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Tutti i terroristi arrestati in Italia nel 2016

Hamil Mehdi, il marocchino preso il 25 gennaio non è l'unico in carcere con l'accusa di essere un foreign fighter. In tutto sono sei, ecco le loro storie

"Sono andato in Turchia solamente per pregare". Questa sua dichiarazione non ha convinto gli uomini della Digos che ormai da moltissimi mesi stavano conducendo su di lui indagini serratissime. Le intercettazioni, i pedinamenti, le analisi dei contatti telematici e dei suoi spostamenti, hanno portato questa mattina in carcere con l’accusa di di autoaddestramento ai fini di terrorismo, Hamil Mehdi, un marocchino di 25 anni con l’accusa di essere un foreign fighters.

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Hamil Mehdi era residente a Luzzi, in piccolo paese in provincia di Cosenza, dove era arrivato con la suoi genitori e quattro fratelli nel 2006. "Mi avevano già contestato - ha spiegato ai poliziotti - di appartenere all'Isis ma io ho sempre negato. Ed anche ora ribadisco che non appartengo all'Isis. Sono andato in Turchia solamente per pregare”. Ma neanche le autorità turche gli hanno creduto ed infatti, a luglio scorso lo hanno respinto per motivi di sicurezza ed è rientrato in Italia.

Una vita tranquilla
La vita di Hamil fino a oggi sembrava scorrere normalmente. Negli anni scorsi, infatti, lui e il padre avevano ottenuto la licenza dal Comune di Luzzi per svolgere l'attività di commercianti ambulanti. Tutti i componenti della famiglia Mehdi sono in possesso del permesso di soggiorno illimitato e, secondo quanto raccontano nel paese del cosentino, sono perfettamente integrati. Infatti, proprio nel paesino calabrese la notizia dell’arresto del ragazzo che era pronto per andare a combattere, ha generato sgomento e sorpresa nonostante il marocchino avesse manifestato l'intenzione di trasferirsi in Belgio.

I tre libici
Ma Hamil Mehdi, è l’ultimo soggetto arrestato sul territorio italiano per finalità di terrorismo. In carcere al Marassi di Genova ci sono anche i tre libici, Abdel Kader Alkurbo (50 anni libico con passaporto svedese), Muhamad Ali Mosa Lufty (43 anni libico residente a Bruxelles) e Mohamed Abdel Mohamed Amar (39 anni, libico con passaporto belga), arrestati domenica 3 gennaio, nel porto con l'accusa di riciclaggio aggravato dalla finalità terroristica.

I tre erano appena sbarcati da una nave proveniente dalla Tunisia e erano a bordo di tre Hyundai identiche nuovissime ma con documenti falsi. Nei telefonini dei tre soggetti, le foto di bambini armati, scene di guerra e di persone che inneggiano allo Stato Islamico, di gente ferita e sentenze di condanna egiziane per fatti di terrorismo legati alla jihad.
Per i giudici, a carico dei libici ci sono gravi indizi di reato almeno per quanto riguarda il riciclaggio: hanno fatto più viaggi con vetture diverse e quelle su cui viaggiavano a gennaio avevano anche anomalie nei telai ovvero punzonature malmesse e caratteri alfanumerici incisi della medesima fattura.

I due fratelli iraniani
La notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio, Karim e Shahad El Kunani, due sedicenti fratelli iraniani, vengono arrestati nell'aeroporto ligure mentre cercavano di imbarcarsi su un volo da Genova a Londra con falsi documenti d'identità belgi. I due forse avevano scelto proprio la serata di fine anno sperando in controlli meno rigorosi. “Potrebbero commettere delitti con armi o con altri mezzi di violenza personale", scrivono i giudici del tribunale del Riesame nell'ordinanza con cui hanno rigettato la richiesta di scarcerazione.

Nel telefonino del ragazzo c'erano foto di armi da guerra e munizioni, e questa circostanza “appare senz'altro allarmante - precisano i giudici- soprattutto considerata insieme alla falsità dei documenti e all'incertezza circa la loro vera identità".

I due, al momento dell'arresto avevano detto di essere profughi siriani in fuga perché volevano convertirsi alla religione cattolica e di volere raggiungere il fratello a Londra. Poi avevano detto di essere iraniani e avevano raccontato un viaggio inverosimile da Teheran fino a Genova. Dopo alcuni giorni di indagini, sono emersi nuovi elementi contro i due: un viaggio da Amsterdam a Milano mai raccontato, e la mancata presenza delle loro impronte digitali nei database dei Paesi che avrebbero attraversato. Loro invece, avevano detto e giurato di averle lasciate a tutte le autorità che li avevano fermati.

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Nadia Francalacci