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Vaccini: scatta la questione "privacy" nelle scuole

L'associazione Comilva ha inviato agli istituti una lettera per tutelare i bambini discriminati dalle irregolarità nel trattamento dei dati sensibili

A circa dieci giorni dall'inizio dell'anno scolastico, è emerso un altro problema legato all'entrata in vigore della legge sui vaccini, la n. 119 del 31 luglio 2017: la questione relativa al trattamento dei dati sensibili. In una parola: privacy. Anzi, violazione della privacy.

In neppure due settimane dal suono della prima campanella, infatti, sarebbero state rilevate da Nord a Sud Italia, situazioni talmente gravi da costringere l'associazione Comilva (Coordinamento del movimento italiano per la libertà delle vaccinazioni) ad inviare a tutti gli istituti scolastici una lettera con la quale sollecita i dirigenti al rispetto della Legge Lorenzin sulla raccolta e conservazione dei dati, e nel caso questo non avvenisse, comunica che è pronta a far scattare una denuncia penale e civile nei confronti dei trasgressori.

E secondo i legali dell'associazione, i presupposti normativi ci sono.

Gravi violazioni della privacy

In sostanza, se i genitori dovessero rivelare delle irregolarità nella conservazione e trattamento dei dati sensibili o atteggiamenti discriminatori nei confronti dei figli, potranno portare in giudizio l'insegnante, il bidello o il dirigente che se ne è reso responsabile in base al Decreto legislativo 196/2003 e ai dettami della Carta dei Diritti di Nizza.

?La decisione si è resa necessaria dopo aver ricevuto diverse segnalazioni di palesi violazioni della normativa sulla privacy e della stessa Legge 119 da parte di istituti per l'infanzia dove le buste non sono state aperte, come prevede la normativa, dai dirigenti scolastici o dal responsabile dei servizi educativi, bensì da insegnanti e bidelli - denuncia a Panorama.it, l'avvocato Marzia Tucci, portavoce di Comilva ?" non solo, in altre strutture scolastiche si sono verificate violazioni ancora più gravi?.

Secondo quanto denuncia il legale, il personale amministrativo avrebbe consegnato ai collaboratori scolastici e agli insegnanti degli elenchi con i nominativi dei bambini per poter richiedere pubblicamente ai genitori di quelli non vaccinati o parzialmente vaccinati, di procedere o completare l'iter vaccinale portando poi, a scuola, la relativa documentazione.

?In un caso addirittura la bidella avrebbe persino suddiviso i bambini tra vaccinati e non vaccinati - prosegue Tucci - Le richieste in pubblico, ovvero gli stati di condivisione che inducono una intera classe a conoscere lo stato vaccinale degli alunni parzialmente immunizzati o non immunizzati sono da considerarsi, in base alla legge, lesivi dell'onore del minore?.

Le informazioni sullo stato vaccinale dei bambini acquisite dall'istituto scolastico per ammissione della famiglia o per informazione acquisita dalla ASL territoriale, dovranno essere considerate riservate e confidenziali, anche in base a quanto statuito dalla Carta dei diritti di Nizza che identifica tali informazioni come ?fondamentali? essendo ?dati suscettibili di interesse soggettivo? e  quindi inerenti la ?persona?.

Perché è importante

?Non dobbiamo dimenticare che da momento in cui viene reso pubblico il suo stato vaccinale, quel bambino sarà considerato dal resto della classe come ?diverso?- continua Tucci- una ghettizzazione assurda che peraltro avverrebbe per una scelta sociale posta in essere dalla famiglia di appartenenza nel pieno rispetto dei diritti genitoriali previsti dalla normativa vigente?.

L'associazione Comilva precisa che, con questa lettera, non vuole arrecare danni al personale docente e non, ma desidera semplicemente comunicare che nel caso venisse perpetrato un illecito o venisse leso l'onore dei bambini, si avvarrà di tutte le armi civilistiche e penalistiche che l'ordinamento italiano ha delineato ?senza limitazione alcuna?.

 ?I genitori che, in queste settimane, stanno cercando di colloquiare con le Asl per poter operare una scelta sicura e consapevole in ambito vaccinale non possono e non devono anche preoccuparsi che i figli vengano discriminati, peraltro proprio nel luogo in cui si dovrebbe insegnare la non discriminazione - conclude Tucci - Le scuole italiane sono frequentate da bambini affetti da malattie infettive quali Aids ed epatite ma nessuno ne è a conoscenza proprio per la tutela che viene loro riservata. Perché, dunque, non attuare lo stesso trattamento in questa circostanza??.

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Nadia Francalacci