diffamazione?»

Questo il passaggio centrale dell’interrogazione alla Commissione Europea che la parlamentare europea Licia Ronzulli (Gruppo del Partito popolare europeo)  presenterà nei prossimi giorni,  accompagnata da 40 firme di altrettanti parlamentari, per chiedere un dibattito parlamentare congiunto sulla «depenalizzazione della diffamazione» con richiesta di risoluzione da votarsi nel corso della Sessione plenaria del Parlamento Europeo del prossimo 1° luglio. Ronzulli depositerà un’analoga interrogazione al Consiglio Europeo per inserire il punto nell'agenda del prossimo consiglio dei ministri della giustizia. «Sono iniziative», spiega Ronzulli a Panorama.it, «volte a sensibilizzare le massime istituzioni europee su un tema sul quale è già intervenuta a più riprese la Corte europea dei diritti dell’uomo affermando chiaramente che la reclusione per il reato di diffamazione è sproporzionata e dannosa per la società democratica». La parlamentare del Pdl chiederà che «si apra un ampio dibattito, che porti all’adozione di una risoluzione del Parlamento europeo, affinché in tutti i paesi membri dell’Unione Europea si affermi una legislazione equilibrata che tuteli la libertà di espressione evitando l’adozione di misure eccessivamente rigide e punitive per i giornalisti».

 

IL TESTO DELLE DUE INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO E ALLA COMMISSIONE EUROPEA
 

 

Al Consiglio Europeo:
«Ancora troppi Paesi Membri dell'Unione Europea adottano nei confronti del reato di diffamazione normative eccessivamente rigide e punitive. In Francia, ad esempio, è previsto il carcere nel caso in cui la persona offesa appartenga a una categoria specifica stabilita dalla legge, causando delle discriminazioni pesantissime e creando una  tutela “a due velocità” dell'onore dei cittadini. Allo stesso modo la Germania prevede pene detentive che possono elevarsi fino a cinque anni, e in Spagna fino a due anni. In Italia negli ultimi mesi due direttori di giornale sono stati condannati a pene detentive poiché dichiarati colpevoli del reato di diffamazione o omesso controllo.

In particolare il 26 settembre 2012 al direttore Alessandro Sallusti è stata comminata la pena di 14 mesi di reclusione per diffamazione mentre il 23 maggio 2013 il direttore Giorgio Mulè è stato condannato a 8 mesi di carcere, senza sospensione condizionale della pena, per il reato di omesso controllo, cosi come i giornalisti Andrea Marcenaro e Riccardo Arena condannati a un anno di reclusione.

Lo scorso 29 maggio il rappresentante per i Media dell'OSCE, Dunja Mijatovic ha affermato la necessità anche per l'Italia di intervenire per una rapida riforma della legge, depenalizzando il reato di diffamazione. La stessa rappresentante ha sottolineato che in una moderna democrazia nessuno dovrebbe essere imprigionato per quello che scrive. Sul tema in più di un’occasione anche la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha sentenziato che la reclusione per il reato di diffamazione è sproporzionata e dannosa per una società democratica, ricordando che i tribunali civili sono del tutto in grado di rendere giustizia a chi si ritiene danneggiato nella propria reputazione. Prevedere la reclusione per il reato di diffamazione impedisce la completa realizzazione del principio di libertà di espressione, con gravi ripercussioni sullefficacia dei mezzi di comunicazione in tutta Europa. Alla luce di quanto affermato, intende il Consiglio Europeo avviare immediatamente un dibattito sul tema e discuterlo in occasione del prossimo Consiglio Europeo dei Ministri della Giustizia? Quali iniziative ha intenzione il Consiglio Europeo di portare avanti per invitare i Paesi Membri a depenalizzare dal punto di vista penale il reato di diffamazione?».

 

Alla Commissione Europea
«Ancora troppi Paesi Membri dell'Unione Europea adottano nei confronti del reato di diffamazione normative eccessivamente rigide e punitive. In Francia, ad esempio, è previsto il carcere nel caso in cui la persona offesa appartenga a una categoria specifica stabilita dalla legge, causando delle discriminazioni pesantissime e creando una  tutela “a due velocità” dell'onore dei cittadini. Allo stesso modo la Germania prevede pene detentive che possono elevarsi fino a cinque anni, e in Spagna fino a due anni. In Italia negli ultimi mesi due direttori di giornale sono stati condannati a pene detentive poiché dichiarati colpevoli del reato di diffamazione o omesso controllo.

In particolare il 26 settembre 2012 al direttore Alessandro Sallusti è stata comminata la pena di 14 mesi di reclusione per diffamazione mentre il 23 maggio 2013 il direttore Giorgio Mulè è stato condannato a 8 mesi di carcere, senza sospensione condizionale della pena, per il reato di omesso controllo, cosi come i giornalisti Andrea Marcenaro e Riccardo Arena condannati a un anno di reclusione.

Lo scorso 29 maggio il rappresentante per i Media dell'OSCE, Dunja Mijatovic ha affermato la necessità anche per l'Italia di intervenire per una rapida riforma della legge, depenalizzando il reato di diffamazione. La stessa rappresentante ha sottolineato che in una moderna democrazia nessuno dovrebbe essere imprigionato per quello che scrive. Sul tema in più di un’occasione anche la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha sentenziato che la reclusione per il reato di diffamazione è sproporzionata e dannosa per una società democratica, ricordando che i tribunali civili sono del tutto in grado di rendere giustizia a chi si ritiene danneggiato nella propria reputazione. Prevedere la reclusione per il reato di diffamazione impedisce la completa realizzazione del principio di libertà di espressione, con gravi ripercussioni sull’efficacia dei mezzi di comunicazione in tutta Europa.

Alla luce di quanto affermato, quali iniziative concrete intende portare avanti la Commissione Europea per sensibilizzare gli Stati membri sull'importanza di approvare norme equilibrate in materia, in grado di garantire piena libertà di espressione e, al contempo, la tutela dell'onore dei soggetti coinvolti? Quali azioni ha intenzione di portare avanti la Commissione Europea affinché gli Stati Membri possano adottare spontaneamente linee guida comuni che depenalizzino il reato di diffamazione?»

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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