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Per non stuprare l'onestà

La violenza compiuta da due giovani legati a CasaPound si è trasformato in stupro "politico" più grave degli altri

Faccio una premessa, prima che qualcuno provi a equivocare. Uno stupro è uno stupro e non ha scusanti. Dunque dovrebbe essere punito con il massimo della pena, ma allo stato dei fatti spesso è punito con il minimo. In pratica rischia di più chi maneggia soldi illecitamente, commettendo il reato di riciclaggio, che chi, usando la forza, violenta una donna o un minore, abusandone. Detto ciò, mi pare evidente che i due giovani accusati di aver stuprato una ragazza all’interno di un circolo di CasaPound, se ritenuti colpevoli, debbano rimanere in carcere per anni, senza che venga concesso loro alcuno sconto. La legge prevede che chi violenta una persona possa essere condannato a dieci anni di carcere e dieci anni devono essere, non cinque o sei, che poi all’atto pratico diventano quattro o cinque se il detenuto si comporta bene e sono ulteriormente ridotti perché in cella l’anno è più corto di quello che devono affrontare i comuni mortali quando sono condannati ad andare in pensione a 67 anni.

Premesso tutto ciò e sgombrato il campo da indulti, amnistie e perdoni vari, resta un tema, ossia perché uno stupro di destra debba suscitare più scandalo di uno di sinistra. La scorsa settimana ho partecipato a un dibattito televisivo su Rete 4 dove l’argomento era sì lo stupro di Viterbo, ma soprattutto lo stupro fascista. In studio c’era un senatore di Liberi e Uguali, Francesco Laforgia, il quale ha proposto lo scioglimento di CasaPound e di altri movimenti di destra, sostenendo che la violenza, e dunque anche lo stupro, provengono da lì, da quella cultura. Tesi rilanciata anche da una signora, che preso il microfono ha arringato gli ospiti, dicendo: «Io li conosco quelli lì», sott’inteso, i fascisti, «so come trattano le donne».

Insomma, il caso, da giudiziario che era, è diventato politico. Lo stupro è fascista e i fascisti sono stupratori, perché nel loro Dna c’è la forza fisica, la sopraffazione, in particolare dell’uomo sulla donna. Sarà, ma mentre in studio c’era chi berciava di questi argomenti, a me tornava in mente una brutta storia accaduta anni fa a Parma. Lo scenario era quello di un centro sociale, ossia di un edificio occupato dalla cosiddetta sinistra antagonista, che si era presa uno spazio pubblico scaricandone i costi sul comune, vale a dire sulla collettività. I locali erano la sede di una presunta Rete antifascista, che a settembre del 2010 decise di celebrare la cacciata delle squadracce di Italo Balbo dal quartiere. Per l’occasione alcuni antifascisti invitarono una ragazza e poi, a turno, la violentarono, filmando lo stupro. Nel palazzo quel giorno non c’erano solo la vittima e gli stupratori, ma anche altre persone, che assistettero alla violenza. Però nessuno disse nulla, soprattutto nessuno intervenne per fermare lo stupro nei confronti di una donna che con una qualche droga era stata resa incapace di reagire.

Il silenzio, anzi l’omertà fu detto durante il processo, durò parecchio e solo indagando su un possibile attentato a una sede di un movimento di destra le forze dell’ordine ne vennero a conoscenza. La vittima, forse per paura o forse per vergogna, non denunciò subito e quando lo fece dalla maggior parte dei compagni non fu creduta. Fu uno stupro di gruppo. La donna trasformata in oggetto nelle mani di una banda di autonominatisi antifascisti. Una violenza premeditata, con il branco a difendere i violentatori. Le peggiori furono le donne, disse la vittima. Compagne che difendevano i compagni, contro la spia che li aveva denunciati e aveva fatto entrare gli sbirri nel centro sociale.

Una storia triste, anzi: da voltastomaco. Eppure nessuno chiese lo scioglimento del centro sociale, la chiusura della Rete antifascista. No, non ci furono neppure aperture dei tg o dei giornali. I talk show ignorarono la faccenda, declassandola a un fatto di cronaca locale. Una ragazza attirata in una trappola, nulla di più.

Mentre parlavano nello studio televisivo e l’onorevole di sinistra chiedeva la chiusura delle sedi di CasaPound e quello di CasaPound denunciava la strumentalizzazione, io pensavo alla trappola. Ossia alla violenza contro una donna. Una violenza che non è né di destra né di sinistra, ma è una violenza. E pensando alla trappola che era scattata alle spalle di queste ragazze, pensavo anche a quella che scatta ogni giorno alle spalle dei lettori e degli ascoltatori, intrappolati in polemiche inutili e stupide, dove ogni giorno lo stupro è usato per stuprare l’onestà e anche il buon senso e far credere a chi legge o ascolta che solo una parte abbia il monopolio della violenza, quando è evidente che criminali, ladri e stupratori sono equamente ripartiti. A destra e a sinistra.
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Maurizio Belpietro