Lo scandalo dei documenti classificati trovati a Biden porta a nuove domande
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Lo scandalo dei documenti classificati trovati a Biden porta a nuove domande

Lo scandalo dei documenti si aggrava di giorno in giorno. E la figura del figlio del presidente, Hunter Biden, continua a fare capolino

Joe Biden è sempre più in imbarazzo, dopo che sono stati trovati documenti classificati, risalenti all'amministrazione Obama, in un suo ex ufficio di Washington e nella sua abitazione privata a Wilmington. E, nel mezzo della bufera politica scatenatasi negli scorsi giorni, inizia sempre più insistentemente a fare capolino una figura: quella di suo figlio, Hunter.

Secondo quanto rivelato il 18 gennaio dal Washington Post, l’assistente esecutiva dell’allora vicepresidente americano, Kathy Chung, avrebbe confidato ai suoi colleghi di temere di essere lei stessa la responsabile, per quanto inavvertitamente, del trasferimento indebito di documenti classificati nell’ufficio dello stesso Joe Biden a Washington. Ricordiamo che questo ufficio appartiene al Penn Biden Center: un think tank che fa capo all’Università della Pennsylvania. Un ateneo, quest’ultimo, che, a partire dal 2014, ha ricevuto oltre 77 milioni di dollari in finanziamenti da parte della Repubblica popolare cinese. Non è un caso che, pochi giorni fa, la commissione Sorveglianza della Camera dei rappresentanti abbia chiesto di visionare i registri di coloro che hanno avuto accesso all’ufficio, avviando anche un’indagine su eventuali infiltrazioni straniere all’interno di questo stesso think tank.

D’altronde, Joe Biden usò quell’ufficio tra il 2017 e il 2019, appena prima, cioè, di candidarsi alla nomination presidenziale del Partito democratico. È interessante a tal proposito notare come l’anno scorso il Washington Post abbia riferito che, proprio tra il 2017 e il 2018, Hunter avesse ricevuto 4,8 milioni di dollari dall’allora colosso energetico cinese Cefc: conglomerato che intratteneva legami con l’Esercito popolare di liberazione. Ebbene, un aspetto indubbiamente rilevante risiede nel fatto che fu proprio Hunter a raccomandare Kathy Chung per il ruolo di assistente del padre nel 2012: ruolo che la diretta interessata ha mantenuto fino alla fine del mandato vicepresidenziale di Biden (al momento la diretta interessata è vicedirettore del protocollo al Pentagono).

Non solo: come raccontato da Fox News, Hunter e Kathy Chung si sono spesso scambiati email, mentre costei lavorava a fianco del padre alla Casa Bianca durante l’amministrazione Obama. Ne consegue che Hunter intratteneva stretti legami con una figura che aveva accesso a documenti classificati e che non esclude oggi proprie responsabilità nel trasferimento di questi incartamenti nell’ufficio di Joe Biden a Washington. E attenzione: secondo lo stesso Washington Post, la Chung è stata interrogata, lo scorso 4 gennaio, dal team investigativo di John Lausch, il procuratore federale incaricato dal Dipartimento di Giustizia di effettuare un’indagine preliminare sui documenti classificati, trovanti nei locali privati dell’attuale presidente americano. Quello stesso Lausch che ha alla fine dato parere favorevole alla nomina di un procuratore speciale: nomina arrivata la settimana scorsa da parte del Dipartimento di Giustizia.

La situazione complessiva non è il massimo della trasparenza. Non solo perché Hunter è un privato cittadino, ma anche in ragione dei suoi controversi affari a livello internazionale. Da una parte, come abbiamo visto, ci sono i legami con Pechino. Dall’altra, non dobbiamo trascurare quelli con l’Ucraina. Era il 2014, quando Hunter entrò infatti nella controversa azienda energetica ucraina Burisma, nelle stesse settimane in cui il padre - da vicepresidente degli Stati Uniti - iniziava a sovrintendere alle relazioni tra Washington e Kiev. Ora, sarà un caso: ma la Cnn ha rivelato che i documenti classificati rinvenuti nell’ufficio di Washington conterrebbero note d’intelligence relative a Regno Unito, Iran e Ucraina. A tutto questo andrebbe infine aggiunto che, stando al New York Post, il figlio dell’attuale presidente avrebbe soggiornato “di tanto in tanto” nella dimora di Wilmington. Non a caso, la commissione Sorveglianza della Camera aveva recentemente chiesto di ottenere i registri dei visitatori di questa abitazione nell'arco temporale che va dal 20 gennaio 2021 a oggi: una richiesta a cui la Casa Bianca ha tuttavia risposto picche, sostenendo che tali registri non esisterebbero.

Insomma, le stranezze si accavallano. E risuona intanto una domanda a cui bisognerà dare prima o poi una riposta: i documenti classificati ritrovati contengono informazioni in qualche modo collegate a Hunter Biden?

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Stefano Graziosi