Yara Gambirasio
Ufficio stampa Carabinieri
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Yara, ecco tutti i dubbi sulle prove del dna

Le tracce di Bossetti e quelle di una seconda persona in una perizia di 113 pagine, che solleva molti interrogativi

La prova del dna contro Massimo Bossetti non è in discussione. Lo afferma la procura di Bergamo. Il procuratore capo Francesco Dettori, rompendo il suo tradizionale silenzio, entra nella diatriba deflagrata con la relazione di Carlo Previderè, genetista dell'università di Pavia, perito del pubblico ministero, che ha analizzato le formazioni pilifere repertate sul corpo di Yara Gambirasio nel campo di Chignolo d'Isola. Il consulente dell'accusa, nel suo lavoro, ha riscontrato e denunciato alcune anomalie nel processo che ha portato all'individuazione di Ignoto Uno, cioè Massimo Bossetti, l'operaio di Mapello che, proprio per quel dna, è in carcere dal 16 giugno scorso con l'accusa di aver ucciso la piccola ginnasta di Brembate di Sopra. Centotredici pagine che, col difficile e severo linguaggio della scienza, denunciano, se non errori, certo anomalie. Vediamole, facendo un passo indietro. 


La confusione sul dna

Il dna che ha portato in carcere Bossetti è stato estratto dal Ris dei carabinieri da una traccia mista scoperta sugli slip di Yara, proprio in corrispondenza di una delle nove ferite da taglio che l'hanno raggiunta. È una traccia mista, si è detto. Quindi, per prima cosa, occorre separarla: da una parte Yara, dall'altra Ignoto 1. Nel farlo, gli esperti del Ris stimano che quella traccia sia composta per quattro quinti dal materiale biologico (forse sangue) di Ignoto 1 e, solo per un quinto, dal sangue di Yara. Previderè, invece, scopre e certifica che le proporzioni vanno invertite: quella traccia contiene 4/5 di Yara e solo 1/5 di Ignoto 1. E fin qui, pur nel dubbio sui motivi di questa diversa valutazione, poco cambia per la posizione di Massimo Bossetti. II problema, semmai, emerge in seguito. 

Altro errore, questo ingiustificabile, è che nei laboratori dell'università di Tor Vergata, pure consulente della procura, sia stato, per due anni, confrontato il dna mitocondriale di Ignoto 1 con il dna di Yara e non, come era negli intenti, con le donne originarie delle valli bergamasche tra le quali si sospettava si nascondesse la madre di Ignoto 1. Due anni preziosi per le indagini. 

Tracce di un'altra persona

Inoltre, il Ris dei carabinieri aveva proceduto con l'estrazione del dna nucleare, quello che individua con la massima precisione un individuo, e solo lui, in tutto il pianeta. Quel dna nucleare, estratto dagli slip di Yara, combacia perfettamente con quello di Massimo Bossetti. È lui Ignoto 1. Viene poi esaminato e riesaminato il dna mitocondriale, quello cioé che, nella cellula, sta attorno al nucleo e trasmette all'individuo le informazioni genetiche da parte materna. E qui, misteriosamente, Bossetti scompare. Anzi, compare proprio un'altra persona, uno sconosciuto con un profilo genetico ben individuato. Eppure, dicono alcuni autorevoli scienziati, il patrimonio genetico di un soggetto, composto da dna nucleare e dna mitocondriale, è un unicum. Esistono, è vero, fenomeni del genere in natura (eteroplasmia, chimerismo), ma riguardano tessuti diversi dello stesso soggetto, tipo sangue e urina, ma si tratta comunque di eccezioni. Per fugare ogni dubbio basterebbe prelevare dall'indagato dei campioni biologici di altri tessuti (non il liquido seminale, escluso già a suo tempo dal Ris) per verificare se, incidentalmente, lui stesso, nel compiere il delitto che gli viene attribuito, abbia mischiato le proprie tracce. E comunque, ciò che emerge chiaramente, è che nella traccia trovata sugli slip d Yara appare un'altra persona, mai individuata. Chi è? Un complice di Bossetti? O magari il vero assassino?


La tesi della difesa

Su queste domande pesa un'altra scoperta del dottor Previderè. L'originaria traccia di dna nucleare che ha portato all'identificazione di Massimo Bossetti si è esaurita. Una tesi che era già stata avanzata ma che ora viene confermata. Quindi, posto che Bossetti non compare nel dna mitocondriale estratto dalla traccia degli slip, resta in piedi la prova del dna nucleare. Ma se si volesse ripeterla in sede processuale non sarebbe più possibile. La procura di Bergamo non affidò l'incarico al Ris con la formula dell'accertamento irripetibile; non vennero cioè convocate le parti: l'allora indagato Mohammed Fikri e, pare, nemmeno la famiglia Gambirasio, parte lesa. Su questo aspetto pende in Cassazione un ricorso del legale di Massimo Bossetti, l'avvocato Claudio Salvagni. Il verdetto della Suprema Corte è atteso per il 25 febbraio. Se venisse accolta la tesi della difesa, quella prova, quel dna, non potrebbe essere portato in aula a corroborare la altrimenti debole tesi accusatoria, e il processo sarebbe puramente indiziario


Il ragionevole dubbio

Senza entrare nel merito di quello che può sembrare un cavillo giuridico - ma di straordinaria valenza - il procuratore capo di Bergamo, Francesco Dettori, si esprime soltanto sulla valenza scientifica delle ultime scoperte dell'accusa. E afferma: "Sulle notizie apparse sui mezzi di comunicazione di massa in ordine alla valenza probatoria del dna repertato e utilizzato nel processo a carico di Massimo Giuseppe Bossetti, mettendola in qualche modo in discussione e incentrando le relative critiche sulla distinzione tra dna mitocondriale e dna nucleare, la procura ribadisce che tale profilo è stato già oggetto di ampia e approfondita valutazione in sede di accertamenti tecnici, con i risultati ampiamente conosciuti e che tali evidentemente rimangono". 

Replica l'avvocato Claudio Salvagni che le affermazioni attribuite al procuratore capo sono "emblematiche dell'operato della Procura e della palese difficoltà, per evidenti motivi, nell'ammettere gli evidenti e già acclarati errori compiuti". Per la difesa di Bossetti, insomma, ce n'è abbastanza per parlare di ragionevole dubbio, quel ragionevole dubbio che, in teoria, dovrà essere fugato a processo. Altrimenti, quella che è già stata definita l'inchiesta dei record, rischia di franare per gli inspiegabili errori di qualcuno. 

ANSA/ UFFICIO STAMPA POLIZIA
Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio

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Giorgio Sturlese Tosi

Giornalista. Fiorentino trapiantato a Milano, studi in Giurisprudenza, ex  poliziotto, ex pugile dilettante. Ho collaborato con varie testate (Panorama,  Mediaset, L'Espresso, QN) e scritto due libri per la Rizzoli ("Una vita da  infiltrato" e "In difesa della giustizia", con Piero Luigi Vigna). Nel 2006 mi  hanno assegnato il Premio cronista dell'anno.

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