Marco Solimano candidato (poi trombato) dal Pd
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Marco Solimano candidato (poi trombato) dal Pd

L'ex terrorista di Prima Linea accusa: "Sono vittima del fuoco amico. Ho dovuto rinunciare alla nomina ad assessore"

La nomina di Marco Solimano, ex terrorista di Prima linea condannato a 22 anni di carcere, ad assessore alla Casa e al Sociale del Comune di Livorno ha scatenato il caos nel Pd. E lo sdegno nei familiari delle vittime del terrorismo e nella Polizia di Stato.  

Solimano fra gli anni Settanta e Ottanta, con il fratello Nicola ha fatto parte di una delle più violente organizzazioni terroristiche di estrema sinistra che fra le sue vittime annovera il poliziotto Fausto Dionisi, ucciso a Firenze il 20 gennaio 1978, durante un tentativo di evasione dal carcere delle Murate. Solimano esce dal carcere nel 1987 e chiude definitivamente il suo percorso giudiziario nel 1995. Da allora inizia il suo impegno per il sociale:presidente dell’Arci, Garante per i diritti dei detenuti della casa circondariale labronica e per gli alloggi popolari.

Oggi, ha 61 anni e vive a Livorno con la sua famiglia. E’ diventato padre e nonno di 2 bambine gemelle di 2 anni.

Solimano, lei non immaginava che la sua nomina ad assessore del Comune di Livorno potesse far infuriare i vertici del Pd?
“Assolutamente no. Anzi. Quando sono cominciate ad arrivare le proteste e i primi pareri contrari dal Pd regionale ho provato come un senso di vertigine, di incredulità per il veto che hanno imposto. Sono entrati a gamba tesa sulla mia nomina gridando l’inopportunità, in questo momento storico-politico, della mia persona a ricoprire quell’incarico politico. Sono rimasto interdetto dall’atteggiamento del partito, mi sono sentito come la vittima del fuoco amico.”

Lei crede che sia dipeso esclusivamente dal periodo di campagna elettorale?
“Sì, dalla campagna elettorale e dalle polemiche che sono state sollevate dal funerale del terrorista Prospero Gallinari morto qualche giorno fa…”

Lei si aspettava la nomina del sindaco Alessandro Cosimi (Pd) ad assessore alla Casa e al Sociale?
“No, è stata una proposta inaspettata. Sono stato contattato dal sindaco solo pochi giorni prima del Consiglio comunale e il mio incarico sarebbe durato poco più di un anno, praticamente fino alla fine legislatura. Sono stato scelto per il mio impegno nel sociale e per la conoscenza che ho acquisto in così tanti anni delle problematiche degli alloggi popolari”.

Lei, punta il dito sul Pd  ma si sente anche fortemente amareggiato…
“Io mi sono riscattatato. Il passato di Prima Linea è lontano, mi sono costruito una vita e una famiglia ma soprattutto mi sono dedicato completamente ad aiutare coloro che avevano bisogno, le fasce più deboli della società. Ho dedicato tutta la mia vita, gli ultimi 30 anni alla mia città. Dover rinunciare mi è costato molto ma ho fatto un passo indietro perché così ha deciso il Pd. Ma voglio che sia chiara una cosa: tutti siamo “ex” di qualcosa e tutti gli “ex” vengono socialmente riabilitati eccetto i terroristi. Che non riescono mai a diventare “ex”.. siamo bollati. Insomma gli ex terroristi si portano uno stigma sociale

Ma lei avrebbe mai rinunciato alla carica di assessore se ad indignarsi non fossero stati i vertici del partito bensì i familiari delle vittime di Prima Linea?
“Assolutamente no. Non avrei mai rinunciato”

Perché?
“Siamo in uno Stato di diritto. Alle lettere dei familiari delle vittime del terrorismo io non ho mai risposto, sono rimasto in silenzio. Capisco il loro dolore e comprendo quella che può essere la loro reazione. Ma l’Italia, ripeto è uno Stato di diritto e la mia nomina è nata nel diritto. Non si può governare un paese come il nostro con l’emotività. E’ l’emotività che muove i familiari delle vittime”.  

“Non è rabbia e neppure dolore ma solamente sconcerto - tuona Mariella Magi la vedova di Fausto Dionisi, il poliziotto ucciso a Firenze dai terroristi di Prima Linea - come può la politica anche solo pensare di poter candidare una persona con un passato da terrorista?”.

“Domenica scorsa è stato l’anniversario della morte di Fausto – prosegue  Mariella Magi Dionisi  che ricopre anche la carica di Presidente dell’Associazione “Memoria” che riunisce tutti i parenti di vittime del terrorismo in Italia - sono passati trentacinque anni e il pensiero che mi viene è che il ‘fine pena mai’ l’ha avuto solo mio marito. Sono senza parole. Uso quelle che il Presidente Napolitano ha pronunciato incontrando le famiglie delle vittime del terrorismo ovvero 'chi ha preso  le armi dovrebbe saper restare un po’ in disparte'”.
Poi conclude: “Ci vorrebbe decisamente un po’ di buon gusto perché certe persone hanno avuto molto, hanno avuto una seconda possibilità e soprattutto hanno ancora la propria vita da vivere. Hanno avuto tutto, gli è stato concesso tutto”.

Il poliziotto Fausto Dionisi quando è stato ucciso aveva 24 anni e una bambina di 2 anni e mezzo.

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Nadia Francalacci