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Putin ordina la tregua di Natale (ortodosso) mentre circolano voci sulla sua salute

Conflitto fermo per 30 ore anche se l'Ucraina denuncia una manovra propagandistica. Intanto si continua a discutere sulle reali condizioni del presidente russo

Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato al ministro della Difesa Serghei Shoigu il cessate il fuoco lungo tutta la linea del fronte in Ucraina dalle 12.00 del 6 gennaio 2023 alla mezzanotte del 7 gennaio 2023, in coincidenza con le celebrazioni della Veglia e del Natale per gli ortodossi. Lo ha annunciato il Cremlino, secondo quanto riportano le agenzie russe. «Chiediamo anche alla parte ucraina di dichiarare un cessate il fuoco e consentire ai cittadini di partecipare alle funzioni natalizie» si legge nella dichiarazione.

Ieri mattina era stato il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie (già agente del KGB), Vladimir Michajlovič Gundjaev, meglio noto come Cirillo I a chiedere «una tregua natalizia in modo che gli ortodossi possano assistere alle funzioni della vigilia di Natale e del giorno della Natività di Cristo». Alla sua richiesta Kiev ha reagito descrivendola come «una trappola cinica e di propaganda». Un consigliere presidenziale ucraino all'agenzia di stampa Reuters ha dichiarato che «la Russia deve lasciare il territorio ucraino che occupa, solo così si avrà un cessate il fuoco temporaneo» e ha aggiunto riferendosi a Vladimir Putin: «Tieni per te l'ipocrisia».

Su Twitter il consigliere presidenziale Mikhaylo Podolyak ha commentato così le decisioni russe: «L'Ucraina distrugge solo i membri dell'esercito di occupazione sul proprio territorio Secondo: la Federazione russa deve lasciare i territori occupati, solo allora avrà una tregua temporanea. Tenetevi la vostra ipocrisia». A questo proposito il presidente turco Recep Tayyip Erdogan durante un colloqui telefonico avuto con il presidente ucraino ha affermato che «la Turchia è pronta a mediare per ottenere una pace duratura tra Russia e Ucraina» e secondo l’agenzia stampa Anadolu in precedenza Erdogan ha fatto lo stesso con Vladimir Putin. Ma come sta il presidente russo? In un'intervista trasmessa dal canale televisivo americano ABC lo scorso 4 gennaio, Kyrylo Boudanov direttore del Golovnye Upravlenya Rosvidky (GUR) l'intelligence militare ucraina, ha assicurato che il presidente russo «sta morendo perché malato di cancro».

Durante l’intervista, la giornalista Britt Clennett gli chiede: «Putin è malato terminale?», «Naturalmente é malato da molto tempo» risponde Budanov. A quel punto la giornalista di ABC lo incalza «Di cosa e quando morirà? «Pensiamo sia cancro e io credo che morirà presto e lo spero» risponde Kyrylo Boudanov che è anche convinto che alla morte del presidente russo «sarà rimpiazzato, con un trasferimento di poteri». Poi dopo aver spiegato che «questa guerra dovrebbe finire prima che Putin muoia» ha rivelato che queste informazioni arrivano da «da fonti umane, vicine alla situazione e questa guerra deve finire prima della sua morte. Vinceremo nel 2023».

Dall’inizio del conflitto sono circolate molte voci sullo stato di salute di Vladimir Putin. Secondo i funzionari dell'intelligence americana, l'ex ufficiale del KGB è stato sottoposto a cure per un cancro in stato avanzato nell'aprile 2022. L'ex deputata britannica Louise Mensch ha assicurato che Vladimir Putin soffrirebbe del morbo di Parkinson dal 2020. Altre fonti gli attribuiscono il cancro alla tiroide e una serie di malattie autoimmuni. Nessuna di queste ipotesi fino ad oggi è stata confermata e il Cremlino le ha sempre smentite e lo stesso ha fatto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov che nel maggio scorso aveva smentito queste voci, affermando in un comunicato: «Non credo che chiunque abbia la testa lucida possa vedere in Vladimir Putin segni di una malattia o di qualsiasi disturbo».

Solo qualche giorno fa i servizi segreti militari danesi in un report hanno parlato della salute del presidente russo affermando che «non ha una malattia incurabile, ma forti dolori cronici». Secondo l’intelligence militare danese Putin prima dell’inizio della guerra «era in cura per una forma di cancro e questo potrebbe avere influenzato la sua decisione». Come raccontato dall’ Ukrainska Pravda non è la prima volta che i servizi segreti danesi si occupano di Putin e della sua salute tanto che nel rapporto annuale 2021 davano per «molto probabile» un altro mandato di Putin dopo le elezioni presidenziali nel 2024. Ora i servizi militari danesi hanno ricalibrato la loro posizione affermando che la conferma di Putin alla presidenza fino al 2029 sia solo «probabile» aggiungendo che «la nostra più grande incertezza riguarda la sua salute, o se qualcuno lo rimuoverà a causa della sua salute cagionevole».

Per la dottoressa Cristina Brasi psicologa, criminologa forense e analista comportamentale, «da settembre ad oggi non si sarebbero rilevati particolari cambiamenti a livello comportamentale. Il profilo di Vladimir Putin parrebbe essersi stabilizzato col riemergere delle componenti di natura pragmatica. L’essere umano non è semplicemente il veicolo delle proprie pulsioni e neppure l’inconsapevole esecutore di qualche copione preordinato, bensì è un agente attivo e, in questo momento, il Presidente si coglierebbe come tale. Fattori personali interni a ogni individuo (eventi cognitivi, affettivi, biologici), il proprio comportamento e l’ambiente di appartenenza divengono fattori causali interagenti che si influenzano reciprocamente ed è qui che sarebbe fondamentale la capacità umana di intervenire sulla realtà definita come «agentività della persona» (ovvero la capacità del singolo di far accadere gli eventi).

L’elemento che attualmente giocherebbe un ruolo fondamentale sarebbe ravvisabile nella differenziazione tra l’essere e il cogliersi agente. L’importanza di tale differenziamento è essenziale in quanto andrebbe ad influire significativamente sul senso di autoefficacia. Il senso di autoefficacia corrisponde alle convinzioni circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati». Ma quindi le convinzioni che le persone nutrono sulle proprie capacità hanno un effetto profondo su queste ultime? «Sì, chi è dotato di autoefficacia, come nel caso di Vladimir Putin, si riprende dai fallimenti riuscendo a rifocalizzarsi e pensando a come fare a gestire situazioni anche apparentemente fuori controllo, concentrandosi su cosa si può fare e non su cosa potrebbe eventualmente non funzionare.

Ad oggi Putin sarebbe consapevole di non poter essere totalmente agente, ragion per cui, non potendo accedere ad una base di totale sicurezza, è conscio della possibilità che la psiche possa mettere in atto numerose manovre difensive. Ed è qui che interverrebbe il cogliersi agente, al fine di evitare che tali processi abbiano luogo. Putin sarebbe assolutamente in grado di riconoscere i propri processi mentali che procedono autonomamente, così come sarebbe in grado di comprendere come essi agiscano, consentendogli di inserire una scelta intenzionale nei processi automatici, permettendogli il controllo della situazione». Questo probabilmente è reso possibile dal fatto che costantemente addestrato al porre l’attenzione sul processo di analisi dell’informazione? «Questo gli consentirebbe di avere consapevolezza dei propri bias cognitivi, ossia quelle distorsioni che le persone attuano inconsapevolmente nella valutazione di fatti ed eventi.

E sarebbe proprio la consapevolezza dei propri processi automatici a rendere possibili interventi di controllo e interventi di esposizione o meno agli stimoli situazionali. Si consideri difatti che le persone, attraverso i meccanismi di agentività personale, contribuiscono a determinare il loro funzionamento psicosociale. E nessun meccanismo di agentività è più importante o pervasivo delle condizioni di autoefficacia. Se i processi sono altamente automatizzati e sono diventati inconsapevoli, possono funzionare per conto proprio anche se si è consciamente impegnati in qualcos’altro. Una chiara differenziazione tra intenzione, consapevolezza, controllo ed efficienza, consentirebbero al leader di mettere in atto importanti cambiamenti rispetto alla capacità attentiva nelle situazioni di pressione o in cui è chiesto un intervento decisionale».

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Stefano Piazza