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Portobello, il supermercato dei disoccupati

E' l'idea realizzata da alcuni volontari per aiutare chi si trova in difficoltà

A prima vista può sembrare un supermercato qualsiasi.

Scaffali pieni di prodotti, celle frigorifere, banconi, casse, cassiere, facchini, commesse, addetti alla qualità. Non manca niente. Eppure Portobello, è un emporio speciale. Innanzitutto perché è gestito interamente da volontari e poi perché è stato inaugurato (un mese fa in via Divisione Acqui, 81 a Modena) per aiutare le vittime della crisi economica.

Licenziati, cassaintegrati, persone che non ce la fanno più ad arrivare a fine mese se hanno i requisiti richiesti per l’accesso, possono fare la spesa gratuitamente da Portobello in cambio della loro disponibilità a prestare a loro volta la loro opera di volontariato sul territorio, magari dando una mano nel supermercato stesso.

E’ l’innovativo progetto del centro servizi di volontariato modenese che, con l’aiuto del comune (che ha dato il capannone), di un’ottantina di volontari (facenti capo a 23 associazioni del territorio), di un finanziamento regionale da 100 mila euro e delle donazioni (fra l’altro di prodotti e arredamenti) da parte di qualche importante azienda tra cui Nordiconad e Granarolo, ha messo in piedi un originale sistema per prestare aiuto a chi a causa della crisi economica è stato strappato alla sua vita normale e gettato nell’incubo del non “sapere più come fare”.

Per Adriano Di Giuseppe, 50 anni, una vita da operaio specializzato nel settore metalmeccanico, l’incubo è iniziato 2 anni fa, quando la sua azienda, la Intercar di Modena, ha iniziato a non pagare più gli stipendi.
«D’improvviso mi sono trovato in una situazione che sembrava senza via d’uscita. I debiti che si accumulavano, tre figli da mantenere e io e mia moglie che non sapevamo più dove sbattere la testa. L’anno scorso, poi, è stata veramente dura. C’è stato un momento in cui ho seriamente pensato di non farcela più ma ho tenuto duro per i miei figli. Sono loro che mi hanno dato la forza di andare avanti ».

Adriano è in cassa integrazione ormai da un anno, percepisce un terzo dello stilo stipendio ed è alla continua ricerca di un nuovo lavoro che però non arriva. Un po’ per la crisi e un po’ perché le persone di 50 anni fanno fatica a reinserirsi. «Adesso viviamo con lo stipendio part-time di mia moglie ma ovviamente non basta. Così mi sono avvicinato ai servizi sociali del comune e ho saputo dell’imminente apertura di Portobello. Ho fatto richiesta di accesso ed è stata accolta».

Per fare la spesa da Portobello, Adriano non spende nulla. Qui all’emporio si va a punti, come quelli della patente solo che vengono caricati sulla tessera sanitaria (il codice fiscale, per capirci). Ad ogni acquisto i punti corrispondenti a ciascun prodotto vengono scalati dalla tessera che viene ricaricata mensilmente.

«Con questo sistema – spiega Luigi Zironi del Csv modenese, coordinatore dell’iniziativa – riusciamo a coprire tra il 30 ed il 70% del fabbisogno mensile familiare di beni di prima necessità, dipende da quello che si compra. Più i prodotti sono costosi più si riduce il potere d’acquisto che, viceversa, aumenta se vengono scelti prodotti da pochi punti come la pasta o il sugo di pomodoro. Attualmente fanno la spesa da noi circa 140 famiglie, il che vuol dire che raggiungiamo circa 500 persone. Contiamo di andare a regime con 400 famiglie e di questo passo, ci arriveremo già dal prossimo mese perché le richieste sono veramente tante al punto che non abbiamo fatto a tempo ad aprire che stiamo già studiando un modo per potere rispondere ad un bisogno più grande di quello che avevamo preventivato».

Per la verità l’idea dell’emporio della solidarietà non è una novità in Italia. Il primo è nato a Roma, ad opera della Caritas qualche anno fa. Al momento ce ne sono circa una quindicina in tutta la penisola, da Prato a Pescara a Parma a Gorizia ad Ascoli Piceno o Lecce. Un terzo di questi ha aperto i battenti soltanto nel corso degli ultimi sei mesi. Si accede ai servizi rivolgendosi agli empori e possedendo determinati requisiti di reddito o legati alla composizione del nucleo familiare.

Ma quello che rende Portobello diverso dagli altri è la gestione del servizio che, da un lato, è stato affidato al comune e non direttamente agli empori o alle associazioni di volontari, e dall’altro prevede il diretto coinvolgimento dei beneficiari-clienti che, precisa Zironi :«dovranno rendersi disponibili ad un percorso di inserimento nelle associazioni di volontariato della provincia. Il principio è che ognuno deve fare la sua parte. Naturalmente non si tratta di obbligo ma di una disponibilità generica che ciascuno può dare».

Tra le alternative quella scelta da Adriano è proprio quella di fare il volontario dentro il supermercato. "Mi sono reso disponibile per qualsiasi ruolo – ci racconta -, mi fa piacere dare una mano, aiutare gli altri, proprio come gli altri hanno fatto con me. E, magari, posso trovare o imparare qui il mio prossimo lavoro"

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Mariangela Latella